Viaggio nella follia sprecona, prima parte

Riempite un carrello della spesa di cibo fino alla sua capienza massima. Una volta usciti, gettate un terzo, in peso netto di cibo, di quanto acquistato nel cassonetto dello sporco. È quello che succede nel mondo oggi, tra persone che muoiono di fame e persone con problemi legati ad una alimentazione eccessiva alla proprie' necessità.

Qualche settimana fa ero alla Mazzanta, nel livornese, in un ristorante. Sono una persona molto curiosa ed ho guardato i piatti girare tra un tavolo e l'altro. Molti non lo sanno ma c'è sempre meno pesce nei mari e negli oceani (il tonno, ad esempio, è minacciato di estinzione per il suo eccessivo consumo umano). E quel pesce che è rimasto è anche pieno di plastica o spesso proveniente dall'altra parte del mondo, trasportato per km e km. E' stato interessante notare sia l'abnorme quantità di portate servite, sia lo spreco di cibo a pasto terminato.

C'è chi lasciava il piatto mezzo pieno eppure aveva comunque spazio per il dolce. In realtà anche io non sono riuscito a mangiare tutta la mia pizza. E quindi ho chiesto al cameriere di prepararmela per portarmela a casa. Riscaldata in forno il giorno dopo, arricchita con qualche verdura fresca, è risultata anche più buona del giorno precedente. E la pasta dei miei conoscenti? Anche quella è stata portata a casa ed è stata trasformata in un'ottima pasta al forno.

Mia nonna, mio nonno, ma anche i miei genitori mi hanno insegnato che prima di gettare qualcosa possiamo dargli ancora molte vite, sotto forma di cibo, oggetti utili, arredamento etc etc. I miei nonni come, in parte, i miei genitori, sono figli della povertà e della fame, maestri indiscussi dell'arte dell'arrangiarsi e della trasmissione morale del valore intrinseco delle cose e del rispetto che essi meritano. La cultura del riciclo e dell'antispreco non è innata ed è fortemente legata all'educazione appresa sia a livello famigliare che scolastico.

D'altra parte oggi c'è un'educazione “pro spreco”, appresa sempre in casa, come a scuola, veicolata fortemente dai media spesso foraggiati da aziende e multinazionali che ovviamente desiderano che vi riempiate il più possibile il carrello della spesa di alimenti da comprare e sprecare. Educare a mangiare piatti poveri e ricicloni (una banale pappa al pomodoro per esempio, o una farinata con un bel filo d'olio locale) è ben diverso che impostare programmi televisivi su cucine ricche, con tanti ingredienti, spesso di alto impatto ambientale e spesso anche discutibilmente sani.

Questo è un invito a recuperare la cultura alimentare della cucina povera, fatta di pochi, sani reperibilissimi ingredienti. Che ha nutrito miliardi di persone senza chef o piatti costosi. Che aiuta le tasche e fa cultura. E' una cultura vera e propria, che va ricercata ponendosi nella prospettiva giusta, senza pregiudizi cercando e leggendo. Potrebbe essere l'occasione per rispolverare il libro delle ricette della nonna che avevate dimenticato dentro una scatola per sorprendervi poi delle sue annotazioni o disegni. Lo spreco è il prodotto non inatteso dell'attuale modello economico dominante, che fa del “surplus” l'inevitabile “effetto collaterale” del modo di fare economia.

I prodotti commerciali infatti devono collocarsi fisicamente nei mercati di tutto il mondo ed essendo il loro acquisto un momento non perfettamente prevedibile, oggetto di variabili, come la competizione ed il prezzo, “si scommette” sui consumi futuri producendo quasi sempre di più di quel che è necessario. Tutto per la necessità di riempire gli scaffali con le regole del marketing, tipo la necessaria esposizione di grandi quantità di articoli per attirare l'attenzione dell'umano oppure la vendita per confezioni multiple. Nel dubbio insomma produciamo di più del necessario. Nel di più c'è la falsa sicurezza che serve al consumatore per consumare. E intanto nel mondo c'è gente che muore di fame o è malnutrita.

Tra le principali cause dello spreco troviamo:

Mancanza di cultura alimentare (quanto dovrei mangiare, cosa potrei fare a meno, cosa è utile o inutile al mio organismo);

Spese eccessive, sostenute da “pacchi offerta”, “3x2” etc, confezione multiple;

Inosservanza delle indicazioni poste in etichetta sulla corretta modalità di conservazione degli alimenti;

Date di scadenza troppo rigide;

La tendenza a servire porzioni troppo abbondanti;

Le promozioni, che spingono in consumatori a comprare più cibo del necessario.

Assecondamento delle pulsioni consumistiche;

Eccesso di igiene e “palato fine” (perdita della cultura relativa alla conoscenza della commestibilità di un alimento nel tempo);

Canoni estetici dei prodotti (le mele brutte e ammaccate, sono buone! )

Alcune soluzioni:

Fare la lista della spesa e comprare solo quando necessario;

Comprare il più possibile da produttori locali, ancora meglio se sostenitori di una agricoltura rispettosa dell'ambiente, come quella biologica.

Scegliere prodotti di stagione;

Imparare l'arte della cucina del recupero, utilizzando scarti e avanzi;

Ridurre le porzioni. Primo, secondo, terzo, dolce, caffè e ammazzacaffè sono impostazioni culturali. Spesso può bastare un solo piatto ben equilibrato da un punto di vista nutrizionale;

Portare via gli avanzi al ristorante (esistono anche degli appositi “contenitori”per le persone virtuose che portano via gli sprechi);

Organizzare cene antispreco tra amici e parenti, riciclando gli avanzi congelati o non;

Creare Chat e Community antispreco di città, dove condividere cibo, farmaci vicini alla scadenza, se non utilizzati;

Gruppi di acquisto solidale: gruppi di persone che si auto organizzano acquistando cibo biologico locale, cercando di programmare i consumi con i produttori;

Dialogare con la Grande Distribuzione Organizzata (Super e ipermercati) per incentivare iniziative virtuose antispreco (vedi progetto RE.SO e espositori di merce a scadenza ravvicinata o che non rispetta canoni estetici);

Promuovere una cultura antispreco a partire dalle scuole.

Secondo la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura) lo spreco alimentare ammonta a 1,3 miliardi di tonnellate/anno che rappresentano 1/3 della produzione mondale di cibo destinata al consumo umano (solo umano!). La maggior parte avviene a livello domestico e nel settore della ristorazione. In Italia ogni italiano sprecati a livello casalingo 108 Kg /anno in maggioranza frutta, verdura, pane, latte, latticini, uova. Lo spreco di acqua legato alla produzione mondiale di cibo sprecato è circa 250,000 miliardi di litri. La quantità soddisferebbe i consumi domestici di una città come New York per i prossimi anni.

Alcuni dati.

1,4 miliardi di ettari, circa il 30% della superficie agricola disponibile a livello globale, viene utilizzato per produrre cibo sprecato.
Il cibo sprecato ogni anno nel mondo è responsabile dell'immissione in atmosfera di circa 3,3 miliardi di tonnellate di CO2 . Se lo spreco fosse un paese, sarebbe il terzo emettitore mondiale dopo USA e China.

In Italia lo spreco alimentare dal campo alla tavola ammonta a circa 3,6 milioni di tonnellate all'anno equivalenti a circa 3,4 milioni di tonnellate di CO2eq (oltre 5 considerando anche le emissioni legate allo smaltimento dei relativi rifiuti).

Lo speciale sullo spreco alimentare continua la prossima settimana

Alessio Arrighi

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