Il match-point mancato da Roger Federer

Il campione svizzero, che ha girato il Sud America per una serie di esibizioni nel bel mezzo di una diffusa e generalizzata protesta sociale, non ha detto niente a proposito della condizione dei popoli latino-americani: non tutti gli sportivi, però, chiudono gli occhi di fronte alla realtà che li circonda


Roger Federer ha chiuso il 24 novembre scorso la trasferta in Sud e Centro America. Insieme al tedesco Alexander Zverev, durante la tradizionale pausa del calendario ATP e mentre erano in corso le finali di Coppa Davis a Madrid, ha disputato una serie di esibizioni nel sub-continente americano, toccando le capitali di Cile, Argentina, Colombia, Messico ed Ecuador, ovunque accolto da legioni di tifosi in adorazione. Ma non tutti l'hanno visto giocare: l'evento di Bogotà è stato annullato per problemi di ordine pubblico. Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza per opporsi ai tentativi del governo di rendere più flessibile il mercato del lavoro e di ridurre le pensioni, per chiedere più fondi per l’istruzione e più protezione per le comunità indigene delle aree remote del paese, dove 134 attivisti sono stati assassinati da quando il presidente Ivan Duque è arrivato al potere nell’agosto 2018. La violenta repressione delle proteste e l'entrata in scena dei gruppi estremisti ha provocato un escalation degli scontri, con morti e feriti fra i manifestanti, fino a che un attentato dinamitardo è costato la vita a tre poliziotti. Poche ore prima, Federer e Zverev, insieme agli organizzatori del match, erano apparsi sul campo della Movistar Arena, già gremita di una folla in trepidante attesa, solo per annunciare che la prevista esibizione non aveva ricevuto il via libera delle autorità- per bocca del proprio manager, Federer ha fatto sapere di essere pronto a cercare un'altra data per gli appassionati colombiani, o se questo non sarà possibile, a restituire il proprio compenso e a operare affinché gli spettatori ricevano indietro i soldi del biglietto.

L’attesa e lucrosissima tournée del campione elvetico (che, secondo le principali fonti internazionali, ha gonfiato il suo conto in banca di 8/10 milioni di dollari) si è svolta nel bel mezzo di diffuse e generali sollevazioni popolari, che hanno portato alla ribalta della cronaca "il continente dimenticato": carri armati per le strade del Cile, barricate e spargimenti di sangue in Bolivia, agitazioni finite in bagni di sangue ad Haiti, marce contro supposti brogli elettorali e dimissioni presidenziali in Bolivia, violenti scontri con decine di morti e migliaia di feriti in Ecuador. In un continente con 33 paesi, 630 milioni di abitanti e governi di tutti i colori, dalla sinistra autoritaria alla destra estrema, non è facile individuare le ragioni che accomunano questa "rivoluzione sociale". Gli osservatori più avvertiti, tuttavia, ritengono di poter isolare almeno tre elementi che unificano le convulsioni che scuotono l'area sub-continentale: l'insoddisfazione che pervade l'emergente classe media, la rabbia contro una classe dirigente percepita come corrotta e incapace, l'influenza di altri movimenti ribellistici, come quelli che hanno attraversato Parigi, Barcellona e Hong Kong.

La protesta cilena ha preso il via quando gli studenti hanno rifiutato di comprare i biglietti della metropolitana

La protesta cilena ha preso il via quando gli studenti hanno rifiutato di pagare i biglietti della metropolitana

In Cile, questi fattori sono tutti presenti e hanno incendiato la rivolta sociale, in seguito al prospettato aumento del biglietto della metropolitana di 30 centesimi di pesos: «Non si tratta di 30 centesimi, ma di 30 anni!», hanno subito replicato i manifestanti, riferendosi alle cupe analogie con la dittatura di Augusto Pinochet (1973-1990) e alla promesse mancate della crescita economica. Il 20 ottobre, dopo essersi fatto fotografare con la famiglia in un ristorante di lusso, il magnate e presidente Sebastián Piñera ha dichiarato lo stato di emergenza e affidato il mantenimento dell'ordine pubblico all'esercito, la cui feroce condotta è stata duramente stigmatizzata da Amnesty International per le ripetute violazioni dei diritti umani. Pare però che la visita del tennista svizzero sia stata in dubbio solo per la difficoltà di reperire gli sponsor disposti a versare i due milioni di dollari indispensabili per l'organizzazione dell'evento.

Al pari del dittatore Pinochet, il presidente Sebastian Piñera si è fatto fotografare circondato dai militari

Al pari del dittatore Pinochet, il presidente Sebastian Piñera si è fatto fotografare circondato dai militari

Quando anche questo ostacolo è venuto meno, il 7 ottobre, con una gaia clip rilanciata sui social network, Federer ha confermato agli aficionados il suo arrivo a Santiago per il match inaugurale del tour, il 19 novembre. A quella data, il conto delle vittime era di 23 morti e più di 1.500 feriti, il che aveva consigliato alla nazionale di calcio di rinunciare alla prevista amichevole con il Peru. Due fra i maggiori esponenti della Roja, l'ex juventino Arturo Vidal e il bolognese Gary Medel, avevano espresso la loro solidarietà al popolo, condannando le violenze da qualunque parte perpetrate: «C'è una partita più importante da vincere, ed è quella dell'uguaglianza, affinché tutti possano vivere in una società più equa. I cileni si sono sollevati per chiedere giustizia e meritano tutto il nostro appoggio: ci ricordiamo quando da ragazzi avevamo fame e sappiamo di cosa hanno bisogno le persone». Anche la CONMEBOL, la federazione calcistica sudamericana, aveva ritenuto di spostare da Santiago a Lima la finale della Coppa Libertadores, che poi il Flamengo si è aggiudicato sul River Plate. Infine, persino l'ONU aveva deciso di trasferire a Madrid la Conferenza mondiale sul clima, in origine calendarizzata nella metropoli cilena dal 2 al 13 dicembre. Dalla Svizzera, dove era impegnato nel torneo casalingo di Basilea, Federer seguiva la situazione con comprensibile apprensione.

La cantante cilena Mon Laferte ha espresso il proprio sostegno ai manifestanti durante la cerimonia dei Grammy

La cantante cilena Mon Laferte ha espresso il proprio sostegno ai manifestanti durante la cerimonia dei Grammy

Ebbene, tutti noi amiamo Roger Federer. Lo amiamo di un amore incondizionato, perché in fondo a qualche recesso delle nostre passioni sportive siamo tutti "mendicanti di bellezza". Di Rafa Nadal ammiriamo la ferrea adesione agli imperativi atletici del gioco e il candore fanciullesco con cui mostra al mondo intero la completa soggezione ai molti tic che punteggiano il suo stare in campo; di Novak Djokovic apprezziamo l'incrollabile solidità psicologica e l'impareggiabile elasticità fisica e mentale, che gli consentono di assorbire ogni dramma del court e ripartire ogni volta più determinato e fiducioso; il "maestro svizzero", è indiscutibile, ci rapisce per la sua bellezza.
È bello il suo gioco, tecnicamente sublime. È bello il modo in cui si muove, che pare svincolarlo - come ha mirabilmente osservato David Foster Wallace - dalle spietate leggi della fisica e della fisiologia, quelle leggi che presto o tardi finiscono per trasformare il corpo in uno strumento indocile, che recalcitra ai comandi che gli arrivano dalla mente: pur ormai prossimo ai fatidici "anta", le colonne d'Ercole oltre le quali l'eccellenza sportiva non ha diritto di cittadinanza, il corpo di Federer scivola e fluttua avanti e indietro, a destra e a sinistra, senza sforzo apparente, con una fluidità di movimenti che non sembra esigere alcun tributo energetico.
Soprattutto, è bellissimo (e confortante per noi comuni mortali) che l'etereo campione elvetico, fornito da madre natura di un inarrivabile talento preternaturale (sempre secondo l'analisi di Wallace), possegga la saldezza psichica necessaria per dominare lo "sport inventato dal diavolo" (in ossequio all'azzeccata definizione di Adriano Panatta) e al contempo conviva con umanissime fragilità, che non può fare a meno di svelare, sia che si tratti di una sconfitta particolarmente dolorosa, dell'ennesima vittoria di fronte al pubblico amico o dello straziante ricordo di un mentore scomparso. Questi saltuari cedimenti all'emozione, ha ammesso lo stesso Federer, lo imbarazzano perché rivelano la sua più intima natura e lo "denudano" di fronte al pubblico e ai fan.
Alcuni di questi fan sono altresì particolarmente incontentabili e avrebbero trovato bellissimo che Federer avesse almeno dato mostra di esser vicino alle tribolazioni di un popolo alla ricerca di maggiore giustizia sociale. Fra i 13.000 che l'hanno acclamato alla Santiago Arena, c'era anche chi urlava gli slogan della protesta e sventolava le bandiere dell'etnia Mapuche, le stesse innalzate a migliaia per le strade e le piazze della rivolta, ma è probabile che sugli spalti non fossero la maggioranza. Il Cile ha conosciuto una spettacolare crescita economica negli anni passati, che - secondo il governo - ha abbattuto il tasso di povertà e creato uno strato non insignificante di classe media. Con l'avvento della recessione, però, sono riemerse disuguaglianze insopportabili. Con l'1% della popolazione che detiene il 33% della ricchezza, il Cile è il paese dell'OCSE con la più diseguale distribuzione del reddito, mentre i principi fissati nella costituzione pinochettista del 1980 continuano a informare la gestione dell'economia: l'acqua, l'energia, la rete stradale e la sanità sono in mano ai privati, e le forze del mercato regolano il sistema pensionistico e quello dell'istruzione. Con un salario minimo di 371.000 pesos e uno medio di 400.000, e un costo dei biglietti fra 86.000 e 247.000 pesos (per tacere dei tagliandi in vendita a 385/431.000 pesos, che promettevano la possibilità di vivere "un'esperienza unica e irripetibile", ossia seguire la divinità elvetica "molto più da vicino") è intuibile chi abbia potuto acquistare i biglietti per la partita di tennis.
È l'eterno dilemma del ruolo dello sport nella società in cui lo sport è inserito: oppio dei popoli, strumento di propaganda, cassa di risonanza, arena politico-sociale, mera industria commerciale, spazio ricreativo, neutro e legittimo intrattenimento, o un insieme inestricabile di tutto questo? Nonostante la sensibilità sociale dimostrata anche dalla sua Fondazione, che opera per promuovere l’istruzione fra i bambini del sud del mondo, Federer ha ritenuto di non esprimere alcuna posizione pubblica, il che, dato il contesto nel quale si è mosso in occasione del tour latino-americano, è di fatto equivalso a non appoggiare le ragioni delle proteste.
Proprio negli stessi giorni, altri protagonisti dello sport si sono comportati in modo diametralmente opposto. Per bocca del neo-presidente Fritz Keller, ex patron del SC Freiburg, la Federcalcio tedesca ha fatto sapere che non consentirà più alle sue nazionali di giocare partite in paesi in cui alle donne non è garantito pari accesso agli stadi di calcio o ad altre strutture sportive.
Il 23 novembre scorso, la partita di football Harvard-Yale, una delle più famose rivalità dello sport universitario americano, conosciuta oltreoceano semplicemente con il nome di “The game”, disputata per la prima volta nel 1875, è stata interrotta da una manifestazione studentesca che chiedeva ai due prestigiosi atenei di ritirare gli investimenti dalle aziende di combustibili fossili e di non accettare le loro donazioni. Oltre 500 giovani hanno invaso il terreno di gioco, srotolando striscioni di protesta e cantando slogan. Nonostante il network ESPN abbia sospeso la trasmissione dell’evento, l’eco dell’iniziativa è finita sui media americani e internazionali. Molti giocatori hanno appoggiato la contestazione e il capitano degli Harvard Crimson, Wesley Ogsbury, ha diffuso un articolato messaggio via twitter: «Oggi abbiamo gareggiato contro i nostri rivali storici di Yale. Ma in questo momento, entrambe le nostre università continuano a investire nelle industrie che distruggono il nostro futuro. E quando si parla di crisi climatiche, nessuno vince. Harvard e Yale non possono affermare di promuovere realmente la conoscenza mentre, allo stesso tempo, supportano le aziende che ingannano il pubblico e negano la verità della ricerca scientifica. Ecco perché ci uniamo ai nostri amici di Yale per chiedere un cambiamento: invitiamo i presidenti delle facoltà a disinvestire ora dall'industria estrattiva, per il bene della nostra generazione». La senatrice Elizabeth Warren, candidata alla Casa Bianca per il Partito democratico, e Bernie Sanders, il congressman progressista pure in corsa per le primarie democratiche, hanno espresso la loro vicinanza agli studenti.

La protesta degli studenti di Harvard e Yale ha ottenuto la solidarietà della senatrice Elizabeth Warren e del congressman Bernie Sanders

La protesta degli studenti di Harvard e Yale ha ottenuto la solidarietà della senatrice Elizabeth Warren e del congressman Bernie Sanders

La Federazione tedesca, gli studenti e i giocatori di Harvard e Yale hanno voluto affermare un principio fondamentale: di fronte a valori non negoziabili o a emergenze che chiamano in causa il benessere delle generazioni future, o addirittura la loro sopravvivenza, le cose non possono continuare come se nulla fosse. Nemmeno nello sport.

Paolo Bruschi