Trasporto merci ferroviario, Fit-Cisl: "Tagliati 500 occupati in 7 anni, a danno di ambiente e salute"

“Il gruppo FSI e la società Merci Italia Rail (nata il primo gennaio 2017) hanno perseguito, a dispetto degli annunci roboanti di rilancio e sviluppo del trasporto delle merci in ferrovia, una politica di rinuncia: nessuna strategia per aggredire il mercato e uno strisciante depotenziamento degli impianti e delle strutture, con ridimensionamento degli organici.” A dirlo è il segretario generale della Fit-Cisl Toscana, Stefano Boni. “Dai circa 660 ferrovieri addetti al trasporto merci nel 2012 – afferma Boni -  siamo passati ai 270 nel 2016 e ai 160 di oggi; un taglio di circa 500 posti di lavoro, -76 % in appena 7 anni. Notevoli i riflessi sul territorio e, solo per citare alcune realtà, vediamo Grosseto con circa 26 macchinisti, Chiusi (SI) con circa 25 macchinisti, Pisa e Livorno con complessivamente 64 macchinisti, mentre nella Direzione e organizzazione del lavoro (uffici e gestione del personale) nel territorio livornese sono 45 gli addetti. Inoltre, nonostante nei progetti iniziali fosse prevista la stabilizzazione e sviluppo dell’officina riparazioni locomotori diesel e carri di Livorno, che rappresentava una realtà strategica perché al centro delle direttrici trasportistiche delle merci in Italia, nel 2018 la stessa è stata chiusa, pensionando o ricollocando gli addetti (circa 30) nelle altre società del gruppo FS.”

“Una situazione – aggiunge Boni - che stride con l’impegno finanziario della Regione Toscana, di RFI, del gruppo FS che in questi anni hanno fatto ingenti investimenti dal punto di vista di raccordi ferroviari e direttrici dedicate al trasporto merci per ferrovia. Basti pensare alla firma per la realizzazione dello scavalco ferroviario del porto di Livorno, con un investimento di circa 20 milioni della Regione Toscana e di circa 7 milioni di RFI, come alla realizzazione di un ulteriore tratto di binario, lungo circa 1,5 km che scavalcherà la linea ferroviaria tirrenica-Pisa-Roma alla stazione di Livorno per un costo di 2,5 milioni di euro. Esempi reali di come i soggetti interessati investano per raggiungere i parametri fissati dalla Comunità Europea per trasferire su ferro entro il 2030 il 30% e entro il 2050 il 50% del traffico merci in generale.”

Dati che portano Boni a dire che “c’è qualcosa che non torna; e non bisogna farsi trarre in inganno dal leggero aumento del trasporto merci su ferrovia registrato nel 2018 in Toscana, dovuto solo ad un recupero sugli anni precedenti: di fatto non è un’inversione di tendenza, in quanto ancora oggi l’81% delle merci viaggia su gomma a danno del traffico, dell’ambiente e dell’inquinamento atmosferico.”

“Come Fit-Cisl non ci arrendiamo e continuiamo a chiedere con forza un’inversione di rotta a Merci Italia Rail, attraverso maggiori assunzioni di macchinisti e tecnici polifunzionali (almeno 50), per rilanciare e consolidare il trasporto e lo sviluppo sul nostro territorio nonché assicurare futuro agli attuali occupati. In questa situazione, insieme alle altre organizzazioni sindacali, abbiamo dichiarato un primo sciopero di 8 ore per il 31 gennaio 2020 e non ci fermeremo finché non avremo rassicurazioni circa una inversione di marcia da parte di FS.”

Le istituzioni a partire dalla Regione Toscana – conclude Boni – si attivino per chiarire quale siano le reali intenzioni di Merci Italia Rail sul nostro territorio e nello stesso tempo supportino, attraverso politiche di sviluppo e crescita, il trasporto delle merci su ferrovia. Altrimenti gli investimenti in infrastrutture viarie e ferroviarie, fatti in questi anni, non produrranno nessun beneficio reale. Su questo tema è necessario un confronto con tutti i soggetti interessati per predisporre un piano reale di sviluppo, mettendo al centro l’occupazione, l’economia sostenibile e la new green economy in tema di rumore, inquinamento e consumi.”

Fonte: Ufficio stampa Cisl Toscana



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