Fase 2 Coronavirus: nell'Empolese riaprono in migliaia, ma solo se in sicurezza. 1800 gli ammortizzatori sociali

Ieri il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha annunciato l'inizio della 'Fase 2', un piccolo passo fuori dall'emergenza Covid-19 che sembra più un modo per tastare il terreno di un campo minato che un vero e proprio passo in avanti. In molti si aspettavano di più, ma i rischi sulla diffusione del virus restano e il Governo lo ha fatto capire chiaramente.

La 'fase 2' per le aziende: riaprono in migliaia nell'Empolese Valdelsa

Al di là degli spostamenti per raggiungere i "congiunti" o della questione del jogging Si/No, il 'dopo 4 maggio' significa soprattutto la ripresa di alcune attività produttive. Nell'Empolese Valdelsa la 'Fase 2' si traduce in oltre il 30% delle aziende che potrebbero riaccendere i motori: parliamo di circa 4-5mila attività. Questi i numeri comunicati dalla Cgil Empolese Valdelsa. In sostanza si riattiva il settore manifatturiero e la filiera ad esso collegata, mentre resta fermo il commercio. Si tratta quindi di un provvedimento che riguarda migliaia di lavoratori i quali ritorneranno nelle fabbriche venendo potenzialmente esposti al rischio Covid-19. Il Governo, però, è stato chiaro: si riapre, ma solo se si rispettano le norme di sicurezza.

Si riapre, ma in sicurezza: al Prefetto i controlli

Al decreto è stato allegato il protocollo sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali sulle misure di prevenzione da rispettare e si obbliga le aziende a sottostare a quelle precise disposizioni. Tra le norme il distanziamento sociale, la turnazione, la periodica sanificazione degli ambienti, l'utilizzo dei Dpi, la riduzione dell'intensità produttiva. Infine si dà espressamente mandato al Prefetto di farsi garante del rispetto delle norme avvalendosi delle forze dell'ordine e dei soggetti competenti in materia (Art.9). Rispetto alla fase precedente il lockdown, questa volta, non si lasciano aperte note interpretative: "La mancata attuazione dei protocolli che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell’attività". Con queste disposizioni, in sostanza, il Governo fornisce gli strumenti di controllo e obbligatorietà che prima erano solo tra le righe.

Ci sono gli strumenti normativi per intervenire, e adesso si attende un riscontro pratico. È questo il caldo auspicio della Cgil: "Servono protocolli azienda per azienda. - spiega Paolo Aglietti della Cgil Empolese Valdelsa - In questa fase i rapporti non possono che essere di collaborazione. È legittimo che i lavoratori abbiano paura, la cosa non può risolversi con logiche patronali. Laddove i protocolli non ci fossero o i lavoratori non si sentissero sicuri diciamo chiaramente che noi metteremo in campo senza remore i meccanismi di controllo. Oggi il decreto non esime nessuno da rispettare precise misure e fornisce strumenti operativi per controllare. Ci auguriamo che siano usati".

"I protocolli condivisi  - avverte inoltre Aglietti -  sono anche a garanzia dei datori di lavoro perché vogliamo ricordare che il Dcpm di marzo stabilisce che eventuali infezioni da Covid-19 sono considerabili come infortunio sul lavoro: questo implica la responsabilità civile e penale del datore qualora non rispettasse queste misure. Sono preoccupato soprattutto di quelle piccole e medio-piccole imprese più difficili da controllare, magari dove la rappresentanza sindacale non è nemmeno presente: è bene chiarire a cosa vanno incontro".

È chiaro che per il Governo il rischio di un nuovo contagio nella Fase 2 passa anche dal rispetto delle regole sui posti di lavoro. Starà al Prefetto garantire operativamente il rispetto delle norme. Aiuterà certamente il monitoraggio da parte delle categorie sociali e dei sindacati, ma anche il monitoraggio e l'opera di sensibilizzazione dei sindaci, i quali sono pur sempre la massima autorità sanitaria locale: se anche nell'Empolese Valdelsa la caccia ai 'furbetti della passeggiata' o ai 'furbetti della spesa'  ha assunto talvolta toni da 'sceriffo', è auspicabile lo stesso verso le attività produttive che sono senza ombra di dubbio corposi assembramenti di persone.

L'impatto economico del Covid-19 nell'Empolese Valdelsa

Intanto l'impatto economico dell'emergenza sanitaria, anche nel nostro territorio, assume una dimensione sempre più imponente. La Cgil Empolese Valdelsa conta almeno 1800 accordi di ammortizzatori sociali attivati, e si tratta di dati probabilmente parziali: "Considerando tutti i settori, dal manifatturiero a quello commerciale o al turismo, - spiegano dalla Cgil - contiamo almeno 1800 accordi. I primi Fsba (Fondo di solidarietà bilaterale per l'artigianato) sono già stati erogati, così come gran parte della Cassa Integrazione ordinaria, mentre registriamo forti ritardi per quel che riguarda la Cassa Integrazione in Deroga".

Riguardo l'impatto sull'occupazione: "I licenziamenti, salvo il giusto motivo soggettivo, ovviamente non si possono fare. Per le procedure iniziate prima, come ad esempio la Vibac, ad oggi sono entrati in campo gli ammortizzatori. Il problema serio sono i contratti a termine e stagionali nel commercio e nel turismo che non sono stati fatti o che sono in ammortizzatore sociale se già in corso. Sono molte centinaia, ma non siamo in grado di fare statistiche precise"

Emergenza economica e sanitaria: un equilibrio difficile

Le categorie produttive (e non solo) stanno tirando per la giacchetta il Governo per riaccendere i motori di un'economia che rischia il tracollo, e molte di queste ritengono insufficienti le misure prese, ad esempio Confesercenti Toscana e Confesercenti Empolese valdelsa che oggi ha parlato di "mancanza di coraggio". Sul versante della politica, solo per fare due nomi, Matteo Renzi ha 'bocciato' il provvedimento in toto, mentre il presidente del consiglio regionale (e candidato PD) Eugenio Giani ha parlato di un "Conte timido". Il Governo, però, non vuole fare passi più lunghi della gamba. Parliamoci chiaro: il rischio di un nuovo contagio esiste. A certificarlo è il Comitato tecnico scientifico nella relazione consegnata al governo, nella quale si mette nero su bianco un "rischio" e si suggerisce "di adottare un approccio a passi progressivi" con la "sperimentazione delle misure". Non è quindi un caso che il decreto stabilisca proprio all'Art.2 sulle attività produttive che la Regione deve monitorare la situazione epidemiologica e possa richiedere al Ministero un passo indietro: lo scenario, insomma, è quello di un elefante in una vetreria.

Conte sembra aver preso atto delle riserve del comitato, rendendo evidente il suo imbarazzo in conferenza stampa: "Il rischio che il contagio possa risalire c'è, ma è un rischio che ci dobbiamo prendere". Trovare un equilibrio tra emergenza sanitaria e emergenza economica non sarà certamente facile: è chiaro che il Governo deve stabilire regole precise e mettere in campo tutti gli strumenti necessari per evitare la diffusione del virus, lasciandosi tirare la giacchetta più dalla comunità scientifica che dagli interessi di parte; dall'altro è chiaro che non si possa demandare alle calende greche l'intervento sulla seconda tipologia di emergenza, continuando a nascondere un piano di rilancio economico che non è stato ancora scritto, l'unico che potrebbe dare certezze a cui aggrapparsi per imprenditori e lavoratori. Per ora il Governo ha scelto di fare un passo avanti, sulla via della prudenza.

Giovanni Mennillo

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