Si apre il Gran Galà delle Regionali: il 'salvinismo' alza i toni, la politica diventa parodia

Si è aperto tutto d'un colpo il Gran Galà della politica toscana. Tra le classiche maschere rosse, verdi e azzurre, quest'anno sono spuntate anche mascherine di pizzo rosa e guinzagli, mentre all'entrata ad accogliere i visitatori ci sono ruspe e carri armati. Ebbene, le Regionali 2020 saranno un festival della goliardia, una gazzarra scandita da fragorosi colpi di cannone, un teatrino carnevalesco, una operetta leggera recitata in piazza dove chi la spara più grossa prende più applausi. Il tema della festa sembra chiaro: alzare il più possibile i toni, adombrare le difficili discussioni sul cosa fare e come farlo dietro accenti tribunizi, discorsi prosaici e talvolta pose buffonesche. L'importante è che nessuno parli di politica, dopotutto è una festa.

A fare da arbiter elegantiarum, o più prosaicamente da 'animatore', è certamente la candidata del centrodestra Susanna Ceccardi. Un ruolo che si è ampiamente conquistata con il carisma che la contraddistingue: in una sola settimana dalla sua candidatura ufficiale la 'leonessa' di Salvini ha alzato i toni e si è presa letteralmente la scena, riuscendo nell'intento di fare campagna elettorale in Toscana e prendersi le prime pagine dei quotidiani nazionali.  Ad accompagnarla all'altare della politica toscana, dopo mesi di bracci di ferro nella coalizione, è stato il capitano in persona, Matteo Salvini: la leonessa si è presentata con una mascherina di pizzo rosa in competizione con la croce pisana su quella di Salvini, sacro e profano a tinte verdi che ha subito catturato l'attenzione della stampa e con essa dei toscani.

I riflettori erano puntati, e la Ceccardi ne ha approfittato partendo dai 'pezzi di repertorio', dall'anticomunismo all'immigraizione. La fortuna aiuta gli audaci e Susanna non si è fatta scappare le occasioni buone: prima l'attacco diretto a Vicofaro dopo il caso di cronaca riguardante un migrante che ha portato ad una querela e ad una controquerela, poi il video spuntato sul web di un immigrato che cucina un gattino a Campiglia Marittima, occasioni ghiottissime per caricare a pallettoni di emotività il 'No all'immigrazione' e raccoglierne i frutti nelle urne.

Non poteva mancare un po' di anticomunismo qua e là, con il liet-motiv della Toscana 'ostaggio' dei rossi da sempre, facendo piazza pulita di oltre 50 anni di storia della politica, appiattendo come fossero la stessa cosa Lagorio o il comunista Bartolini e il centrismo di Giani; ma dopotutto in molti si staranno chiedendo leggendo questo articolo: "Lagorio chi?" L'importante è appiattire stalinismo, comunismo e sinistra, aggiungerci qualche accusa di affarismo  legato a cooperative rosse e banche, poi il resto vien da sé. Ceccardi evoca la paura dei rossi, ma poi vezzeggia un certo comunismo-verde, facendo trasparire la possibilità di una qualche continuità tra Pci e Lega, una transizione ideologica che sembra più una lavatrice con bianchi e colorati insieme. Eppure quel discorso funziona ed effettivamente c'è una parte dei vecchi militanti o simpatizzanti per il PCI che vedono in Salvini e in Ceccardi un modello politico: che dire, in questa regione a molti piace lo 'scambiato', sia a destra che a sinistra.

Ceccardi sta stendendo un tappeto rosso sulla sua corsa alle regionali, portando nella politica toscana una novità: il 'salvinismo'. Restano chiusi i palazzi e le riunioni di partito, si scende in mezzo all'uomo della strada, si offre soluzioni e non programmi, sventolando bandiere che sono tanto cariche di consenso quanto sbiadite di contenuti. Le emozioni si comunicano, il linguaggio burocratico di una legge o di un piano fiscale no. Il programma sarà ovviamente scritto con precisione, al come ci penseranno, ma intanto il centrodestra fraternizza con il suo pubblico che pare sempre più risoluto e pronto al cambiamento. Forse proprio questo massimalismo salviniano era osteggiato da qualcuno nella coalizione, ma i fatti a poco più di una settimana dalla sua candidatura ufficiale, danno ragione a Susanna.

Ceccardi sta modificando il linguaggio della politica toscana, e ci si deve pur adeguare. Così la 'leonessa' ha fatto cadere in un agguato il suo avversario più forte, il candidato del PD. Eugenio Giani era tranquillo, stava costruendo la sua elezione dal basso, da quella rete di amministratori locali che lo hanno sostenuto nella sua autocandidatura. Con la solita compostezza che lo contraddistingue ha avviato la campagna elettorale da mesi: qualche visita qua e là, qualche stretta di mano, una chiacchierata social con i sindaci e un programma da portare avanti anche se osteggiato da parte della sinistra toscana. Quando ha alzato i toni ciò è servito solo a risolvere le questioni interne alla coalizione, mettendo i puntini sulle i sui temi più divisivi. Che il salvinismo e le pose da 'uomo forte' non siano abiti che calzano bene su Giani lo si era intuito con l'infelice uscita sui "carri armati" per il termovalorizzatore. Nonostante abbia preso lezione di carisma da uno bravo (Renzi), il candidato del PD appartiene ad una vecchia classe politica seriosa e posata, è stato per anni una figura istituzionale di alto profilo, una figura 'autorevole' più che un 'uomo del popolo'. Ma il linguaggio politico è mutato e Giani, che da ex renziano certi meccanismi di spettacolarizzazione e personalizzazione della politica li ha pur sostenuti, ha provato a rincorrere i tempi.

Ceccardi ha costretto il presidente del consiglio regionale a scendere sul suo campo di battaglia e Giani è finito, è il caso di dirlo, al guinzaglio. La battuta su Ceccardi al "guinzaglio di Salvini", con cui voleva dipingere una Ceccardi poco impegnata sui problemi della Toscana e solo in grado di raccogliere il consenso salviniano, è stata abilmente reinterpretata come battuta sessista: "Mi ha dato della cagna". Il Carroccio ha così portato Giani su un campo minato che è esploso a raffica sotto i piedi del centrosinistra che su quell'argomento non ha potuto che ammettere l'errore e fare un passo indietro, fino a richiamare all'ordine Giani ed invitarlo caldamente a non fare più gaffe. Insomma Ceccardi ha alzato i toni e poi ha teso la trappola, Giani ci è finito dentro, dimostrando i limiti del candidato PD a vestire i panni del 'leone' e a competere con l'avversario su questo campo. Un campo che oggigiorno, però, muove voti e consenso.

E adesso? Il salvinismo ha una sua fenomenologia: quando esplode costringe tutti a parlare quella lingua, oppure a farsi dialetto di pochi; costringe ad adattarsi o a cadere nell'ombra. Il regionalismo e la compostezza di Giani devono fare i conti con il fascino dei toni esasperati della democrazia di massa salviniana. Benvenuti al Gran Galà delle regionali 2020.

 

Giovanni Mennillo

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