Pillola abortiva, in Toscana anche negli ambulatori: la spiegazione della dottoressa Valeria Dubini

Valeria Dubini (foto da sceglituchannel)

La Toscana sarà la prima regione a fornire la pillola abortiva nei poliambulatori pubblici, adeguatamente attrezzati e funzionalmente collegati agli ospedali. Questa scelta si inserisce in un quadro storico che vede da un lato l’Umbria complicare il servizio contrariamente alla Toscana, che semplifica il processo di interruzione volontaria di gravidanza. Una scelta che si basa su leggi emanate anni fa e che allora guardavano al futuro, non una decisione dell’ultimo minuto, non "un kit abortivo, una banalizzazione. Forse è più banalizzante l’aborto chirurgico quando ti addormenti, ti svegli ed è tutto finito. Questo è un percorso che la donna vive con lucidità, consapevolezza e sofferenza che le consente di elaborare meglio i suoi sentimenti”. A dirlo è la dottoressa Valeria Dubini, direttrice della struttura complessa attività consultoriali dell’Asl Toscana centro che ha spiegato a Clivo tv e Gonews.it cos’è il farmaco e il nuovo servizio che arriverà presto in Toscana.

L’interruzione volontaria di gravidanza nei poliambulatori è stabilita da una delibera approvata dalla Giunta della Regione Toscana, allegata a un protocollo sulla base del parere del Consiglio Sanitario Regionale del 2014, per poter garantire l’offerta della IGV farmacologica come prestazione ambulatoriale. La Toscana è stata la prima regione ad adottare l’aborto farmacologico con la Ru486: la novità sta quindi nel fatto che è prevista l’attuazione anche negli ambulatori, purché collegati agli ospedali.

"E' la piena applicazione della legge 194 del 1978 che prevedeva, nel caso si fosse reso possibile per nuove introduzioni farmacologiche, la possibilità di altre modalità oltre all'interruzione di gravidanza chirurgica", fino ad arrivare al livello ambulatoriale, come ha continuato la dottoressa Dubini. La legge trova quindi in questo 2020 la sua piena attuazione, "niente che sia fuori dagli schemi". Come già accennato e ribadito da Valeria Dubini, nel 2014 il Consiglio Sanitario Regionale si era già espresso a favore di questa modalità, chiarita dalla direttrice dei consultori Asl Centro: "Non è che si arriva, si prende la pillola e si va via. Non funziona così. Il servizio mantiene le modalità che aveva a livello ospedaliero".

Le donne potranno effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica nelle sedi autorizzate seguendo vari step, dalla somministrazione del farmaco ai successivi controlli, 3 circa come sottolineato dalla dottoressa: "Al primo accesso viene data la pillola abortiva, al secondo un controllo e, se non è ancora avvenuto l'aborto, viene dato un altro farmaco che serve a completare il percorso. Dopo 15 giorni c'è un altro accertamento" dove viene, in caso di mancato aborto o aborto incompleto, attivata la procedura chirurgica nel presidio ospedaliero di riferimento. "Tutti questi step avvengono in uno spazio che deve garantire la privacy delle donne e consentire il tempo ai professionisti di osservare vari possibili effetti collaterali. Non è quindi un accesso all'ambulatorio come una visita ginecologica, bene precisare" - ha chiarito ancora Dubini.

Cos'è questo farmaco e quando si usa?

"E' un farmaco che interviene sui ricettori del progesterone, che è l'ormone della gravidanza, per cui - secondo le procedure - determina un aborto spontaneo. Si usa nelle fasi molto iniziali della gravidanza: noi fin'ora lo abbiamo utilizzato entro 49 giorni (7 settimane) anche se le linee guida internazionali ormai dicono che si può utilizzare fino a 63 giorni" (9 settimane). La pillola abortiva "nelle fasi molto precoci riesce ad avere successo nel 95% dei casi e a tutelare maggiormente la salute della donna, perché viene evitata l'anestesia e il passaggio chirurgico che può sempre comportare complicazioni". Valeria Dubini ha poi riferito il vantaggio della possibilità ambulatoriale anche in questa epoca difficile per il mondo sanitario a causa del Covid-19, dove "è stato davvero utile evitare alle donne l'accesso agli ospedali alle sale operatorie che giustamente erano riservate ad altre cose". 

Quanto è significativo offrire un servizio del genere, importante per le donne ma anche per gli uomini?

"Riguarda la società nel suo insieme, perché l'aborto medico ha un costo minore, dei rischi minori e ci riguarda tutti - ha proseguito la dottoressa. Nella scelta della Regione Toscana c'è certamente un guardare avanti, ma la previsione era già stata fatta nel 78".

Un servizio che la Regione già effettuava e che ha solo ampliato in altri luoghi, ovvero i poliambulatori mantenendo le stesse procedure degli ospedali. "Facilitare il percorso nell'ambulatorio vuol dire supportare maggiormente la donna, perché è chiaro che se in ambulatorio c'è un attenzione maggiore in ospedale ci sono altre priorità, oltre alle mamme con le pance e le nursery visto che viene svolto nei punti nascita. Poterlo fare in ambulatorio vuol dire - ha concluso Valeria Dubini - ridurre quell'aspetto emotivo che accentua le sofferenze che in un percorso lucido come questo ci sono". 

Margherita Cecchin



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