"Impossibile rispondere a tutti, il territorio è in crisi": il monito nella lettera di un medico di famiglia

Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta di un medico di famiglia della provincia di Firenze che vuole rimanere anonimo, anche se si è presentato alla nostra redazione. Il medico fa riferimento alla pagina Facebook 'La voce del Curante', dove dà spazio a riflessioni in ambito medico. Il tema di questa lettera inviata al direttore ovviamente è quello del coronavirus e di come la sanità territoriale sta affrontando la seconda ondata della pandemia. Il 'blocco' avvenuto è un monito affinché si eviti qualcosa di peggio. Ecco la lettera integrale

Un fine settimana di fine febbraio ci siamo accorti che l'infezione da Sars-Cov2, Covid19 per abbreviazione, era diventato anche un problema nostro. Pochi giorni dopo siamo entrati in un incubo, con la chiusura prima delle scuole e poi di tutto il paese.

In quei giorni ha iniziato a risuonare un mantra, in radio, in televisione e sui social: "Contattate il vostro medico curante".

E noi siamo stati lì, pronti a rispondere ad ogni esigenza, sette giorni su sette, inizialmente senza dispositivi di sicurezza, senza certezze ma con l'orgoglio di chi ama il proprio lavoro.

Ci arrivavano comunicazioni su ogni tampone fatto, su ogni paziente che risultasse positivo. Noi in prima linea, il dipartimento della prevenzione dietro e accanto a noi a fornirci la logistica.

E così la prima ondata è andata. Abbiamo pianto i nostri caduti, ma un'estate calda e i numeri del contagio enormemente diminuiti ci hanno rinfrancato.

Poi è arrivato l'autunno. La riapertura delle scuole, i primi freddi.

I casi hanno ricominciato a salire, i reparti covid di cui avevamo festeggiato poco prima la chiusura sono stati riaperti. Le terapie intensive hanno ricominciato ad ospitare i casi più gravi. I bollettini quotidiani sulla pandemia sono tornati ad essere la prima notizia di ogni telegiornale.

Noi abbiamo continuato ad essere al nostro posto. A visitare, a rispondere al telefono ed ad organizzare la campagna vaccinale antinfluenzale. E piano piano abbiamo iniziato a notare che qualcosa non andava. I tempi di attesa per il risultato di un tampone sempre più lunghi, e un silenzio quasi assordante dai nostri commilitoni del dipartimento della prevenzione.

Progressivamente abbiamo iniziato a passare più tempo su internet a cercare risultati, quarantene e isolamenti che a visitare. Ed il telefono è impazzito. Perché se un paziente non riceve una risposta e si sente perso può contattare solo noi.

Decine, a volte centinaia di telefonate al giorno, talmente tante da essere impossibile rispondere a tutti.

E nel mezzo una campagna vaccinale, complicata da una nuova modalità di distribuzione del vaccino. Come se farla mantenendo le sale d'attesa vuote non fosse stato sufficiente a renderla la più complessa degli ultimi anni.

I nostri amici e colleghi del dipartimento della prevenzione sono stati sommersi da una mole di lavoro spropositata, e il sistema si è bloccato. Nessuna critica, se non vengono aumentate le truppe la sconfitta è inevitabile. I laboratori non riescono a smaltire il numero di tamponi da analizzare, e ci possono volere anche 5 o più giorni per avere un risultato. E in tutto questo gli unici contattabili continuiamo a essere noi. A cui vengono fatte domande a cui non possiamo dare una risposta.

Il "territorio" è in crisi, tra poco (se non già ora) non saremo più in grado di arginare l'onda, che andrà a schiantarsi inevitabilmente sugli ospedali.

Ci auguriamo che chi sta "nella stanza dei bottoni" si ricordi che le epidemie si vincono casa per casa, nelle strade e non nei lazzeretti. E finalmente potenzi la sanità territoriale con atti e non parole.



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