Nuova Holding per il servizio idrico: i dubbi di “Montelupo è Partecipazione”

A destra il candidato Francesco Polverini (foto gonews.it)

Il 13 settembre si è svolto un Consiglio Comunale straordinario, dove l’unico punto all’ordine del giorno era il voto sulla “costituzione di una Holding S.pA.” per la gestione di servizi pubblici. Nello specifico, a oggi, solo per il servizio idrico tramite la partecipazione totalitaria in Acque S.p.A. (attualmente posseduta per il 55% da parte di Comuni, attraverso S.p.A. partecipate totalmente, e per il rimanente 45% da parte di un socio privato, Acque Blu Arno Basso S.p.A.)

A raccontarlo è il Gruppo Consiliare “Montelupo è Partecipazione”.

La motivazione “tecnica” della costituzione della Holding ci è stato detto essere: l'acquisizione del 45% del capitale dal socio privato da effettuarsi mediante l’accensione di un finanziamento sul mercato del credito, da garantire eventualmente con il pegno delle azioni e/o altra forma di garanzia che lo strumento finanziario (o il finanziatore...) ritenesse idonea allo scopo.

Data la premessa, crediamo che l’acquisizione in oggetto si possa ritenere “ostile” dal momento che, dagli atti presentati, risulta che da parte del socio privato non ci sia la volontà di cedere la partecipazione. Da ciò, non potendo rilevare semplicemente le azioni, come possibile sia per legge, sia per come previsto dai patti parasociali, si forza una interpretazione statutaria per ottenere quanto voluto.

E poiché all’atto pratico l’acquisizione negoziata potrebbe anche non essere possibile anche perché alcuni soci pubblici sono “in liquidazione” (in liquidazione da anni!), la costituzione della Holding permetterebbe anche a loro di accedere al finanziamento che è operazione straordinaria incompatibile con lo stato di “in liquidazione” (e che peraltro nessun finanziatore erogherebbe in mancanza di garanzie…).

La motivazione politica sottostante la scelta ci è stato detto essere: la volontà di “ripubblicizzare” il servizio idrico.

Abbiamo espresso un forte e circostanziato dubbio: sia di metodo che nel merito.

Di metodo: tutto quanto presentato nell’operazione è l’essenza stessa del funzionamento privatistico!

La Holding così costituita ha la forma giuridica di S.p.A, e poiché nello statuto non è espressamente previsto il divieto, potrà, con modifiche statutarie (ex art. 28: “per tutto quello che non è previsto vale la legge vigente”), anche diventare quella Multiutility così tanto voluta dalla politica locale… (stando almeno a quanto risulta dalle dichiarazioni alla stampa di questi ultimi mesi).

E anche il metodo di “scalata ostile” utilizzato (che per intenderci è quello di chi non ha fondi e accolla alla società operativa scalata il debito contratto per l’acquisto del capitale, con tutti i costi che ne conseguono per gli anni a venire), è un metodo speculativo, temerariamente speculativo potremmo dire, e che trova un suo antesignano illustre nella scalata di Olivetti a Telecom… e chi ha memoria di quegli anni sa quali sono stati i costi sociali per la collettività solo in termini di tagli al lavoro e agli investimenti… E soprattutto sa che fine ha fatto poi la proprietà dell’azienda…

Nel merito: ripubblicizzazione implica un soggetto pubblico, altrimenti è altro.

Per la ripubblicizzazione dell’acqua nel rispetto di quanto voluto dai cittadini, a partire dal referendum del 2011, ma anche da tutto il Movimento per l’acqua pubblica, crediamo, a ragione, che si debba intendere tutt’altro: e cioè che tutto quanto faccia capo a un soggetto giuridico pubblico a totale capitale pubblico.

Che non è affatto la stessa cosa di un soggetto giuridico privato di proprietà di soggetti pubblici.

Che che se ne voglia dire, non si tratta affatto di una questione lessicale o terminologica: nel diritto la forma è sostanza, e chi lo ignora… beh, lo ignora, con tutto quello che ne consegue.

Per questo sosteniamo che la ripubblicizzazione deve avvenire, con fondi erogati dallo Stato, e la gestione deve essere fatta da un soggetto di diritto pubblico.

Se non lo si vuole fare, ed è chiaro che con questa operazione non lo si voglia fare, sarebbe opportuno che lo si dichiarasse apertamente in modo che i cittadini possano fare le loro considerazioni. E si smetta così di nascondersi dietro il “voler rispettare l’esito del referendum” (che poi, a ben vedere, dopo dieci anni ci vuole una bella faccia tosta anche solo a dirlo…).

C’è poi un’altra motivazione politica che sottende tutto quanto: l’esclusione pressoché totale, dei rappresentati, cioè dei cittadini, cioè dei diretti fruitori del servizio pubblico erogato prima di tutto nel loro interesse, da qualsivoglia intervento.

I Consigli Comunali dove siedono i loro rappresentanti non hanno alcun potere di controllo su queste decisioni!

Quello che viene chiesto è di ratificare una decisione gestionale presa dagli organi di amministrazione della S.p.A che gestisce il servizio pubblico. Infatti su questa decisione i Consigli Comunali hanno potuto esprimere solo considerazioni tardive: la decisione è stata già presa altrove e su questa non si è potuta raccogliere l’opinione della cittadinanza. Quella cittadinanza che sarà certamente costretta a pagare in termini di tariffe e disservizi un eventuale cattivo esito dell’operazione di ingegneria societaria e finanziaria intrapresa...

Che dire allora se non: “E’ la privatizzazione. Bellezza!”

Come detto più volte: su chi ha governato questo Paese negli ultimi 30 anni, e su chi, a livello locale, ne ha avallato e ripreso con convinzione le decisioni in termini di privatizzazione dei servizi pubblici, deve ricadere la grave responsabilità politica di avere servizi pubblici onerosi, in termini di tariffe e/o sprechi, soggetti a disservizi anche gravi e, in prospettiva, scalabili dal mercato in cerca di profitto… E il profitto, come si sa, non fa prigionieri!

Fonte: Ufficio Stampa



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