Alice Pistolesi: ideali, biglietto aereo, taccuino e il sogno di un mondo senza guerre

(foto gonews.it)

Ci sono molti modi di interpretare e vivere la professione di giornalista. Alice Pistolesi ne ha scelto uno affascinante ma non facile, uno di quelli a cui ti dedichi non per scelta della testa ma seguendo il cuore: viaggiare e raccontare le tante, troppe ingiustizie che ci sono nel mondo, andando non negli hotel di lusso o nei resort dei centri turistici ma laddove c’è da sporcarsi le mani e, alla fine, anche rischiare qualcosa. Dagli inizi proprio qui, a gonews.it, fino al taccuino nello zaino e il biglietto aereo in mano.

E’ stata una scelta?
Sì, una scelta mia. Io non ho fatto una scuola di giornalismo, mi sono laureata in scienze politiche ed ho sempre avuto la voglia di fare questo lavoro andando in posti difficili a contatto con popolazioni oppresse.

Mossa anche da un ideale?
Sicuramente è quello che mi spinge a svegliarmi la mattina. Volevo fare qualcosa che avesse un senso, raccontare chi non ha voce o ne ha meno, fare un po’ di luce in situazioni di buio che non trovano spazio nella grande stampa.

Per fare questo da dove si inizia?
Si inizia viaggiando, poi ho fatto il corso Maria Grazia Cutuli di formazione in comunicazione e politica per inviati in aree di crisi, una collaborazione tra la Fondazione Cutuli, lo Stato Maggiore della Difesa e l'Università degli studi "Alma Mater" di Bologna, con il contributo della Croce Rossa Italiana. A quel punto ho iniziato a viaggiare ed a proporre i miei articoli dall’estero. Iniziare non è facile, anche perché è importante farsi conoscere.

Il primo viaggio?
In Messico.

Perché?
E’ un viaggio che sognavo da anni, volevo andare nelle comunità zapatiste e l’ho fatto incontrando anche altre autonomie e seguendo una carovana. Lì ho capito che valeva la pena provarci.

Ora collabori con l’Atlante delle guerre e dei conflitti nel mondo, di cosa si tratta?
E’ un progetto di giornalismo indipendente. Nasce da un’idea di Raffaele Crocco che è il direttore. Siamo un gruppo che si è posto l’obiettivo di raccontare le guerre che sono in corso nel mondo, le ingiustizie che ci sono. E’ un modo di costruire la pace. Ogni anno facciamo un libro ed abbiamo un sito che aggiorniamo sempre ed in cui proviamo a fare quello che non si può fare in un libro. Ad esempio dossier che escono settimanalmente o schede sulle varie situazioni di crisi nel mondo.

Un impegno importante
Sì, a cui unisco anche docenze nelle classi di ogni ordine e grado, poi anche ad insegnanti, amministratori pubblici, operatori Sprar. Noi mettiamo al centro la geografia, lavoriamo molto sulle mappe e sulle schede.

Il viaggio che ti ha più colpito?
Sicuramente quello in Messico. Poi quelli al confine fra Cile ed Argentina, fra Colombia e Venezuela, il deserto algerino, i profughi Saharawi con la mia scheda conflitto che seguo più da vicino, il Libano sulla blu line che lo divide da Israele, la Palestina, la Giordania, l’Iran, il Senegal, il Gambia.

In Africa per seguire le migrazioni?
Ho fatto un reportage sulla migrazione seguendo la storia di un richiedente asilo. Sono andato dalla sua famiglia in Gambia per aiutarlo nella sua domanda di asilo. Fra l’altro durante la dittatura di Jammeh e dovendo incontrare leader dell’opposizione.

Mai avuto paura?
Sì, ma niente di che. In Messico, ad esempio, sono stata rapinata da un gruppo paramilitare, ma certe cose possono accadere ovunque. Ovvio che in generale bisogna stare attenti in certi contesti anche a fare foto e riprese.

Il viaggio che ti ha segnato di più?
Forse il Cile.

Chi me lo ha fatto fare te lo sei mai detto?
Prima di partire ho sempre un carico di angoscia e mille paure, al punto quasi di non dormire la notte e chiedermi perché non ho magari deciso di andare al mare a Bibbona. Poi però, quando arrivo, tutto svanisce, mi rilasso e mi dimentico di tutto. Mi tranquillizzo perché alla fine vedo che, anche in situazioni difficili, la gente continua a vivere e quindi, se lo fanno loro, posso fare anche io quello per cui sono andata sul posto.

Dove sogni di andare la prossima volta?
A me parte un treno al giorno. Diciamo il Sahara occidentale oltre a continuare con l’America Latina e qualche altro contesto africano che non ho mai visto.

Intanto l’Espresso ha pubblicato un tuo reportage sui profughi che lasciano il Venezuela in crisi per cercare una vita migliore in Colombia
Sì, una bella soddisfazione.

Nel 2021 ci sono ancora tante guerre?
Noi ne mappiamo 34, con 15 aree di crisi e 3 macroaree, ma le zone da attenzionare sono ancora tante. Noi ci proviamo con le nostre schede e tenendo aggiornate sul sito le diverse situazioni. Le guerre sono effetto di tantissime cause e noi pensiamo che, lavorando su queste, possiamo arrivare alla fine dei conflitti nel mondo.

Alla fine, come è il mondo che vedi?
E’ bello ed io mi trovo bene ovunque, da tutte le parti. Mi piace scoprirlo, mangiare cibi diversi e stare soprattutto con la gente, vivere con loro, parlarci ed incontrare persone.

E poi raccontare. Buon prossimo viaggio, Alice.

Marco Mainardi

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