Pietre d'inciampo nell'Empolese, Bagnoli (Aned): "La commemorazione diventa concreta"

La sezione Empolese-Valdelsa dell’Associazione nazionale ex deportati onora le vittime della deportazione nel Giorno della Memoria e saluta con soddisfazione la posa delle Pietre d’Inciampo: la prima nel centro storico di Empoli, dove visse Remo Burlon, e a seguire anche a Montelupo Fiorentino davanti alla casa dove visse Carlo Castellani, padre del nostro presidente onorario Franco.

“Questi momenti commemorativi fanno parte di un più ampio progetto che la nostra sezione – spiega il presidente Roberto Bagnoli - ha condiviso con sei Comuni dell’Empolese in cui ebbero residenza gli uomini deportati l’8 marzo 1944 e ai quali va il nostro ringraziamento.

Empoli, Montelupo, Capraia e Limite, Vinci, Cerreto Guidi e Fucecchio sono i Comuni in cui, nelle prossime settimane, ci saranno analoghe commemorazioni per ricordare chi dei nostri concittadini non fecero più ritorno dai campi nazisti.

Le Pietre d’Inciampo, un progetto internazionale dell’artista tedesco Gunter Demnig, sono sampietrini rivestiti in ottone su cui sono incisi il nome, l’anno di nascita, data e luogo di morte delle vittime dell’orrore nazifascista, tasselli inseriti nella pavimentazione urbana davanti all’ultima casa liberamente scelta e da dove sono state strappate con la forza per essere uccise nei campi di concentramento. Dai sei comuni partirono in 116 e solo pochissimi fecero ritorno”.

“La Pietra d’Inciampo – prosegue - ha il merito di dare concretezza e fisicità ad una commemorazione, non si tratta semplicemente di un rito, ma di un momento di alto valore civile che va a restituire innanzitutto identità personale e, con questo, dignità e umanità alle persone deportate.

Rappresentano un vero e proprio monumento diffuso, caratteristica, rispetto a qualunque altro monumento dedicato alla memoria delle vittime nei campi di concentramento, che lo avvicina a chi passa. In questo modo la Memoria diventa parte del nostro tessuto urbano, in tanti posti in cui cittadine e cittadini “inciampano” nel monito che diventa l’invito alla riflessione, una riflessione personalissima, a porsi domande e stimola la voglia di indagare chi erano queste persone oltre le poche ma essenziali informazioni incise nella placca d’ottone”.

“Un semplice sampietrino – conclude - come i tanti che pavimentano le strade delle nostre città ma dalla grande forza evocativa, perché collocato davanti all’abitazione dei deportati: da lì sono stati prelevati, strappati ai loro affetti ed alle loro occupazioni, per essere uccisi senza ragione, finiti in cenere o in fosse comuni, privando così i familiari ed i loro discendenti persino di un luogo dove ricordarli. Quella delle pietre d’inciampo è una forma di memoria molto particolare, che tiene viva la memoria delle singole persone oltre che della tragedia collettiva e ci chiede di aprire gli occhi anche davanti alle tragedie umane attuali”.

Fonte: Aned Empolese Valdelsa



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