Martina Rossi, inizia il processo per i portuali denunciati. Il padre: "Chiedevano solo giustizia"

Il tribunale di Arezzo

Oggi Bruno Rossi, padre di Martina Rossi la studentessa genovese deceduta il 3 agosto 2011 precipitando dal sesto piano di un albergo a Palma di Maiorca, si trovava al tribunale di Arezzo per testimoniare ad un'altra vicenda collaterale a quella della scomparsa della figlia.

Due anni fa, nel giugno 2020, un gruppo di ragazzi partì da Genova in direzione Castiglion Fibocchi, paese dei due aretini condannati a tre anni per tentata violenza di gruppo, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi. In quel periodo in appello fu assolto il capo d'imputazione e il gruppo, composto da sei portuali, si recò sul posto per protesta. Il mezzo con a bordo pennelli, vernici e uno striscione "Giustizia per Martina" fu bloccato a pochi km dal paese aretino dalla polizia stradale che a seguito della perquisizione, ritrovò taglierini, un manganello telescopico, spray, fumogeni e altro materiale (Qui la notizia). I portuali furono denunciati per porto di oggetti atti ad offendere. Secondo gli accertamenti emerse che l'intenzione del gruppo fosse solo quella di fare un gesto di solidarietà nei confronti del padre di Martina, per anni sindacalista dei portuali di Genova.

Proprio quest'ultimo stamani si è recato ad Arezzo per testimoniare sulla vicenda. "Chiedevano solo giustizia, sono bravi ragazzi li conosco bene e non hanno fatto niente di male. Io comunque non sapevo nulla di questo". Per i sei portuali il processo si è aperto oggi e riprenderà il 20 aprile. Sulla condanna a tre anni della Cassazione , che ha confermato la sentenza della corte d'appello di Firenze, Bruno Rossi ha aggiunto: "A sei mesi dalla Cassazione ancora la pena non è andata in esecuzione perché la richiesta di affidamento in prova giace in un cassetto", "i tempi sono davvero troppo lenti".



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