Nello studio di Livio Cristini

La sua arte ne nasconde l’età, Livio Cristini è del 1928, quasi un secolo di creatività, spesa in modo sempre attento alla contemporaneità. Su Cristi sono in fase organizzativa diverse mostre, la prima allo Spazio dell’Orcio di San Miniato, l’altra probabilmente a Lucca Comics, tempio del fumetto. Saranno antologiche del lavoro di questo artista lombardo, che si è spostato per l’Italia dietro ad un progetto di grafica e di pubblicità, giocato con grandi marchi editoriali, Mondadori, Cappelli e Zanichelli, fino all’approdo ad una agenzia della capitale. La sua prima mostra d’arte è del 2004, intitolata “Cinquant’anni di pittura mai uscita di casa: sguardo sul percorso creativo 1954-2004”. Adesso gli anni spesi per l’arte sono addirittura settanta, con un’attenzione ancora più evidente alla nostra assurdità quotidiana.

Cristi è nato a Lovere, in provincia di Bergamo nel 1928. Partiamo intanto da qui per raccontare anche il nostro stupore, davanti ad un artista che nasconde dietro alla sua smania creativa e a lineamenti ancora giovanili, un’età che invece di sicura importanza. Sappiamo quanto l’attività intellettuale mantenga giovani, ed è certo il caso di Livio, che da più di vent’anni vive a Toffia, vicino a Fara Sabina, in provincia di Rieti, su un piccolo grappolo di case arrampicate su una roccia.

È stato un caro amico, il grande scenografo Aldo Buti, a fare le presentazioni, a volere che lo incontrassi, ma soprattutto che vedessi le sue opere, che con leggerezza riescono a raccontare la contemporaneità. Il nostro vivere quotidiano, fatto di bruscoli che ci escono dalla bocca, senza che nessuno di noi si preoccupi di controllarli.

Molte di queste opere, assomigliano – pur essendo sempre assai precedenti - ad una specie di Pubblicità Progresso sul Covid 19, sulla necessità di indossare le mascherine e altri presidi di prevenzione: ognuno butta fuori batteri, inquina il mondo, sputando le proprie interiorità. Fino a ieri tutto questo pareva un’attività innocua, diremmo poco inquinante, invece da un paio d’anni a questa parte, capita di essere guardati con sospetto. Soprattutto quando beviamo un caffè o quando per strada incrociamo persone note o sconosciute. In questo caso succede che - anche senza volerlo -, ci si sposti sull’altro lato della strada.

L’incomunicabilità, di cui qualcuno veniva parlando, è diventata ormai, parte della nostra vita. Capita di restare in casa per giorni, di andare di rado (o mai) al cinema o a teatro. Di lasciarsi prendere da una vita eremitica, di vivere appunto “su un grappolo di case arrampicate su una roccia” e da lì guardare il mondo che sembra funzionare sempre meno.

Livio Cristini inizia ad essere pittore fino da giovanissimo, anche se non ha mai avuto un apprendistato di tipo accademico. Conserva ancora, dagli anni del Ginnasio, un ritratto a olio fatto ad uno dei suoi nonni, come a dire: la vocazione c’era, eccome. Studia a Verona, storia medievale presso l’Istituto di scienze storiche Antonio Muratori ed è lì che gli viene offerta una prima esperienza di lavoro, presso la casa editrice Mondadori.

È l’inizio di una storia che sarà davvero molto lunga, lì scopre la grafica e la pubblicità, comincia un lavoro creativo che lo impegnerà tutta la vita, tra Milano, Bologna, Roma, presso case editrici importanti, agenzie di marketing. Si dedica anche ad un’attività di tipo didattico, diventando docente e anche qualcosa in più in un paio di istituti e corsi dedicati alla comunicazione. Tutto questo per dire che la pittura poteva essere lasciata nel cassetto, restare un’esperienza giovanile, sostituita da un’altra importante esperienza comunque creativa. Invece non è stato così, perché nel 2004, ormai quasi vent’anni fa, al tempo del suo trasferimento in un casale della Sabina - terra famosa per qualche storico ratto di donne, da parte degli antichi romani - gli fu dedicato una specie di risarcimento, per quelli che erano stati “Cinquant’anni di pittura mai usciti di casa”. La mostra, presso la Fondazione Cremonesi di Farfa, lasciava intuire l’artista che sta dietro a tutto il suo lavoro e che comunque aveva già offerto prove pubbliche, anche se occasionali o laterali, rispetto alla sua attività.

Ad esempio, nel 1980 realizzò la decorazione delle pareti di una filiale della Banca di Lucania a Matera, dando prova di una capacità tecnica e compositiva tutt’altro che casuale; oppure qualche anno prima, nel 1971, stavolta a Potenza, aveva ideato una enorme decorazione murale (in un’epoca in cui questi interventi erano piuttosto rari), su un grande edificio industriale: una sorta di ingrandimento di un intervento grafico e anche calligrafico.

La sua pittura è spesso proprio questo, come per altri grandi grafici e disegnatori, mi viene da citare Will Eisner, Jules Feiffer e soprattutto Saul Steinberg, quello che secondo noi potrebbe essere un suo riferimento ispirativo, che immagino possa anche aver incontrato quando ambedue hanno vissuto a Milano. Cristini si muove con una sapienza antica, realizzando spesso una sorta di calligrafia disegnata, rimane cioè, fondamentalmente un grafico, che a volte usa il pennello e la pittura, ma sempre in funzione di un vero e proprio ricamo fatto dalla mano e dal braccio che la muove, come succede appunto con i grandi nomi di cui sopra.

Il loro riferimento alla stampa tipografica è evidente, anche quando questa diventa creativa come in certi esperimenti del futurismo, o appunto in tante opere di Steinberg, o di Gio Ponti, un altro che forse Cristini avrà almeno ammirato (e che di Steinberg fu maestro). Ponti riusciva a mischiare moltissimo le sue capacità creative: dalla progettazione di edifici straordinari, ad esempio il famoso Grattacielo Pirelli oggi sede della Regione Lombardia, fino ad una infinità di oggetti, come le ceramiche Richard Ginori di Doccia, o gli elementi appunto di un raffinatissimo percorso grafico.

Saremmo in questo senso sinceramente interessati ad una celebrazione di Cristi presso quello che è il luogo principe della “calligrafia disegnata”, cioè Lucca Comics, che nel passato ha ospitato più di una mostra (anche tra quelle organizzate da noi, ad esempio sul Bread & Puppet Theatre, su Beni Montresor o Lele Luzzati) che non erano specificamente di fumetto, ma che in qualche modo potevano rappresentare un percorso parallelo, un modo di parlare alla contemporaneità. Il fumetto non è soltanto quello dei “balloon”, di quel segno grafico che contiene il testo delle parole dei vari personaggi, è anche tantissime altre cose, ad esempio l’immagine di Cristi, realizzata sull’edificio industriale, potrebbe a rigore essere la tavola di un enorme fumetto. A Lucca insomma, l’impegno creativo di Livio Cristini potrebbe trovare molti estimatori, a partire da “una produzione figurativa… pervasa da elementi paradossali, dalla metafora alla pluralità di significati”.

Andrea Mancini



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