Censimento Coldiretti Toscana: come sono cambiate le aziende in dieci anni

Meno aziende ma più grandi, strutturate e digitalizzate. Il settimo censimento generale dell’agricoltura conferma anche per la Toscana il trend di forte riduzione del numero di aziende agricole (-28,3%) e delle superfici coltivate (-15,2%) accompagnato da una inevitabile fase di adattamento al nuovo scenario economico nazionale ed internazionale. Sono 52.146 le imprese agricole toscane che operano su una superficie agricola utilizzata di 640 mila ettari. A dirlo è Coldiretti Toscana sulla base delle prime anticipazioni del censimento Istat in riferimento all’annata agraria 2019-2020.

“Il censimento fotografa un quadro che è stato sicuramente condizionato dagli effetti dell’emergenza sanitaria ma ci mostra anche un settore straordinariamente resiliente, multifunzionale, alla continua ricerca di una dimensione più moderna – spiega Fabrizio Filippi, Presidente Coldiretti Toscana – L’analisi ha confermato il processo avviato dieci anni fa e che sta portando verso aziende di maggiore dimensione in termini di superfici agricole. Un elemento che conferma il processo evolutivo è il ricorso ai terreni in affitto in aggiunta a quelli già in dotazione delle aziende. Aziende più strutturate significa aziende più forti e con una maggiore capacità di investire sull’innovazione e sui processi di digitalizzazione: elementi sempre più fondamentali alla luce delle sfide dei cambiamenti climatici, di un mercato sempre più competitivo e globale e della necessità per il nostro sistema alimentare di riappropriarsi della sua sovranità alimentare per non essere più costretto a dipendere dall’estero”.

La riduzione del numero di aziende, per quanto riguarda la Toscana, è stata più accentuata negli ultimi vent’anni: il numero si è infatti più che dimezzato rispetto al 2000 quando era 121 mila circa con una perdita di 61 mila aziende (-59,7%).

Per quanto riguarda la tipologia – spiega il Censimento illustrando quello che è accaduto a livello nazionale - continua a prevalere l’azienda familiare (93,5% nel 2020), ma aumenta l’incidenza delle società di persone da 2,9% a 4,8% e di capitali (da 0,5% a 1%) caratterizzate da una maggiore estensione rispettivamente 41,6 e 41,5 ettari. Un altro elemento che conferma il processo evolutivo è il ricorso ai terreni in affitto: in termini di superfici, infatti, nel 2020 si registra una forte crescita della quota relativa di terreni gestiti in affitto (da 10,6% a 18,6%). La maggiore estensione rende le imprese meno fragili: la flessione diminuisce infatti al crescere della classe di superficie. Il calo delle aziende con meno di un ettaro è stato del 30%, per quelle tra 20 e 30 ettari si è ridotto al 3,4%. Oltre i 30 ettari e soprattutto oltre i 100 ettari si registra una crescita. La Sau è aumentata in particolare per le imprese che coltivano seminativi (+17,4%) e legnose agrarie (36,5%).

Un’altra indicazione dell’evoluzione degli ultimi dieci anni è data dalla situazione della manodopera. Anche nel 2020 – spiega il Censimento - si conferma la tradizionale forte prevalenza di aziende agricole con manodopera familiare. Tuttavia, rispetto al 2010 il numero di queste aziende scende sensibilmente in tutte le ripartizioni geografiche (in particolare, nel Nord-est, -55,0%), ad eccezione del Nord- ovest, in cui sale del 28,5%. Intanto però il peso della manodopera non familiare è salito dal 13,7% del 2010 al 16,5% del 2020. Per quanto riguarda la gestione è ancora limitata la presenza dei capi azienda under 44.

Ma le aziende agricole guidate dai giovani sono quelle che incarnano la nuova agricoltura. Sono quattro volte più informatizzate rispetto a quelle gestite da un capo ultra sessantaquattrenne (32,2% e 7,6%). E i processi innovativi sono comunque trainati dagli under 44.

Anche il titolo di studio fa la differenza. L’incidenza delle aziende digitalizzate è maggiore nel caso in cui esse siano gestite da un capo azienda istruito e ancora di più nel caso in cui il percorso di studi sia orientato verso specializzazioni di tipo agrario. L’innovazione poi è più spiccata nelle aziende che coltivano e allevano con una incidenza del 18,88%, doppia rispetto a quelle che coltivano solo o che svolgono solo attività zootecnica.

L’innovazione fa poi rima con multifunzionalità. Nelle aziende agricole multifunzionali infatti le innovative sono il 39,1% in particolare per la silvicoltura (49,9%) e la produzione di energia rinnovabile (52,5%). Tra le attività connesse cresce soprattutto l’agriturismo praticato dal 37,8% delle aziende multifunzionali, il 16,8% è interessato alla produzione di energia rinnovabile. Due attività in netta crescita rispettivamente con +16% e +198%.

Tra le aziende più digitali quelle impegnate nell’agriturismo (69,3%), agricoltura sociale (71,5%) e fattoria didattica (76,6%). I computer sono più presenti nelle aziende giovani e a pesare è anche il titolo di studio.

Il grado di informatizzazione è legato a filo doppio alla dimensione aziendale, interessa il 78,2% delle grandi a fronte dell’8,8% delle piccole. Un’azienda su 10 ha dichiarato di aver effettuato nel periodo 2018/2020 almeno un investimento innovativo, dall’agricoltura di precisione, all’acquisizione di macchinari, attrezzature, hardware e software a impianti di irrigazione.

Un altro elemento di riflessione è sulle donne. Anche in questo caso il Censimento rileva una flessione in termini di aziende, ma l’impegno in termini di giornate di lavoro aumenta di più rispetto a quello maschile (+30,0% contro +13,9%). E in ogni caso se è vero che ci sono meno donne, sono invece in crescita le manager anche questo il segno di un’agricoltura avanzata, con le imprenditrici pronte a cogliere le nuove opportunità. Complessivamente salgono le giornate di lavoro standard che da 69 del 2010 hanno raggiunto 100 nel 2020. Ed è più numerosa la presenza di manodopera straniera: nel 2020 infatti un lavoratore su tre arriva da Paesi Ue o extra Ue.​



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