Giornate FAI d'Autunno, in Toscana un fine settimana di bellezze da scoprire

Il borgo di Benabbio (foto sito FAI)

Sabato 15 e domenica 16 ottobre 2022 torna il grande evento del FAI. Da Villa Favard al borgo di Benabbio, ecco i luoghi visitabili in Toscana


Giornate FAI d'Autunno Toscana

Giornate FAI d'Autunno Toscana. Il borgo di Benabbio (foto sito FAI)

Sabato 15 e domenica 16 ottobre 2022 tornano, per l’undicesima edizione, le Giornate FAI d’Autunno, il grande evento di piazza che il FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano ETS dedica ogni anno, d’autunno, al patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese, animato e promosso dai Gruppi FAI Giovani, con la partecipazione di tutte le Delegazioni, i Gruppi FAI e i Gruppi FAI Ponte tra culture diffusi e attivi in tutta Italia.

Sono oltre 700 le proposte in 350 città d’Italia, in tutte le regioni: meraviglie da scoprire, nascoste in luoghi poco conosciuti e solitamente inaccessibili, che raccontano storia e natura dell’Italia, spaziando dall’archeologia all’architettura, dall’arte all’artigianato, dalla tradizione alla memoria, dall’antico al moderno, dalla città alla campagna. Dai palazzi delle istituzioni alle architetture civili - ospedali, carceri, scuole e università, e perfino porti - da chiese e conventi a dimore private, ville e castelli, da siti archeologici a moderni centri di ricerca, dai borghi immersi nella natura a parchi, giardini e orti in città, dai villaggi operai ai laboratori artigianali e alle industrie del made in Italy: tutto questo, e molto altro, è il patrimonio culturale dell’Italia che il FAI svela al pubblico in due giorni di festa, di divertimento, ma anche di apprendimento e sensibilizzazione.

Ai partecipanti verrà suggerito un contributo non obbligatorio a partire da 3 euro, che andrà a sostegno della missione e dell’attività del FAI (l’elenco dei luoghi aperti e le modalità di partecipazione all’evento sono consultabili sul sito www.giornatefai.it). Chi lo vorrà, potrà sostenere ulteriormente il FAI con contributi di importo maggiore oppure con l’iscrizione annuale, sottoscrivibile online o in piazza in occasione dell’evento. Le Giornate FAI d’Autunno si svolgono nell’ambito della campagna di raccolta fondi "Ricordiamoci di salvare l’Italia" che il FAI organizza nel mese di ottobre e si inquadrano nell’ambito delle iniziative di raccolta pubblica di fondi occasionale. Con le Giornate FAI d’Autunno 2022 si avvia la collaborazione tra FAI e ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani nell’ambito di un Accordo recentemente firmato, volto a sviluppare e diffondere buone pratiche e a sensibilizzare i Comuni Italiani sulla salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico italiano.

Giornate FAI d'Autunno, le aperture in Toscana

Elenco completo dei luoghi aperti in TOSCANA, giorni e orari di visita e modalità di partecipazione QUI

FIRENZE

Villa Favard sui Lungarni
La Villa fu fatta edificare da Fiorella Favard de l’Anglade, donna colta, affascinante ed estremamente ricca, che nel 1855 abbandonò Parigi e il marito Michele Favard per trasferirsi a Firenze. Nel 1857, acquistato un lotto di terreno nei pressi del Lungarno Nuovo (oggi Lungarno Vespucci), affidò all'ingegnere-architetto Giuseppe Poggi la costruzione del suo imponente palazzo. La visita alla villa, oggi sede del Polimoda e solitamente non accessibile al pubblico, si svolgerà nei fastosi ambienti di rappresentanza del piano terreno e in alcune sale del piano nobile. Tutti gli ambienti prendevano il nome dai colori dei parati oggi purtroppo scomparsi insieme agli arredi – ed erano riccamente decorati. Sui soffitti delle stanze si possono ammirare affreschi con vari soggetti, desunti dalla grande tradizione barocca o ispirati a componimenti letterari, come la “grande sala da pranzo” in cui Annibale Gatti ha rappresentato personaggi tratti dalla Gerusalemme Liberata e il Trionfo del Tasso oppure il “Salon Bleu ciel” con la visione del Trionfo d’Amore dipinto da Cesare Mussini. La “Sala da ballo” stupisce invece per i suoi stucchi bianchi e dorati, dovuti alla maestria di Ottavio Pucci, al quale si accostano, anche in altri ambienti, gli arredi lignei di Angiolo Barbetti. E ancora, al primo piano si potranno vedere gli ambienti privati della baronessa.

Villa Favard a Rovezzano

Villa Favard, Rovezzano Firenze (foto sito FAI)

Villa Favard a Rovezzano, considerata fra i modelli più riusciti di nobile dimora suburbana fiorentina, con l'ampio parco pubblico che la circonda, si trova alla periferia est di Firenze, sulla via Aretina. L'attuale costruzione risale alla seconda metà del Duecento quando si presentava come un insediamento rurale fortificato. La fattoria appartenne inizialmente alla famiglia patrizia dei Cerchi, a capo della fazione politica dei Guelfi Bianchi; nel 1493 fu ceduta ai Riccardi e da questi ai Bartolini Salimbeni che a inizio Cinquecento incaricarono il valente architetto e intagliatore, Baccio d'Agnolo di ricostruire l'edificio e sistemare lo spazio esterno. Il complesso assunse quindi l'aspetto di una villa rinascimentale con ampio loggiato e giardino "all'italiana". Dal 1855 divenne proprietà di Fiorella Favard de l'Anglade che chiamò Giuseppe Poggi per ammodernare gli interni, le facciate e il parco. Le trasformazioni più significative l’architetto le effettuò al piano terra dove realizzò un grande salone da ballo in stile neorinascimentale, ricavato dal cortile porticato originale, che divenne il fulcro centrale della villa. Nel 1982 il complesso è stato acquistato dal Comune di Firenze, che mantiene ancora oggi la piena proprietà del parco, mentre la villa nel 1993 è stata concessa in comodato alla Provincia di Firenze e, dopo lunghi restauri terminati nel 2014, è diventata la prestigiosa sede distaccata del Conservatorio di Musica "Luigi Cherubini" in continuità ideale con la passione per la musica di madame Favard.

Villa medicea del Poggio Imperiale – Educandato Statale della SS. Annunziata
Le prime notizie della Villa, che domina da un lato la vallata dell’Ema e dall’altro Firenze, risalgono al 1427. Divenuta in seguito proprietà dei Pandolfini prima e dei Salviati poi, l’edificio venne confiscato nel 1564 da Cosimo de Medici. Passata tra i beni del Ducato, il Poggio divenne residenza prediletta delle donne di casa Medici: di Isabella, personaggio colto e affascinante e figlia amatissima di Cosimo ed Eleonora di Toledo, di Maria Maddalena d’Austria, sposa nel 1608 di Cosimo II, e di Vittoria della Rovere, moglie di Ferdinando II dei Medici. Fu sotto la reggenza delle due granduchesse che la villa venne ampliata, trasformata e decorata al suo interno con raffinati affreschi che tutt’oggi la rendono uno degli esempi più rappresentativi del Seicento fiorentino, nonché il simbolo della potenza raggiunta dalle donne nella corte medicea. Dal 1865 la villa è sede dell’Educandato Statale della SS. Annunziata e accoglie ragazze provenienti da tutta Italia e dall’estero. Inoltre, nel 2013 è stata inserita nella lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO come parte del sito seriale “Ville e giardini medicei in Toscana”. La visita proposta dal FAI ne ripercorrerà le antiche funzioni, mostrerà la sala dell'udienza con gli affreschi dedicati al mondo femminile di regine, sante e imperatrici e giungerà fino alla segreteria di Pietro Leopoldo affrescata da Giuseppe Fabbrini, da cui si potranno vedere anche parte dei giardini.

IMPRUNETA (FI)

Castello di Montauto – Vallecchi
Visite su prenotazione – ingresso dedicato agli Iscritti FAI
Edificato nel Medioevo come fortilizio, appartenne alla famiglia ghibellina dei Pegolotti e poi ai Montauti che da questo luogo presero origine. Fu Bastiano, vicino al duca Cosimo I de' Medici, a trasformarlo in una villa suburbana rinascimentale, concepita come luogo di delizie. L'acquisto del complesso nel 1572 da parte di Giovanni Niccolini, appartenente ad una delle più potenti famiglie in Toscana, portò alla creazione di un'importante collezione d'arte e alla trasformazione nella metà del Seicento in una delle più aggiornate residenze barocche in Toscana. Il castello ebbe una nuova vita a partire dal 1949 con il passaggio di proprietà a Enrico Vallecchi, figlio di Attilio, il fondatore della casa editrice che è stata portavoce delle maggiori correnti culturali italiane, ai cui eredi appartiene ancora oggi. Il Castello attualmente non è aperto al pubblico, se non a seguito di specifiche richieste ed eventi autorizzati dai proprietari. La visita proposta in occasione delle Giornate FAI avrà un taglio storico-artistico e si articolerà fra l’esterno e i due principali ampliamenti interni, effettuati nel corso del Cinquecento e del Seicento. I visitatori potranno ripercorrere la storia del complesso e dei suoi più importanti proprietari attraverso gli ambienti più caratteristici e significativi.

LIVORNO

Silos granario – il gigante del porto
Il Silos granario si trova all'interno del porto di Livorno ed è un gioiello di archeologia industriale, nonché un pezzo di storia della città. La superficie su cui sorge è ora oggetto di un percorso di valorizzazione da parte della Porto Immobiliare s.r.l., proprietaria del Silos e dei terreni limitrofi, che ha come obiettivo la riqualificazione dell'area. La costruzione del Silos risale al 1921 e rientra in una serie di opere che miravano a rendere il porto un porto industriale moderno, dotato di una struttura atta alla conservazione del grano che fosse al contempo industriale, ma anche un ambiente di lavoro sano e accogliente. L’inaugurazione avvenne nel 1924. Le visite proposte nelle Giornate d’Autunno si snoderanno all'esterno e all'interno dell'edifico, solitamente non accessibile al pubblico, e faranno scoprire la storia dell'area e del Silos, ripercorrendo il percorso che svolgeva il grano, da quando sbarcava dalle navi, a quando veniva poi comprato dai rivenditori locali. Gli iscritti FAI avranno inoltre la possibilità di estendere la visita, accedendo eccezionalmente ai seminterrati, dove si possono apprezzare particolari e ambienti che soltanto gli addetti ai lavori hanno modo di vedere.

MONTIERI (GR)

Montieri, Castello Minerario
Montieri è il più antico castello minerario della Toscana. La storia antica, e poi moderna, di questo borgo medievale è indissolubilmente legata all'attività metallurgica, prima argentifera, proseguita poi con l'estrazione del rame e infine con la pirite per la produzione di acido solforico. La ricchezza del sottosuolo ha modellato le strutture del castello che, ancora oggi, mantiene intatto un fascino antico e rimanda, con le sue case torri, il cassero e alcuni palazzi signorili, ai fasti dei tempi che furono e a un'antica magnificenza e ricchezza. Oggi Montieri è un'eccellenza eco europea, comune 100% rinnovabile dal 2015 e finalista del REGIOSTARS award a Bruxelles nel 2017, situato all'interno di un geoparco UNESCO, il Parco Nazionale delle Colline Metallifere, e in un contesto ambientale e paesistico di incredibile valore. Le visite proposte dal FAI riguarderanno l'antico castello di Montieri, le sue vie e i vicoli del centro storico, recentemente riqualificati in occasione della realizzazione del teleriscaldamento geotermico, e saranno allietate da dame e popolani in costume e dalla riproposizione di scene di vita quotidiana nel Medioevo, oltre che da gustose ricette locali preparate dalle donne del luogo.

PISA

Villa del Gombo

Villa del Gombo (foto sito FAI)

Visite su prenotazione Porte aperte a Villa del Gombo nel Parco di San Rossore, storica residenza estiva dei presidenti della Repubblica e luogo di soggiorno di capi di Stato stranieri. Alla fine degli anni Cinquanta la tenuta di San Rossore fu annessa ai beni del Capo dello Stato e il presidente Giovanni Gronchi decretò la realizzazione di una villa presidenziale, da costruire dove sorgeva il vecchio casino di caccia dei Lorena, ormai ridotto a rudere. Il nuovo edificio fu progettato dagli architetti Amedeo Luccichenti e Vincenzo Monaco: l'area prescelta fu interessata da un ampio progetto di risanamento ambientale e paesaggistico che vede oggi la presenza di oltre 350.000 piante e di un vasto prato. La villa, che si estende su circa 640 m², è sollevata da terra mediante quattro supporti d'acciaio e la compatta volumetria è alleggerita da ampie superfici vetrate. Durante la visita se ne potranno apprezzare l’architettura e anche alcuni accorgimenti di impiantistica anticipatori di principi della bioarchitettura, come la regolazione della temperatura che si basa sull’esposizione del sole. Oggi l'edificio, passato alla Regione Toscana, è stato restaurato per recuperarne la piena integrità e funzionalità a uso della cittadinanza. In occasione delle Giornate FAI d’Autunno in provincia di Arezzo apriranno le loro porte tre storici musei d’impresa:

SANSEPOLCRO (AR)

Museo delle Erbe – Aboca Museum
Visite su prenotazione Un prestigioso palazzo rinascimentale, l'antica tradizione dell'utilizzo delle piante medicinali e del potere terapeutico delle erbe, la storia dell’azienda Aboca attraverso due diversi percorsi, uno storico, l'altro interattivo e multimediale. Il percorso storico vede esposte collezioni di antichi cimeli dal pregiato valore storico, scientifico e artistico: mortai, ceramiche da farmacia, vetrerie, preziosi erbari e sorprendenti attrezzature da spezieria che introducono il visitatore alla scoperta della storia millenaria che lega l'uomo alle piante medicinali. La suggestiva ricostruzione dei laboratori di lavorazione permette di fare un emozionante viaggio nei secoli attraverso le evoluzioni tecniche, le scoperte scientifiche e le innovative strumentazioni di precisione con curiosità, aneddoti e l'inebriante profumo delle piante officinali. Con Aboca Experience si racconta invece il lavoro di ogni giorno dell’azienda, con un percorso interattivo: dall'agricoltura biologica alla ricerca scientifica con le più moderne biotecnologie, agli stabilimenti di produzione fino alle pubblicazioni della casa editrice. Durante le Giornate d’Autunno i volontari accompagneranno i visitatori in un percorso storico e multimediale alla scoperta dell’eterno rapporto tra uomo e le erbe.

PRATOVECCHIO STIA (AR)

Museo dell’Arte della Lana e del Ferro Battuto

Museo della lana e del ferro (foto sito FAI)

Visite su prenotazione Il vecchio complesso del Lanificio di Stia è un gioiello di archeologia industriale, un luogo che parla della storia dei suoi abitanti e che per anni, dagli anni 60 dell'Ottocento, è stato prima di tutto il luogo di lavoro di tanti stiani. Oggi il Museo, voluto dalla Fondazione Lombard, ultimi proprietari del lanificio, ospita ancora gli imponenti macchinari e ripercorre tutte le fasi di lavorazione artigianale e industriale della lana e del celeberrimo panno casentinese. Il Lanificio alla fine del primo conflitto mondiale contava ben 500 operai, 136 telai e produceva oltre 700.000 metri di stoffa, tanto da diventare il lanificio fornitore ufficiale della Reale Casa Savoia. È con queste macchine che veniva prodotto il celeberrimo panno casentinese, che ebbe tra i suoi estimatori il barone Bettino Ricasoli, Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini così come Gabriele d'Annunzio. Nell'ottica della creazione di un polo culturale unico nel suo genere il Lanificio di Stia è stato arricchito dalla presenza del neonato Museo del Ferro Battuto, frutto dei progetti creativi di centinaia di artisti internazionali che da più di 40 anni animano la Biennale Europea d'Arte Fabbrile di Stia.

ANGHIARI (AR)

Museo Busatti
Visite su prenotazione A fine Settecento, a seguito dell'invasione francese, le truppe napoleoniche decisero di istallare ad Anghiari una produzione di divise destinate alla Grande Armée. È qui che prende avvio il sodalizio indissolubile tra la famiglia Busatti e i tessuti ed è qui che Giovan Battista Busatti ha l'intuizione di introdurre nelle cantine del Palazzo Morgalanti, ancora oggi sede dell’azienda, la lavorazione della lana per dare coperte, uniformi e indumenti ai soldati napoleonici. Nel 1842 Mario Busatti introduce nel suo laboratorio otto telai di legno più un'orditura e mette al lavoro una decina di tessitrici: è questa la data ufficiale d'inizio della tessitura Busatti. In poco meno di un secolo non solo le cantine ma tutti i cinque piani del palazzo sono diventati la sede di una produzione tessile che ancora oggi è sinonimo di artigianalità e qualità. Durante le Giornate FAI i visitatori verranno accompagnati in un percorso che, attraverso strumenti, macchine, immagini, tessuti e testimonianze dei lavoratori, ripercorre la storia dell’azienda.

PESCIA (PT)

Palazzo Galeotti, l’arte a Pescia
Palazzo Galeotti Museo Civico di Pescia che fa parte del progetto “Uffizi Diffusi “accoglie il visitatori con l’atmosfera amabile e pacata del lusso di provincia. Sale dai pavimenti in cotto lucidato a cinabrese, pareti damascate e decorate a balze con motivi architettonici e affreschi, soffitti dipinti a medaglioni, lampadari ottocenteschi in vetro, porte decorate su entrambi i lati con silenziose divinità e squarci di prospettive di edifici: un’alcova di gusto rococò dall’arco in stucco rivestita di seta dorata, un piccolo locale in cui il verde delle pareti, allusivo di uno spazio en plein air, traspare sotto un drappeggio di pizzo dipinto. L’ampio salone- teatro delle feste su due piani dal ballatoio sinuoso in ferro battuto dove suonavano i musici, oggi ospita le tavole di Neri di Bicci, L’Annunciazione e i santi Apollonia e Luca Evangelista e l’Incoronazione della Vergine con angeli e santi. Nove opere provengono dalla galleria degli Uffizi e dai primi anni del 1900 erano in deposito al museo di Pescia grazie all’iniziativa del direttore Carlo Stiavelli, il quale con lo scopo di accrescere il profilo culturale della collezione le chiese alle Regie Gallerie di Firenze. Le opere scelte furono inviate per una questione di gusto legata a una idealizzazione di Pescia quale borgo radicato nel suo passato di comune sempre fedele alla città del Giglio. Il 15 ottobre rientrerà per l’occasione delle GFA e sarà visibile l’opera la Madonna col bambino e San Giovannino attribuita a Antonio del Ceraiolo appositamente restaurata per Pescia.

COLLE DI VAL D’ELSA (SI)

Palazzo Arcivescovile

Palazzo Arcivescovile, Colle di Val d'Elsa (foto sito FAI)

Nella sala S. Alberto all'interno del Palazzo Arcivescovile, si trova oggi un importante ciclo di affreschi del XIV secolo di eccezionale particolarità ritrovato fortuitamente nel secolo scorso sotto strati successivi di intonaco e riportato alla luce. Gli affreschi, per la loro ubicazione all'interno del palazzo Arcivescovile sono poco noti al grande pubblico. Gli affreschi colpiscono per la loro particolarità. Si tratta infatti di un ciclo a carattere profano, ispirato a temi cavallereschi, che al momento presenta ancora incertezze di interpretazione. Accanto a rappresentazioni più tradizionali come "Aristotele e Fillide" vi sono infatti altre più particolari, come una scena di caccia ricca di dettagli o una di assalto a una città, con cavalieri in armi, che si sono prestate a più interpretazioni. Il ciclo è ad oggi poco studiato, anche se in tempi recenti una ricerca ha permesso di attribuire gli affreschi al "Maestro della Pietà". Essi occupano per intero tre pareti della sala Sant'Alberto e, pur con qualche mancanza, si trovano in un discreto stato di conservazione.

POGGIO A CAIANO (PO)

Villa il Cerretino
Adagiata sulle colline di Poggio a Caiano, Villa il Cerretino prende il nome dal piccolo bosco di Cerri, forma dialettale con cui anticamente si indicava la quercia, nel quale è immersa nei pressi di Bonistallo. Le sue origini risalgono al tredicesimo secolo quando venne costruita sui resti di antico fortilizio; tutt'ora mantiene un insolito schema a corte centrale con elementi tipici delle fortificazioni. Dopo varie proprietà, nel 1453 divenne proprietà di Terranova Bracciolini, letterato e famoso umanista, per poi passare ai Bini e poi ai Medici ai quali è legata la notorietà della villa. Dal punto di vista architettonico, nei secoli subì vari cambiamenti. All'architettura militare del tardo Quattrocento si mischiano elementi dell'edilizia rurale e della villa nobiliare tipici dei secoli XVI e XVII, con grandi finestre inginocchiate presenti sul fianco orientale e posteriori e il prato superiore al quale risponde il piano nobile della villa. Nel Settecento il torrione fu trasformato in cappella, con un soffitto interamente decorato. Acquistata e ristrutturata negli anni Settanta dagli attuali proprietari, gli arredi sono stati studiati e realizzati su disegni degli anni Settanta da Poltronova e i giardini realizzati su progetto di Pietro Porcinari. Gli spazi sono occupati da opere d'arte e lavori di esponenti della Pop Art italiana degli anni Sessanta tra cui Valerio Adami, Mario Ceroli e tutta la scuola di Pistoia che comprende artisti come Barni, Buffoni e Ruffi.

BAGNI DI LUCCA (LU)

Benabbio

Il borgo di Benabbio (foto sito FAI)

Il borgo di Benabbio sorge sul Colle di Bastia a 417 m. s. l. m., sul fianco destro della vallata della Benabbiana, un affluente di sinistra del torrente Lima. Costituisce fin dall'antichità un luogo di collegamento nevralgico con il Comune di Villa Basilica e Pescia, oltre che con l'Altopiano delle Pizzorne sul quale si apre una splendida vista dalle vie del paese, posizione che ne ha garantito la ricchezza e l'importanza fin dalle origini. L'abitato attuale si è costituito intorno alla Chiesa di Santa Maria Assunta a partire dal 1343, anno dello smantellamento del castello, un atto operato dagli stessi castellani che lo distrussero per sfuggire alla conquista fiorentina. Il paese mantenne la sua indipendenza come “comune rurale” fino all'epoca napoleonica, grazie alla sua grande ricchezza derivante sia dal controllo sulle strade commerciali delle Pizzorne, sia dai bottini dalle campagne militari delle Compagnie di ventura in cui era divisa la popolazione. Benabbio mantiene il suo aspetto di impianto medievale, con case in pietra grezza, tipici lastricati e lavatoi; il suo cuore è l'austera chiesa romanica di S. M. Assunta, un vero scrigno di tesori come il polittico di Baldassarre di Biagio, pittore del 1400 portatore delle istanze del Rinascimento a Lucca e molte altre opere di artisti lucchesi che sono stati innovatori ciascuno nel proprio tempo. All'interno del paese sono conservati anche i 9 oratori, corrispondenti alle 9 compagnie presenti nel paese, tutti di fondazione tardo rinascimentale e barocca.

CARRARA

Accademia di Belle Arti
Fondata ufficialmente il 26 settembre 1769 su volontà di Maria Teresa Cybo, duchessa di Massa e principessa di Carrara, l'Accademia venne creata con lo scopo di promuovere lo sviluppo delle arti, sostenendo al contempo l'industria e il commercio del marmo. Dal 1861, con l'Unità d'Italia, fu dotata di un regolamento ministeriale che ne stabiliva l'ordinamento e ne disciplinava le attività didattiche. Da allora vi transitarono generazioni di studenti, molti dei quali apprezzati a livello internazionale come Carlo Finelli, Pietro Fontana, Pietro Tenerani, Bernardo Raggi, Giovanni Tacca, Luigi Bienaimé, Benedetto Cacciatori, Carlo Chelli e altri ancora. Nel 1923 un regio decreto rifondò l'attuale Accademia con la sola Scuola di Scultura, mentre nel 1969 si aggiunse la Scuola di Pittura, nel 1978 quella di Scenografia e infine nel 1991 quella di Decorazione. In queste due Giornate d’Autunno l'Accademia offrirà al visitatore l'opportunità di ripercorrere le vicende della città di Carrara e delle famiglie che la governarono in un lungo arco di tempo tra il XII e il XIX. Attratti dalla necessità di disporre del marmo più pregiato presente nel territorio apuano, scultori insigni come Antonio Canova fecero dono all’Accademia di "calchi" e "gessi", permettendo all'Istituto di dotarsi di una gipsoteca, a oggi tra le più rifornite a livello nazionale e internazionale, di una pinacoteca e di un teatro anatomico. Inoltre l’Accademia si è dotata nel tempo anche di una notevole collezione archeologica costituita da resti provenienti dagli scavi dell’antica città di Luni e dai ritrovamenti delle antiche cave romane del territorio, ancora oggi visionabili all’interno del cortile dell’edificio principale.

VIAREGGIO (LU)

Villa Argentina

Villa Argentina, Viareggio (foto sito FAI)

Capolavoro in stile liberty e modernista del primo Novecento, Villa Argentina è oggi proprietà della Provincia di Lucca. Fu edificata negli anni Venti per volontà di Francesca Racca Oytana la quale, con il successivo acquisto di un lotto che separava la villa dalla pineta, si occupò in seguito del suo notevole ampliamento. A queste modifiche risale l'intervento di Galileo Chini, celebre artista e maestro delle maioliche, che inserirà sulla facciata un apparato ornamentale in piastrelle ceramiche. Un ulteriore ampliamento avvenne nel 1939 quando la baronessa Arborio di Sant'Elia, figlia della Oytana, completerà la costruzione della torretta, progettata da Alessandro Lippi. Quest'ala della casa è priva di abbellimenti ceramici anche a causa delle direttive del Fascismo, che imponeva di costruire seguendo i dettami del razionalismo. Uscita intatta dalla guerra, tornò a essere utilizzata dai proprietari fino agli anni Cinquanta, quando divenne una pensione. Dopo un periodo in cui versò in un grave stato di abbandono, nel 1989 fu sottoposta a vincolo dal Ministero dei Beni Culturali in seguito alla paventata ipotesi dei proprietari di trasformarlo in una serie di appartamenti. Il piccolo giardino è di chiara impronta esotica, come dimostra la presenza delle Erytrine-Crista-Galli, piante di origine sud-americana, il cui fiore di color rosso corallo è il simbolo della Villa. Al piano terra degno di nota è il portico, un tempo aperto e successivamente chiuso con vetrate, per motivi di necessità funzionale dell'attività alberghiera, e la Sala da Ballo, interamente decorata con stucchi dorati e tele di grande valore.

SAN MARCELLO PITEGLIO (PT)

Borgo di Calamecca Val di Forfora, presso i boschi della tenuta della Macchia Antonini. La prima notizia scritta che lo riguarda si trova in un atto notarile del 767. Nel 1182 il castello per la sua importanza strategica fu sottoposto a un lungo assedio da parte delle milizie pistoiesi, che terminò con la sua presa e distruzione. Ricostruito nel 1332, nel 1530, venne scelto da Francesco Ferrucci e dal suo esercito come stazione di sosta prima della partenza alla volta di Gavinana. Il borgo perse la sua autonomia solo nel 1775 con le riforme leopoldine. Nel 1943 dopo la costruzione delle linea Gotica, nacque nei pressi del borgo il primo nucleo partigiano, denominato Esercito di Liberazione Nazionale - Comando Xl Zona Militare Patrioti. L'intero borgo, costruito sulle antiche basi del castello, conserva lungo le vie, gli sdruccioli e le abitazioni varie decorazioni in pietra serena. Sono di particolare rilievo storico la chiesa di San Miniato, all'apice del paese, di epoca romanica, mentre nella piazza centrale si trova una fontana in pietra serena con una vasca rettangolare, volta ad arco a tutto sesto sulla cui chiave è scolpito lo stemma mediceo, e una vasca più piccola. A Calamecca, già nello statuto della comunità del 1526 sono riportati divieti e punizioni a chiunque la danneggi.

Fonte: FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano



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