Piero Bartalucci: "Multiutility e gassificatore errori. Non voterò alle primarie, avrei scelto Schlein"

Storico uomo della sinistra empolese, consigliere comunale con Luciana Cappelli sindaca, autore del libro ‘Passione Coraggio Idee’ sulla storia del locale Partito Comunista, dirigente di alto livello di aziende di servizi per lunghi anni e, ora che è in pensione, presidente della casa del popolo di Santa Maria, Piero Bartalucci è un attento osservatore della situazione politica locale, una persona capace di dare il proprio, autorevole giudizio, su molti dei temi sul tappeto a Empoli e non solo.

Iniziamo dal tema che ha scosso la città. Hai seguito la vicenda gassificatore?
Sì. In generale io non sono contro gli impianti e la mia esperienza professionale dice che sono necessari. Due cose, però, mi lasciano perplesso.

Quali?
Una è la soluzione tecnologica che è a livello di prototipo. Secondo me è stato proposto qui da noi perché pensavano che la situazione politica lo avrebbe permesso. Io di gassificatore ho conosciuto solo quello di Greve in Chianti che non ha mai funzionato. L’altra è la localizzazione scelta, a ridosso della frazione di Marcignana e quindi dell’abitato.

Politicamente questa vicenda cosa ha detto?
Che il mondo è cambiato, non ci sono più le chiese e, in determinate scelte, bisogna considerare quello che pensa la gente. Io una manifestazione di tremila persone contro l’amministrazione a Empoli non l’avevo mai vista ed è una cosa che lascerà un segno.

Peserà anche per le elezioni del 2024?
Penso di sì, cercheranno di recuperare e non a caso la sindaca sta facendo il giro nelle case del popolo per incontrare le persone, ma siamo sulla difensiva e non ci si doveva arrivare. Di un manager come Irace che oggi è qui e domani in un altro posto non ci si può fidare. Davanti alla proposta avanzata serviva la forza di studiare in profondità il progetto prima di dire sì.

Da uomo che ha lavorato nei servizi, cosa pensi della Multiutility?
Come strumento non è sbagliato, ma se viene fatta per il privato allora non va bene. Nell’accordo che è già fatto e sarà firmato a giorni entrano le multinazionali a cui non interessa niente della gente, di sicuro è uno schema che non mette al centro il cittadino.

Esistono anche altri modelli come quello di Gaia dove fra l’altro è presente l’empolese Paolo Peruzzi nelle vesti di direttore generale. Lui, nella gestione degli acquedotti, è una persona molto preparata, una mente. Quell’esperienza poteva essere uno spunto di riflessione. L‘acqua è diversa dagli altri servizi ma basta vedere cosa è successo dopo il referendum per capire la situazione. Si va contro a quello che la gente in larghissima maggioranza aveva chiesto.

Nel 2019 dicesti che il Pd a Empoli non avrebbe mai perso perché è qualcosa di più di un semplice partito. Sempre convinto?
La vedo un po’ più difficile rispetto ad allora, ma il freno al cambiamento c’è. A cose normali qui a Empoli si perderebbe molto di più di quanto non è stato perso nel 2019 e quello che potrà essere perso nel 2024. C’è sempre stato un calando, ma una subcultura rossa regge sempre.

La destra locale è pronta per l’alternativa?
No, non vedo chi possa riuscire a farcela a scalzare il Pd. La fortuna è anche questa.

Il 2024 segnerà la fine dell’esperienza politica locale di Brenda Barnini, la persona che ha retto la sinistra empolese negli ultimi dieci anni. Come vedi questo passaggio? Ed è stata costruita un’alternativa?
Secondo me no, c’è un gruppo di giovani ma non vedo qualcuno pronto e soprattutto che sia stato preparato in un certo modo. Vedo molte iniziative a spot, inaugurazioni, nastri, cose che vanno bene ma il gruppo dirigente si forma in altro modo, non portando la fascia a chi ha cento anni o a chi inaugura un negozio. Poi ovvio che ci sono ragazzi in gamba che magari possono sopperire con lo spirito di gruppo.

Proviamo a fare un nome?
Fabio Barsottini è un nome anche per il ruolo e le deleghe che ha, mi riferisco soprattutto all’urbanistica.

Alziamo lo sguardo a livello nazionale: sono ormai prossime primarie del Pd. Sensazioni?
Un partito di sinistra deve anzitutto chiarire quale è il modello di partecipazione alla vita del partito.

La famosa identità di cui tanto si parla
Sì, cioè la visione, le aree programmatiche dei vari settori e le nuove proposte da studiare e lanciare. Sono i tre livelli di cui parla Floridia nel suo libro. Queste tre componenti, se interagiscono, costituiscono l’identità.

Dopo le dimissioni di Letta se ne è parlato tanto. Non è stato fatto?
Secondo me no, siamo rimasti al confronto fra le correnti che sono la rovina del partito. Attenzione, non perché non ci debbano essere, ma per come sono state formate dopo il 2007. Mancando l’identità del partito, però, è rimasta solo una discussione sui posti facendo diventare il Pd il partito degli eletti, dei sindaci, degli assessori e via dicendo. Le correnti devono essere aree culturali che magari si scontrano ma che arrivano ad una sintesi, cosa che ora non avviene. E poi c’è la questione del modello organizzativo.

Cioè?
Una direzione nazionale con 150 persone non decide niente. E’ la base che poi esprime il vertice, mentre ora è l’esatto contrario. Si sceglie il capo che poi porta la sua squadra. Senza una base solida nella società non si va lontano. Io non ho ancora capito se questo confronto fra le aree culturali su cui nasce il partito è possibile o no. Se la risposta è no, vuol dire che si è sbagliato a farlo il Pd.

Come si esce da questa situazione?
Non è facile. La prima cosa è capire che serve tempo, tutto l’ampio mondo della sinistra dovrebbe fermarsi dando vita ad un congresso per definire le basi programmatiche. Non sono cose che si possono fare in due mesi. Sono però convinto che comunque, se questo percorso venisse iniziato, porterebbe anche consenso prima della sua conclusione, darebbe un’immagine di serietà del progetto che la gente capirebbe premiandolo alle urne. Per fare tutto questo serve anche umiltà.

Il rapporto con la base popolare che il partito un tempo aveva è recuperabile?
Difficile dirlo. La domanda di sinistra nel paese c’è, il problema è intercettarla in un mondo che è cambiato rispetto al passato, specie ora che manca la cultura politica.

Ovvero?
La cultura politica si fa nei circoli, con le riunioni, tornando a tessere i rapporti con la gente, cercandola, confrontandosi, organizzando serate, cosa che prima si facevano mentre ora no.

Sei iscritto al Pd?
No

Andrai a votare alle primarie?
Penso di no, non sarebbe serio visto che non condivido troppe cose. Dopo il 2010, quando sono uscito dal consiglio comunale, ho lasciato la tessera. Ora sono impegnato con la casa del popolo di Santa Maria dove ospitiamo tutti. E’ importante, c’è bisogno di confrontarsi.

Nel caso chi avresti votato?
Elly Schlein. Credo che abbia una sensibilità più vicina alle cose di cui si parlava prima, anche se pure lei è ingabbiata in questo sistema.

Marco Mainardi

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