Gli Uffizi omaggiano Rudolf Levy, pittore ebreo esule a Firenze, ucciso ad Auschwitz

Si apre oggi in Palazzo Pitti la mostra “Rudolf Levy (1875 -1944) - L'opera e l'esilio”. In fuga dal regime nazista, Levy visse i suoi ultimi (e più prolifici) anni a Firenze prima di essere deportato ad Auschwitz. La mostra sarà visitabile fino al 30 aprile.

Il Terzo Reich aveva cancellato la sua produzione, marchiandola come arte degenerata.

A quasi ottant’anni dalla morte e a pochi giorni dalla ricorrenza del Giorno della Memoria le Gallerie degli Uffizi rendono omaggio al grande pittore espressionista tedesco, allievo di Henri Matisse.

Gli Uffizi hanno dedicato a Levy una grande retrospettiva, che copre tutta la sua attività. Le 47 opere in mostra racconteranno la tormentata esistenza di Levy attraverso i suoi dipinti, dagli anni giovanili fino a quelli dell’esilio, tra cui gli ultimi trascorsi proprio a Firenze e considerati i più prolifici dal punto di vista artistico.

La vita di Levy. Il giovane Levy inizia a dipingere in Germania sotto la guida di Heinrich von Zügel, uno dei fondatori della Secessione di Monaco. Si trasferisce poi a Parigi, dove frequenta assiduamente la scuola di pittura di Henri Matisse. Dopo aver combattuto nella prima Guerra Mondiale, va a vivere a Berlino: è qui che nel 1922 realizza la sua prima mostra personale, facendosi conoscere ad una cerchia più ampia di pubblico e critica. Quando iniziano le persecuzioni naziste contro gli ebrei, Levy lascia la Germania e iniziano le sue peregrinazioni, le cui tappe principali sono Maiorca, poi la Francia, gli Stati Uniti, la Dalmazia. Nel gennaio del 1938 approda in Italia; dopo un soggiorno ad Ischia e un anno circa trascorso a Roma, nel 1941 arriva a Firenze. Nella sua stanza-atelier a Palazzo Guadagni in piazza Santo Spirito, Levy ritrova la perduta felicità creativa: dal 1941 al 1943 realizza oltre cinquanta dipinti, in prevalenza nature morte e ritratti. Il 12 dicembre del 1943, dopo l'occupazione tedesca, viene arrestato e incarcerato alle Murate, quindi trasferito a Milano a San Vittore. Il 30 gennaio 1944 è messo su un treno per Auschwitz, nello stesso trasporto di Liliana Segre. Giunto ad Auschwitz viene presumibilmente avviato subito alle camere a gas perché considerato troppo vecchio per essere utilizzato per il lavoro da schiavo e la sua presunta data di morte è quella dell’arrivo del convoglio ad Auschwitz, il 6 febbraio 1944.

L'esposizione delle opere. La mostra di Palazzo Pitti, nata da un’idea di Klaus Voigt, insigne studioso dell’esilio di ebrei e antinazisti in Italia, ha lo scopo di far conoscere Levy al grande pubblico.

L’esposizione si articola in tre sezioni. La prima illustra una selezione di opere giovanili dipinte fino alla prima Guerra Mondiale, dove è forte l’influenza di Henri Matisse.

I dipinti dal 1919 al 1933, periodo precedente all’esilio costituiscono il secondo capitolo del percorso: ancora centrale, in questo nucleo di lavori, il costante dialogo con l’arte di Matisse ma anche con quella di altre avanguardie.

La terza parte rispecchia l’opera tarda nell'età dell'esilio, dal 1933 al 1943, ed accoglie dipinti che furono esposti in mostra a Firenze nel 1946 e nel 1950. In aggiunta, ve ne sono altri mai esposti finora in Italia, che si trovano oggi in collezioni private e pubbliche, soprattutto in Germania.

Infine, è dedicato un approfondimento agli oggetti appartenuti all'artista, come fotografie e lettere, che insieme a cataloghi e documenti ufficiali, offrono una testimonianza preziosa sulla sua vita.

La mostra, con varianti, si sposterà nell’autunno a Kaiserslautern in Germania.



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