60 anni ma non li dimostra: intervista a Claudio Chiappucci, El Diablo del ciclismo

Claudio Chiappucci
Claudio Chiappucci

Tre volte sul podio al Tour e al Giro, classiche vinte ma soprattutto quello stile unico di correre, sempre all’attacco, sempre alla ricerca della fuga, come stile di vita


Claudio Chiappucci, per chi scrive, è un mito, l’unico mito sportivo del ciclismo. Perché la prima corsa vista in tv e la prima vista dal vivo coincidono con due sue grandi imprese e quindi non poteva andare diversamente che così. L’intervista a Chiappucci, che ha appena compiuto 60 anni, essendo nato il 28 febbraio 1963, è quindi un omaggio a uno sportivo che ha fatto sognare gli appassionati tra la fine degli anni ottanta e la prima metà dei novanta, anche quelli toscani perché la Toscana è terra di ciclismo.

E Chiappucci è legatissimo alla nostra Toscana, la sua famiglia è originaria della Lunigiana, anche se lui è cresciuto in Lombardia, in provincia di Varese. In Toscana ha vinto, tra le altre corse, la Coppa Sabatini 1993, una premondiale molto importante in quel periodo.

Così, nell’intervista video che trovate qua c’è il racconto di quella gara, l’amicizia con gli organizzatori di Peccioli ma anche la storia dei suoi grandi giri, le imprese storiche come la Milano-Sanremo e il Sestriere 1992, il rimpianto per il Mondiale di Agrigento del 1994.

E poi: cosa significa andare in fuga?

Un aggettivo e una breve descrizione dei rivali dell’epoca da Indurain a Bugno, fino a Tonkov, Argentin e Cassani.

Sa e sapeva di essere speciale, el Diablo: la sua passione in bici ha fatto innamorare migliaia di appassionati, il suo modo di correre generoso, spettacolare ma troppo spesso considerato istintivo. Claudio spiega invece come spesso le imprese venivano preparate a tavolino, cosa significa “avere classe” per un ciclista e che a volte, ancora oggi, sogna il ciclismo “e sono sogni di valore immenso”.

René Pierotti



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