
Uno straordinario spettacolo all'Orcio d'oro, venerdì 24 gennaio alle 21,30.
La direzione dell'Orcio annuncia con orgoglio la presenza del Teatro Nucleo di Ferrara, una compagnia storica (esiste da più di cinquant'anni), nata in Argentina e poi trasferitasi in Italia, al tempo della dittatura e delle madri di plaza de Mayo, a Buenos Aires.
Lo spettacolo si lega ai temi della malattia mentale, a partire dalla splendida mostra di ANDREA BACCONI, in corso fino al 25 febbraio.
Si chiama
MEMORIE DAL REPARTO N.6
da Anton Čechov
con Daniele Giuliani
regia Cora Herrendorf e Horacio Czertok
A più di quarant’anni dalla Legge Basaglia e alla luce dei molti tentativi di revisionare questa legge che segna il superamento dell’istituzione manicomiale italiana. Una conquista di civiltà che rischiamo di perdere.
Con questa pièce, che sembra un’ideale prosecuzione della penultima regia della regista Cora Herrendorf sul tema – “Asylum, il manicomio delle attrici” – dedicata nel 2012 alla poesia e alla vicenda esistenziale di Alda Merini, si torna dunque tra le mura di un manicomio, alla ricerca delle verità di quei corpi e di quelle voci da sempre ridotti al silenzio. Per dirla con lo stesso Čechov, “era una situazione simile a quella di un esploratore che volesse ricavarsi un piccolo luogo nel vivo d’una foresta vergine: con quanto più accanimento lavorasse d’accetta, tanto più folta e possente la foresta gli ricrescerebbe intorno. Alla fine Ivan Dmitric, vedendo che ogni sforzo era vano, smise del tutto di ragionarci sopra e si abbandonò interamente alla disperazione e al terrore”.
La corsia n. 6, pubblicato nel 1892, è uno dei racconti migliori e più impressionanti di Anton Čechov. Attraverso quel luogo, che è il reparto psichiatrico di uno squallido ospedale della provincia russa, e attraverso l’incontro dei due protagonisti – Andrej Efimjc un medico colto e onesto ma incapace di reagire alle storture, bassezze e brutalità che si snodano davanti a lui e uno dei ricoverati, Ivan Dmitric un giovane intelligente e idealista ma caduto in un delirio persecutorio – Čechov muove una forte critica alla disumanità del trattamento manicomiale e alla corruzione e meschina ottusità serpeggianti nella società, facendo emergere l’inconsistenza e la spietatezza del giudizio sociale e notare quanto sottile sia la linea che separa la cosiddetta sanità mentale dalla pazzia.
Nell’attraversare questa macchina kafkiana il medico-filosofo scopre sulla propria pelle il dolore di tale condizione.
L’epilogo è tragico: egli realizza che in mancanza di veri e giusti interventi concreti, tale dolore non può essere superato che con la morte.
La corsia n°6 non ha alcunché di ideologico. L’atmosfera del racconto è tipicamente cecoviana. I protagonisti – lo psichiatra Andrèj Efimjc e il folle Ivan Dmitric Gromov – sono entrambi, con i loro elevati principi di umanità e di giustizia, piegati dalla vita e dalla storia. Pagano il prezzo di un modo di essere empatico e idealistico che urta contro una realtà sociale impregnata a tutti i livelli di meschinità, opportunismo, corruzione, spietatezza, cattiveria.
Fonte: Ufficio stampa
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