Alla Dogaia un altro morto fra le sbarre

Nuovo lutto nel carcere della Dogaia a Prato, dove oggi pomeriggio un detenuto del 1993 si è tolto la vita inalando il gas di un fornellino che aveva in cella.

La squadra mobile e scientifica si sono recate posto per i rilievi, disposta l'autopsia da parte della procura

Il giovane - secondo quanto riferito dalla Uil Pa polizia penitenziaria- sarebbe un detenuto di origine nordafricana, poco più che ventenne, ancora in attesa di processo per reati di droga ed altro.

"Si ricomincia la conta dei suicidi all interno della casa circondariale di Prato - commenta il segretario regionale Uil Pa polizia penitenziaria Eleuterio Grieco -. Il suicidio sembrerebbe avvenuto attraverso l'inalazione di gas delle bombolette in uso alla popolazione detenuta per riscaldare gli alimenti. Purtroppo l'intervento tempestivo del personale di polizia penitenziaria e del personale di sanitario in soccorso non è servito a scongiurare la morte avvenuta con l'arrivo dell'ambulanza e dell'auto medica inviata dal locale 118".

Grieco ricorda come il carcere di Prato conti oggi oltre 630 detenuti con una capienza stimata a 480. "Con il personale insufficiente, con un comandante in missione non effettivo ed un direttore reggente; la carenza dei sottufficiali, figure chiavi nella gestione dell istituto, sono circa del 70%".

Giovani Democratici Prato: "Il suicidio di un detenuto è una sconfitta dello Stato"

Un dramma che non può essere considerato un caso isolato, ma l’ennesima dimostrazione di un sistema penitenziario che schiaccia le persone invece di offrire loro un percorso di reinserimento. Il carcere, così com’è oggi, oltre ad essere un luogo meramente punitivo è una macchina che genera emarginazione e disperazione. Senza interventi radicali sulla salute mentale, sulle condizioni di vita nelle strutture detentive e sulle alternative alla reclusione, questi eventi continueranno a ripetersi.

Inizia così il comunicato dei Giovani Democratici di Prato.

“Siamo stanchi delle solite parole di circostanza dopo ogni suicidio in carcere” – dichiara Niccolò Ghelardini, segretario dei Giovani Democratici di Prato. “Il problema non è solo l’assenza di psicologi o educatori, ma un modello repressivo che cancella ogni prospettiva di futuro per chi è dentro. Bisogna ripensare completamente il carcere: ridurre il sovraffollamento, investire in misure alternative alla detenzione e riconoscere ai detenuti il diritto alla salute e alla dignità.”

Aggiunge Stefano Ciapini, responsabile attualità dei GD Prato: “Quando un ragazzo arriva a togliersi la vita in una cella, lo Stato ha fallito. Non possiamo più accettare che la soluzione alla marginalità sociale sia la reclusione. Serve una riforma che smetta di considerare il carcere come una discarica sociale e garantisca reali percorsi di reinserimento. La salute mentale non può essere un lusso: è un diritto fondamentale, e in carcere diventa una questione di vita o di morte. Servono più psicologi, un monitoraggio costante dei soggetti a rischio e un potenziamento dei servizi di supporto, dentro e fuori il carcere. Senza questi interventi, continueremo solo a contare le vittime di un sistema disumano.”

I Giovani Democratici di Prato chiedono un’inversione di rotta immediata: più risorse per la salute mentale in carcere, la fine del sovraffollamento e un piano nazionale per alternative alla detenzione, perché la risposta non può essere la repressione.

 

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