Eventi alluvionali in Toscana: in Aula le relazioni finali della Commissione d’inchiesta

In Aula le relazioni finali della commissione d’inchiesta sugli eventi alluvionali del 29 e 30 ottobre e del 2 e 4 novembre 2023 in Toscana, presieduta da Elisa Tozzi (Fratelli d’Italia). La relazione di maggioranza del Partito democratico è stata illustrata dal vicepresidente della commissione Francesco Gazzetti, e quella di minoranza, dei gruppi Fratelli d’Italia, Lega (rappresentata in commissione da Massimiliano Baldini) e Forza Italia (Marco Stella), illustrata da Tozzi. La commissione dal suo insediamento, maggio 2024, ha tenuto 22 sedute con 39 audizioni, tra le quali quella del presidente, Eugenio Giani, e dell’assessora regionale all’ambiente, Monia Monni, quelle di sindaci ed ex sindaci dei Comuni interessati, Protezione civile, direzioni regionali, Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino settentrionale, Consorzi di bonifica, i settori del Genio civile interessati e i comitati di cittadini sorti a Campi Bisenzio a seguito dell’alluvione del 2 novembre.

Con la nostra relazione vogliamo dare un contributo propositivo – ha detto Gazzettiper migliorare le azioni per la difesa del suolo, consapevoli che si tratta di una priorità alla luce dell’evidente cambiamento climatico e dei relativi effetti sui territori e sulle esistenze delle persone”. “Un contributo – continua – dedicato innanzi tutto a coloro che hanno patito lutti e difficoltà, ma anche a coloro che, in quei giorni, si sono ‘sporcati’ col fango: operatori della Protezione civile, forze dell’ordine, vigili del fuoco, volontariato organizzato, cittadine e cittadini, soprattutto giovani”. I lavori della commissione, come si legge nel testo di maggioranza, hanno evidenziato “la impellente necessità di tutte le risorse economiche necessarie a realizzare tutto il sistema di interventi di riduzione del rischio idraulico ed idrogeologico”, “interventi, anche strutturali, per la riduzione del rischio residuo nelle aree colpite dagli eventi calamitosi”. Interventi che “ammontano, in termini economici, complessivamente a 1,1 miliardi euro.

Gazzetti ha poi, ricordato le proposte in tema di allertamento. Si propone di avviare attraverso la conferenza delle Regioni, “una riflessione sull’opportunità di rivedere le maglie territoriali su cui intervengono le allerte (…) al fine di consentire un maggior dettaglio sulla localizzazione degli eventi e dei relativi possibili effetti”; promuovere “iniziative di omogeneizzazione delle attività dei comuni di informazione alle popolazioni in caso di allerte arancio e rosse”. In tema di organizzazione del sistema di protezione civile, avviare attraverso la conferenza delle Regioni, “una riflessione sull’opportunità di una revisione del Codice di Protezione Civile” “sia sotto l’aspetto delle tipologie di attività finanziabili, sia sotto il profilo di un rafforzamento della capacità dei livelli istituzionali superiori di intervenire a supporto dell’aggiornamento delle pianificazioni comunali di protezione civile, potendo contare sulle risorse necessarie per svolgere tali attività”; proseguire “un’attività di supporto alla diffusione dei contenuti dei piani di Protezione civile dei Comuni; rafforzare il “rapporto con il sistema regionale di volontariato di protezione civile, valutando la possibilità di ulteriori sostegni economici per l’acquisizione di mezzi e materiali e attività formative e di aggiornamento”. In tema di riduzione del rischio idraulico e idrogeologico residuo, coinvolgere “la Conferenza delle Regioni affinché sia rafforzata la pressione sul Governo perché provveda a finanziare gli interventi per la riduzione del rischio residuo nelle aree colpite dagli eventi calamitosi”; implementare “ulteriormente la qualità dell’attività svolta in materia di difesa del suolo dai Consorzi di Bonifica, anche in termini di attività di prevenzione”. Infine, in tema di attività a livello europeo, occorre riprendere in sede europea le proposte frutto della risoluzione approvata all’unanimità dalla commissione Europa del Consiglio regionale, per il “celere stanziamento delle risorse europee per far fronte ai danni causati da eventi atmosferici”. Ancora, si ritiene “necessario riflettere anche su modifiche rispetto alle tempistiche di erogazione di questi interventi”, obiettivo per il quale “si rinnova l’impegno ad attivarsi nei confronti della Commissione europea”, per ridurre i tempi burocratici, rendere immediatamente fruibili le risorse per far fronte all’emergenza e incrementare il fondo di solidarietà. Infine, si richiede che si sviluppi a livello statale, nel confronto fra Stato e Regioni, “una riflessione sulla determinazione dell’IVA sia per gli acquisti di beni e servizi necessari alle popolazioni danneggiate per affrontare e superare l’emergenza e ripristinare la vivibilità dei propri alloggi e la funzionalità delle proprie attività produttive, sia per quanto riguarda la realizzazione dei lavori somma urgenza da parte degli enti locali”.

La parola poi è passata a Elisa Tozzi per illustrare la relazione di minoranza. “Rischio idrogeologico, messa in sicurezza del territorio e prevenzione – ha detto – sono emersi come temi centrali nell’ambito dell’attività della Commissione di Inchiesta”. Tozzi ha ricordato che “la struttura commissariale ha tutt’ora attiva la gestione dei mandati di pagamento inerenti i ristori conseguenti all’alluvione, che ancora oggi non hanno visto la totale evasione delle domande presentate; un’attività che presumibilmente non è detto si esaurisca in tempi rapidi e che è oggetto di forti sollecitazioni da parte dei comitati dei cittadini, che sono stati ascoltati in occasione della audizioni”. Sui consorzi di bonifica, Tozzi ha ribadito la necessità che la loro attività sia oggetto “di un monitoraggio molto più stringente”. Riguardo all’attività del commissario, “si certifica che, pur in presenza di poteri sostitutivi per attuare rapidamente gli interventi, questi poteri non vengono utilizzati”. Resta da “accertare se sulla base dei poteri straordinari del Presidente della Regione sarebbe forse stato possibile accelerare la realizzazione di opere idrauliche necessarie per ridurre il rischio idrogeologico di molte aree colpite”. Tozzi evidenzia la consapevolezza che “assieme alle grandi opere, oggi occorre predisporre soprattutto un piano straordinario di manutenzione del territorio”, che consenta di accedere ai finanziamenti nazionali, “nel quadro delle opportunità che offre il rinnovato contesto normativo, a condizione che lo si sappia sfruttare al meglio”.

La relazione ritiene inoltre “condivisibile avviare una riflessione con lo Stato perché sia possibile valutare la fattibilità di una diversa regolazione dell’imposta sul valore aggiunto per beni e i servizi riconducibili alle categorie di interventi conseguenti ad eventi calamitosi dotati del riconoscimento di emergenza nazionale”.

Sul reticolo secondario, “dai lavori della commissione – si legge – è emersa una chiara responsabilità in ordine alla scarsa manutenzione, così come alle scelte urbanistiche che hanno portato a costruire dove non si doveva ed a tombare un considerevole numero di corsi d’acqua” e si richiamano le “scelte politiche di chi, ormai da decenni si succede in continuità, nei vari livelli di governo del territorio e della Regione”.

Tra le proposte: un aggiornamento delle attività di monitoraggio e controllo sull’attività resa dai Consorzi di Bonifica in materia di difesa del suolo, anche mediante la previsione di specifiche relazioni a cadenza programmata trasmesse al Consiglio regionale nelle sue funzioni di organi di indirizzo e controllo, nonché di attivazione di specifici istituti consiliari dedicati alle politiche per la difesa del suolo”; di valutare “per quanto attiene le manutenzioni, il superamento della gestione consortile e dell’obbligo di corresponsione del tributo di bonifica”; di adottare “nuove e moderne forme di monitoraggio del territorio, come quelle satellitari, affinché sia continuativamente rilevato lo stato di manutenzione degli argini dei corsi d’acqua, in particolare di quelli del reticolo secondario”; di assumere iniziative “che possano agevolare una risposta univoca da parte dei sindaci di comuni contermini in presenza della medesima allerta”; di valutare una “revisione del sistema di allertamento, di cui alla delibera di giunta regionale 395/2015” e di procedere quindi a una “microzonizzazione del rischio idrogeologico”. Si chiede inoltre “che siano implementate le attività di formazione in favore degli enti locali svolte dal Settore protezione civile regionale, anche al fine di giungere all’adozione di Piani comunali di protezione civile sempre aggiornati”; che sia prevista “una specifica analisi delle criticità idrogeologiche dei territori più soggetti al rischio”. Al fine di “garantire la massima trasparenza per i cittadini”, si chiede di “costituire a fianco della protezione civile regionale una specifica Task Force finalizzata a garantire un sostegno tecnico alle amministrazioni locali, ai cittadini e alle imprese in particolare per quanto concerne la rendicontazione dei danni subiti da eventi meteorologici o frane, così da facilitare l’ottenimento dei ristori”.

In conclusione, la relazione di minoranza sottolinea “che l’utilizzo di tutti i poteri speciali riservati al commissario governativo per il rischio idrogeologico, oggi attivati solo in parte, potrebbe imprimere una svolta nella realizzazione delle opere connesse alla messa in sicurezza del territorio” e ritiene “necessario garantire, anche con risorse regionali, che per le opere di competenza dei comuni, comunque connesse alla riduzione del rischio idrogeologico, sia necessario sostenere le attività di progettazione da parte dei comuni stessi, in particolare di quelli più piccoli”. Per alcuni territori, “in particolare quelli delle aree interne già soggetti ad altri problemi, l’esposizione al rischio idrogeologico potrebbe comportare il completo spopolamento” e si ritiene, quindi, che per questi territori dovrebbero “immaginati e realizzati Piani speciali di intervento”.

Il dibattito in Aula è proseguito con l’intervento di Marco Niccolai (Pd), che ha fatto riferimento “alle valutazioni emerse dall’intervento del portavoce dell’Opposizione Alessandro Capecchi. “Dalle sue parole - ha detto Niccolai - pare che la Regione abbia fatto richieste improprie, che esulano dagli interventi compresi nella lettera D del Codice di Protezione civile. Si tratta di un’affermazione allarmante per i nostri territori, per i nostri comuni, per i nostri cittadini, per le nostre imprese. Se la linea del governo nazionale è di finanziare solo le somme urgenze, siamo sostanzialmente di fronte a un venir meno del supporto per questi territori e ciò equivale a dire loro ‘arrangiatevi’ ”.

Niccolai ha poi parlato della legge 65 del 2014 “che ha un’interpretazione chiara a tutela del territorio”. “E’ necessario capire se questo è un valore condiviso – ha affermato - e se quel provvedimento, che non è ovviamente perfetto, debba essere migliorato oppure se ci siano in quest’Aula forze che lo vogliono smantellare, perché questo sarebbe incompatibile con una pianificazione del territorio attenta alle ragioni della sostenibilità e alle questioni del contrasto degli effetti del cambiamento climatico. Effetti che, dopo il novembre 2023, si sono palesati nella nostra regione con una violenza e con una frequenza mai viste prima”.

A concludere il dibattito è stato l’intervento dell’assessora regionale all’Ambiente e Protezione civile Monia Monni.

Monni ha ribadito come la Toscana sia sempre stata una regione che in prevenzione ha sempre investito molto. “La nostra regione ogni anno investe 200 milioni tra manutenzione e realizzazione di nuove opere idrauliche – ha affermato – . Dunque i 667 milioni che il governo ha rivendicato di averci dato in 10 anni, rappresentano una frazione di quello che ogni anno investiamo. Una cifra importante, ma lontana dal nostro fabbisogno e dal passo che abbiamo scelto di tenere”.

Monni ha sottolineato l’importanza di “introdurre modificazioni anche al concetto di prevenzione”. “Trovo estremamente apprezzabile – ha detto - il percorso che l'Autorità di Distretto ha deciso di intraprendere per modificare le carte che mettono su disegno le aree a rischio, perché oggi oltre alle aree alluvionabili bisogna prevedere anche le aree sottoposte agli eventi rapidissimi, cosiddetti flashflood. Quello che purtroppo sta accadendo in alcuni territori è che si fanno le pianificazioni urbanistiche tenendo conto esclusivamente del PRGA (Piano di Gestione del Rischio Alluvioni) e non dei flashflood, rendendo magari edificabili aree che non sono in una zona di pericolosità elevata, ma che si sono allagate nelle ultime alluvioni. L’urbanistica, le città, devono stare dentro il concetto di prevenzione. È necessario mettere in piedi un processo di mutamento anche mentale, di concezione, di paradigma mettendo a disposizione strumenti innovativi, conoscitivi, ma anche risorse”.

Monni ha poi espresso preoccupazione per il fatto che, “per le recenti alluvioni, a partire da quella del novembre 2023, sono arrivati solo i fondi delle somme urgenze, che sono cerotti, mentre non si sa nulla dei soldi destinati alla riduzione del rischio residuo. Questo è preoccupante perché per l'alluvione del novembre 2023, che era l'oggetto della Commissione di Inchiesta, c'è un piano che stima il danno subito dalla Regione Toscana per oltre 2 miliardi di euro e che ha indicato un fabbisogno di 1 miliardo per gli interventi di riduzione del rischio residuo. È lo stesso piano che abbiamo consegnato all'Europa per avere i 67 milioni del Fondo di Solidarietà Europea, sottoscritto dal Dipartimento e consegnati anche dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Io trovo inaccettabile che di fronte a una difficoltà, il Governo preferisca dire che non si tratta di interventi correlati. Perché di quei soldi abbiamo bisogno. Se non possiamo avere 1 miliardo, diteci quanto possiamo avere e in che tempi. Siamo a maggio e perdere l'estate per fare quelle opere indispensabili, vuol dire perdere un anno. Abbiamo urgenza di avere risposte in questo tempo”. “Il tema che è in gioco è politico – ha concluso Monni - . Noi stiamo discutendo e decidendo se il Governo della transizione ecologica è pubblico o se non lo è. Questa è la posta in gioco. Lo Stato in tutte le sue forme deve farsi carico della sicurezza dei propri cittadini o i cittadini si devono fare l'assicurazione privata? Io credo che spetti al pubblico e che lo Stato debba lavorare per essere in grado di garantire sicurezza ai nostri cittadini”.

Fonte: Toscana Consiglio Regionale

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