
La posizione di Rete Antifascista Montespertoli all'indomani della decisione: "Apprezziamo la scelta del comune. La nostra posizione è chiara"
Ormai è cosa nota: a Montespertoli per la Mostra del Chianti non si farà l'evento coi vini israeliani. La Rete Antifascista di Montespertoli desidera "esprimere apprezzamento per la decisione, da parte del Comune, di annullarlo".
Ancora la Rete Antifascista di Montespertoli: "Riconosciamo il pregio culturale dello scambio e quello scientifico della ricerca che avrebbero valorizzato l'evento in oggetto. Tuttavia riteniamo che la scelta di promuovere prodotti israeliani, in questo contesto storico drammatico, rischiava di essere percepita come una forma di legittimazione o normalizzazione di una situazione gravissima, in cui le responsabilità del governo Netanyahu sono riconosciute a livello internazionale come crimini di guerra e contro l'umanità".
Nella scorsa settimana la Rete si è fatta promotrice di un confronto con altre realtà del territorio sulla scelta dell’invito e, in questo processo partecipativo, "abbiamo rilevato una forte sensibilità comune, la cognizione del fatto che a Gaza sia in corso un massacro quotidiano e che i Territori Palestinesi della Cisgiordania stiano subendo una recrudescenza dell’occupazione in atto".
"Siamo consci che la mobilitazione individuale di tanti cittadini e la comunicazione attraverso mezzi non adatti ad un confronto approfondito, come i social network, possa veicolare forme aggressive di espressione. Tuttavia contestare, anche con fermezza, un’iniziativa istituzionale non equivale a diffondere astio, ma rappresenta l’esercizio di un diritto democratico e una forma di impegno civile. Certamente ci dissociamo da messaggi d’odio e razzismo, ma riteniamo altrettanto importante saper distinguere tra questi e le critiche legittime e costruttive" continua la Rete.
Rete Antifascista Montespertoli contesta anche alcune affermazioni usate nella comunicazione ufficiale del Comune: "Ci appare sconcertante la retorica di un’argomentazione che, accanto alla definizione di “civili ucraini che ancora subiscono le conseguenze dell’invasione russa” e a “civili israeliani vittime del terrorismo”, affianca una “popolazione palestinese travolta da una crisi umanitaria”. Questa dialettica di fatto nega, nella totale spersonalizzazione della “crisi”, il fatto che la responsabilità del massacro di bambini, donne, malati, civili in genere, la distruzione della quasi totalità delle strutture sanitarie e scolastiche, delle risorse energetiche, idriche, alimentari, di infrastrutture e mezzi di sostentamento di ogni genere ai danni della popolazione palestinese, sia il risultato di un sistematico ed efferato progetto di pulizia etnica e coloniale da parte dello stato di Israele".
E ancora: "La nostra posizione è chiara: non siamo mossi dal desiderio di discriminare o isolare singoli individui in base alla loro cittadinanza, rifiutiamo qualsiasi forma di antisemitismo, razzismo o fanatismo. Riteniamo piuttosto che l’accusa di antisemitismo mossa verso chi esprime un dissenso prettamente politico sia, in fondo, lo specchio di una sostanziale mancanza di argomentazioni. Rigettiamo quindi ogni forma di dialettica subdola e ambigua. Auspichiamo invece l’apertura verso un dialogo equilibrato e costruttivo che coinvolga tutta la cittadinanza. Speriamo quindi che quanto accaduto possa rappresentare l’avvio di una nuova fase di sensibilizzazione e comprensione, che possa stimolare un confronto più ampio e consapevole, utile a rafforzare i legami della nostra comunità intorno a valori condivisi di solidarietà, giustizia e partecipazione civile.
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