Strage di via dei Gazzani, 35 anni dopo: chi era Sergio Cosimini, l’assassino dei due carabinieri

Domani, 1 giugno, ricorrerà il 35⁰ anniversario della strage di via dei Gazzani, un tragico evento che ha segnato profondamente la città di Siena e l'Arma dei Carabinieri. Era il 1990 quando due giovani militari del Nucleo Radiomobile, Mario Forziero e Nicola Campanile, furono brutalmente uccisi mentre svolgevano un normale controllo di polizia. A colpirli fu Sergio Cosimini, rivelatosi poi un individuo già autore di un altro efferato omicidio a Firenze.

In occasione della ricorrenza, Marco Cordone, portavoce e fondatore del Comitato "Dalla Parte di Abele", ha voluto esprimere un pensiero in memoria delle vittime, non potendo essere presente fisicamente alla cerimonia che si svolgerà domani a Siena.

"Non potendo essere presente domani 1 giugno a Siena alla cerimonia per ricordare la Strage di via Dei Gazzani dove persero la vita per mano di un criminale, due giovani Carabinieri del Nucleo Radiomobile della città del Palio, sento il dovere di intervenire su questo tragico episodio, per non dimenticare."

Cordone lega infatti quella drammatica vicenda all’omicidio, avvenuto solo pochi mesi prima, di suo padre Antonio Cordone, noto sportivo fiorentino, ucciso il 26 dicembre 1989 a Firenze, in via di Barbacane, sempre per mano di Cosimini. Quell’assassinio, avvolto inizialmente nel mistero e ribattezzato dalla stampa come “Il giallo di Santo Stefano”, era rimasto senza colpevole fino ai successivi fatti di Siena.

“Cosimini, qualche mese prima, aveva ucciso mio padre a Firenze, mentre passeggiava con il cane. Le indagini non portarono a lui e rimase a piede libero. Quando uccise i due carabinieri, venne finalmente catturato.

Grazie a una perizia psichiatrica, Sergio Cosimini venne dichiarato totalmente incapace di intendere e volere e, ai sensi dell'articolo 88 del Codice Penale, ritenuto non imputabile. Evitò il processo e il carcere, venendo internato in un OPG (Ospedale Psichiatrico Giudiziario). Da lì, però, la sua storia giudiziaria si fece ancora più complessa: fughe, trasferimenti e infine l’approdo in una REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza), struttura di cura che non prevede vigilanza armata come gli OPG.

A distanza di decenni – denuncia Cordone – non sappiamo dove sia oggi l’assassino dei nostri cari. È inaccettabile. Le autorità competenti dovrebbero dare risposte alle famiglie delle vittime.”

Cordone, che da anni si batte per una riforma della normativa sulla non imputabilità per vizio totale di mente, ricorda come in Italia ci sia un uso, a suo giudizio, spesso strumentale delle perizie psichiatriche.

Questo sistema giudiziario, così com'è, finisce per uccidere due volte le vittime – sottolinea – e pesa ogni giorno sulle spalle dei familiari.”

L’appello del Comitato “Dalla Parte di Abele” resta quello di non dimenticare e di mantenere viva la memoria, ma anche di spingere per una giustizia che sia davvero equa, trasparente e vicina alle vittime.

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