
Il centro fiorentino difende la scelta di coinvolgere uomini nei percorsi di prevenzione e sensibilizzazione: "Riconosciamo l’esistenza di un modello maschile positivo"
L’assemblea nazionale di Di.Re - Donne in rete contro la violenza ha votato ieri l’espulsione di Artemisia, il centro fiorentino impegnato nel contrasto alla violenza su donne e infanzia, respingendo il ricorso presentato dall’associazione. Il provvedimento è stato adottato a causa della presenza di uomini tra i soci, in contrasto con lo statuto della rete che prevede che i centri antiviolenza siano composti esclusivamente da donne.
"La nostra scelta risponde alla volontà di avviare un cambiamento sociale e culturale che vorremmo vedere nella società -, scrive l'Associazione sul profilo Facebook -. Un movimento unico e unitario di donne e uomini per contrastare la violenza maschile sulle donne e la violenza degli adulti sull’infanzia. Le femministe hanno fatto la rivoluzione più importante della storia e siamo convinte che oggi sia necessario rimettersi in discussione e innovarsi, rispondendo alle nuove sfide che la realtà e le persone che sosteniamo ci pongono di fronte".
Il commento dell'associazione Artemisia
"Ieri 25 ottobre, abbiamo partecipato all'assemblea Di.Re con una delegazione del consiglio direttivo composta dalla presidente Elena Baragli, Petra Filistrucchi (vicepresidente), Annalisa Gordigiani (consigliera), Maria Letizia D'Urzo (consigliera) e Simone Sbraci (socio).
L'assemblea ha ratificato l'esclusione dalla rete Di.Re. La maggioranza delle nostre socie ha deciso di riconoscere l’esistenza di un modello maschile positivo e ha scelto con coraggio perché donne e uomini siano impegnati insieme nella lotta alla violenza maschile e adulta, piuttosto che aderire alla proposta di una collaborazione con i movimenti di uomini, esterni e paralleli (ambassadors, membri di una sorta di advisory board, sostenitori, finanziatori...) sulla base di identità separate.
La scelta della nostra associazione è derivata dal lavoro quotidiano contro la violenza alle donne, i bambini e le bambine e dal lavoro con gli adulti e le adulte che hanno subito violenza durante l'infanzia. È derivata dalla consapevolezza che nella lotta alla violenza alle donne e ai bambini è compreso il bisogno di riparazione. È dall'aver accolto la sfida che nasce dalla lettura
dei bisogni delle persone che ha avuto origine la necessità di un cambiamento.
La natura complessa della nostra associazione ha fatto sì che da anni vi siano stati uomini impegnati in prima persona per interrompere la violenza e la sua trasmissione intergenerazionale: protagonisti di percorsi di uscita e rielaborazione delle violenze di cui sono stati vittime e testimoni nell’infanzia o che hanno visto subire ai figli/ie, alle sorelle; compagni negli eventi e nei progetti di sensibilizzazione sul territorio; sostenitori solidi e silenziosi del nostro impegno.
Lavorando nelle scuole, accompagnando le donne in percorsi di uscita lunghi, vedendo crescere nel tempo dei processi o del i loro figli maschi abbiamo messo a fuoco con chiarezza il dovere e l’opportunità che abbiamo di riconoscere con loro che gli uomini non sono protagonisti “solo” come potenziali autori di violenze, che non sono rappresentanti di un genere che può solo “astenersi” dal compiere azioni violente, ma che possono essere protagonisti positivi. Possono fare la differenza. Possiamo farla insieme.
Negli anni abbiamo fatto singole scelte indicative della direzione in cui stavamo andando, nelle campagne svolte, nei dibattiti pubblici (a partire dal 2009 con le prime campagne del fiocco bianco, con la collaborazione alla costituzione del CAM, dal Convegno dei 30 anni di Artemisia fino all'ultimo convegno, Un altro genere di posizione. Il ruolo degli uomini nel contrasto alla violenza sulle donne e all’infanzia) nelle battaglie che ci hanno viste in minoranza o sole contro le istituzioni.
Comunque rispettiamo i requisiti minimi dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio di cui all'intesa Stato Regioni 14.9.2022 e in particolare l’Art. 3 che prevede che le operatrici per le attività a diretto contatto con le donne vittima di violenza siano composte esclusivamente di personale femminile.
Siamo consapevoli che la nostra è una posizione di rottura rispetto alla continuità espressa dalle reti dei CAV, poiché non si conforma alle regole esistenti che tuttavia possono essere interpretate o modificate e rese attuali, senza perciò tradirne le origini. Non si tratta di neutralizzare la violenza maschile sulle donne né rinnegare la specificità del fenomeno né le radici femministe della lotta".
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