Nuovo Piano Faunistico Venatorio, Tutela Fauna Toscana: "Favorisce la caccia, minaccia biodiversità"

Lo scorso 29 luglio, ormai alla fine della legislatura, il Consiglio Regionale ha adottato il nuovo Piano Faunistico Venatorio Regionale, aperto adesso alle osservazioni entro il 7 novembre p.v. prima della approvazione finale.

Tale piano si pone in un contesto normativo di enorme favore per il mondo venatorio e per il settore agricolo, interessato alla rimozione dei già blandi limiti all’attività venatoria; prova ne siano le modifiche alla legge sulla caccia n. 157/1992 e il recente disegno di legge sulla caccia DDL 1552, che prevede ulteriori modifiche alla legge in questione in senso ancor più favorevole alla caccia.

Eppure le direttive europee impongono la protezione degli habitat naturali (Direttiva Habitat 92/43/CEE) e dell’avifauna selvatica (Direttiva Uccelli 2009/147/CE), mentre la Strategia Europea per la Biodiversità al 2030 pone l’obiettivo di proteggere il 30% del territorio europeo entro il 2030 e la Nature Restoration Law (Regolamento UE 2024/1991) punta al ripristino del 20% delle aree degradate entro il 2030 e di tutti gli ecosistemi degradati entro il 2050.

La nostra Costituzione, all’art. 9, tutela il paesaggio, l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni; è vero che la tutela degli animali deve essere regolata dalla legge, ma il Parlamento deve bilanciare i vari interessi sempre con l’obiettivo di salvaguardare le specie e non certo per autorizzarne lo sterminio. Ancora, l’art. 41 qualifica come libera l’iniziativa economica privata, purché non vada a danno, fra l’altro, dell’ambiente.

Tutto questo apparato normativo a tutela degli ecosistemi e delle specie animali è oggi indispensabile, in quanto i cambiamenti climatici, la diffusa antropizzazione e la frammentazione del territorio che ne deriva (per costruzioni, infrastrutture, agricoltura intensiva, ecc.) stanno mettendo in serio pericolo tutta la fauna selvatica. La legislazione nazionale e regionale, invece, si pone in netto contrasto con queste norme fondamentali, alle quali dovrebbe conformarsi, sottoponendo la fauna a ulteriore pressione venatoria ed infliggendo così ulteriori danni ad ecosistemi già pesantemente compromessi.

Anche il Piano Faunistico Venatorio Regionale segue questa politica scellerata: non aumenta le superfici protette, incrementa l’attività venatoria tacendone gli impatti e non prevede alcuna forma di tutela per le specie in pericolo; questi i punti critici:

  1. gli appostamenti fissi di caccia sono qualificati come “oasi di biodiversità”, quando la loro realizzazione danneggia la flora e la fauna circostante con impatti sugli habitat;

  2. l’abbattimento massiccio è l’unica forma di gestione degli ungulati, soprattutto in quelle che vengono definite le “aree non vocate”, ovvero le zone agricole, non considerando che la cosiddetta “sovrappopolazione” è in realtà un aumento delle interferenze con le zone antropizzate dovuto alla loro espansione, mentre le popolazioni delle specie animali sono regolate da fattori naturali (disponibilità di cibo, predatori, malattie, ecc.) e gli abbattimenti massicci del cinghiale hanno portato sempre ad una loro maggiore proliferazione;

  3. si dà atto dell’impatto dell’attività venatoria nelle aree protette, senza adottare alcuna effettiva misura di contenimento;

  4. viene consentita la caccia notturna, in violazione di norme internazionali e nazionali, con il rischio di interferire con le attività di alimentazione, riproduzione e spostamento di molte specie animali anche protette, che peraltro rischiano di essere abbattute per errore a causa della scarsa visibilità, con rischi anche di incidenti di caccia;

  5. vengono ampliate le deroghe alla caccia dell’avifauna stanziale e migratoria, in contrasto con la Direttiva Uccelli, nonostante le numerose specie a rischio;

  6. viene prevista l’eradicazione di specie non autoctone, anche se queste si sono integrate negli ecosistemi e anche se, come nel caso dell’ibis sacro, limitano altre specie aliene come il granchio blu, diffusosi a causa dell’uomo;

  7. si prevede la caccia alla volpe in tana, pratica anacronistica e crudele, andando a colpire anche femmine gravide o cuccioli, senza valutare altri metodi meno impattanti e trascurando il ruolo della volpe nel contenimento di piccoli roditori e di specie ritenute invasive come le nutrie;

  8. si valorizza la filiera delle carni di selvaggina, con il rischio di sacrificare la tutela dell’ambiente e degli animali a logiche di mercato e con il rischio di incrementare la caccia per alimentare questo tipo di commercio.

Riteniamo che questo Piano debba essere profondamente rivisto per renderlo conforme alle norme di tutela sovraordinate; un Piano fondato esclusivamente sulla caccia è anacronistico e fortemente impattante su ecosistemi già in crisi. Oltre ai danni alla fauna, si pensi al notevole danno ambientale prodotto dalla dispersione delle munizioni in piombo, riconosciuto anche dal Piano stesso.

Il Piano Faunistico deve essere rivolto principalmente alla tutela della fauna selvatica, con l’incremento delle aree protette, il ripristino degli ecosistemi degradati e la tutela degli equilibri naturali. La gestione della fauna deve essere improntata a criteri puramente scientifici, in base ai quali deve essere regolata l’attività venatoria, da considerare, come insegna la Corte Costituzionale, come semplice facoltà di un gruppo, il cui interesse non può prevalere sul bene costituzionale della tutela dell’ambiente. Anche le interazioni con le zone antropizzate devono essere gestite con criteri scientifici, studiando approfonditamente le soluzioni incruente e monitorandone l’efficacia.

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