
Perquisizioni a 564 detenuti, scoperto un sistema criminale tra le celle: i più violenti avrebbero fatto arrivare cocaina, hashish, eroina e anfetamine.
Una nuova operazione scattata all’alba nel carcere di Prato ha rivelato un quadro che gli inquirenti definiscono di diffusa illegalità, un terreno fertile per una rete criminale frammentata ma capillare, capace di muoversi dentro e fuori la struttura penitenziaria. Di fronte a quello che la procura considera un sistema ormai radicato, è stato emesso un decreto di perquisizione e sequestro che ha coinvolto l’intero istituto: celle, reparti, zone comuni e tutti i 564 detenuti presenti, ventinove dei quali già iscritti nel registro degli indagati.
All’interno delle mura, secondo gli investigatori, circolavano droga e telefoni cellulari con un’intensità tale da aver generato un mercato clandestino retto da minacce, intimidazioni e pestaggi. I detenuti più violenti – alcuni dei quali semiliberi o con permessi – avrebbero fatto arrivare cocaina, hashish, eroina e anfetamine, imponendo la loro legge a chi non poteva o non voleva sottostare ai loro ordini. Una precedente perquisizione, scattata il 28 giugno, non era riuscita a soffocare il traffico: nel tempo gli inquirenti hanno scoperto ventuno numeri telefonici in uso ai reclusi e perfino un dispositivo che consentiva la gestione di profili TikTok direttamente dal carcere, alimentando una rete di comunicazione sotterranea impossibile da intercettare con i controlli ordinari.
L’intervento di oggi è stato imponente. Circa ottocento agenti tra polizia penitenziaria, polizia di Stato, carabinieri e guardia di finanza hanno circondato e setacciato la struttura, utilizzando mezzi speciali come i veicoli anti-spurgo per ispezionare condotti e cavità nelle quali potessero essere nascosti cellulari e microdispositivi. Undici unità cinofile antidroga hanno percorso metro dopo metro i reparti più sensibili, alla ricerca di tracce di stupefacenti e apparecchi elettronici.
Le accuse rivolte ai ventinove indagati, cittadini di varie nazionalità, spaziano dalle estorsioni alla violenza privata, dallo spaccio alla detenzione di armi, fino all’uso illecito di dispositivi di comunicazione. Almeno sei detenuti hanno trovato il coraggio di denunciare le aggressioni subite: tra i casi più gravi quello dell’8 aprile e del 16 maggio, episodi che secondo gli inquirenti confermano l’esistenza di una rete capace di controllare interi settori del carcere.
L’inchiesta va avanti e la procura ritiene che quanto emerso oggi sia soltanto una parte di un sistema molto più esteso, un’organizzazione che sfrutta ogni varco possibile per mantenere aperti i collegamenti con l’esterno e per imporre il proprio potere all’interno delle mura detentive.
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