Pesca, Dika: “Vicini alle esigenze del settore ittico”

Si è svolto questa mattina nella sede della Giunta regionale a Palazzo Strozzi Sacrati l’incontro con gli operatori del settore ittico toscano per un confronto sulle criticità causate dall’adozione, da parte del Ministero dell’agricoltura,della sovranità alimentare e delle foreste, del Decreto ministeriale riguardante il prolungamento del periodo di fermo delle attività di pesca, effettuato come di consueto nel mese di ottobre, anche al mese di novembre.

Al tavolo erano presenti il sottosegretario alla Presidenza della Regione Bernard Dika e i rappresentanti delle principali sigle sindacali che rappresentano il comparto, fra i quali Francesco Ceccanti di UILA Toscana, Andrea Bartoli di Federagripesca, Niccolò Cartorillo di Flai CGIL e Massimiliano Gori di Flai Cisl Toscana.

“La Regione conosce le difficoltà vissute negli ultimi mesi dalle aziende del Settore – afferma Dika - e lavora assieme a tutti gli operatori per valutare quali possono essere i margini di intervento in una situazione che non dipende da scelte dirette della Regione Toscana. Non possiamo certo girarci all'altra parte perché ne va della sostenibilità di aziende importanti per il nostro territorio e che non vogliamo lasciare sole”.

“Il primo novembre le nostre barche dovevano riprendere il mare – spiega Sonia Barchielli, direttore della Cooperativa labronica Motopescherecci e del Mercato etico di Livorno”. Poi ci è stato comunicato questo provvedimento ministeriale che le ha obbligate al fermo, dato che, secondo i calcoli del Ministero, erano già finite le giornate di pesca a loro disposizione e quindi, secondo il provvedimento dell'UE, le barche dovevano per forza fermarsi”.

“Noi - continua Barchielli - non siamo riusciti a capire bene come è nata questa problematica e se ha pesato nel calcolo fatto proprio dal Ministero l’inserimento, delle giornate di pesca fatte da barche di altre Regioni che hanno licenze particolari e che quindi hanno causato un aumento del plafond delle giornate utilizzate. La realtà adesso è che tutto il settore si è trovato dall'oggi al domani a dover fare non un mese, ma due mesi di fermo pesca obbligatorio, che è diventato veramente problematico non solo per le barche, per gli armatori che hanno dovuto pagare i marinai, che avevano già effettuato nel periodo di fermo tradizionale la manutenzione delle imbarcazioni e quant’altro, ma soprattutto anche per i mercati toscani che utilizzano solo prodotto locale, quindi un prodotto d'eccellenza”.

“Dobbiamo ora trovare delle soluzioni alternative che permettano ai pescatori di sopravvivere – aggiunge Danilo Di Loreto, responsabile regionale per Coldiretti Toscana per la pesca e l’acquacoltura – dato che questo prolungamento di un mese del fermo pesca ha danneggiato gli operatori e tutta la filiera. Ci sono aziende che imprevedibilmente sono state costrette a chiudere un mese in più con tutte le conseguenze che questo comporta: le spese fisse, quelle regolari, mensili sono sempre le stesse e non sono diminuite, ma non c'è stata la compensazione della vendita, per cui c'è adesso un problema contingente di forte crisi da parte delle imprese.

“È una situazione – continua Di Loreto - che riguarda non solo i 400 addetti direttamente al settore pesca, ma coinvolge un numero di persone che va moltiplicato per 7 o 8, quanti sono i lavoratori che operano in tutta la filiera. Si tratta di circa 3.000 famiglie che vengono danneggiate”. In assenza di ristori, non previsti dall'attuale FEAMPA, il Fondo europeo per una pesca e un’acquacoltura sostenibili può intervenire attraverso forme di sostegno concreto e in questo senso abbiamo riscontrato un forte impegno della Regione a sperimentare soluzioni alternative”.

Fonte: Regione Toscana - ufficio stampa

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