
L'evangelista Marco, nel capitolo dieci, racconta l'incontro di Gesù con l'uomo ricco a cui chiede di lasciare tutto e seguirlo. "Ma a queste parole - scrive - egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!".
Nelle ore in cui si piange la scomparsa di Don Corso Guicciardini, viene alla mente questo passo del Vangelo che ci fa capire, in poche frasi, il significato della sua vita, lui che ha creduto alla frase di Gesù e fatto diversamente dall'uomo ricco lasciando tutto per dedicarsi a qualcosa di più grande ma sicuramente meno tangibile, come la promessa di una vita eterna dopo quella terrena fatta di servizio. Di famiglia nobile, una tra le più importanti nella storia politica e sociale della città giunta in riva all'Arno nella seconda metà del 13° secolo, aveva infatti lasciato una vita che sarebbe stata sicuramente agiata per entrare in seminario e seguire la strada indicata dal Vangelo, quella del servizio al fratello bisognoso e della carità che, come ci dice San Paolo, non avrà mai fine.
Di questa sua scelta, della sua vita, del suo impegno per la Madonnina del Grappa, del suo legame con personaggi della statura di Don Facibeni o Giorgio La Pira, in tanti hanno già parlato. Qui il compito è quello di ricordare la lunga tappa della sua strada nella nostra città, pastore per sedici anni di San Giovanni Evangelista, per noi semplicemente la Madonnina del Grappa, l'opera a cui Don Corso aveva dedicato la propria esistenza raccogliendo l'eredità di Don Facibeni. Un passaggio che in queste ore molti empolesi ricordano con grande affetto, testimonianze istituzionali e private di quanto quest'uomo, con la grandezza della sua semplicità, ha fatto e continuava a fare per tante persone. Frutti che Luciana Cappelli, nel 2006, aveva deciso meritevoli della massima onoreficenza cittadina, il Sant'Andrea d'Oro.
"A Empoli - si legge nella motivazione - Don Corso apre la sua Chiesa, ne riempie le stanze di attività e l’organizza per l’accoglienza. Mette questi spazi a disposizione delle povertà degli uomini, delle loro differenze, delle loro contraddizioni e anche della loro voglia di rinascita. Ricordiamo la Casa Albergo, la sede della Caritas e soprattutto il Centro Educativo per seguire i bambini con attività di sostegno e doposcuola, l’impegno di integrazione più forte. Il gruppo infrange i canoni, accoglie anche bambini musulmani che, insieme agli altri, parlano del loro Ramadan e del nostro Natale. Bambini ora empolesi che saranno nostri cittadini».
Parole che fanno capire come già allora, quattrodici anni fa, don Corso aveva intuito le nuove necessità del mondo che, di lì a poco, sarebbero diventate vere e proprie emergenze ed aveva fatto proprio quel concetto di ‘Chiesa aperta’ tanto caro a Papa Francesco.
Ce lo ha portato via questo maledetto Covid 19, il secondo duro colpo nel giro di poco tempo per la chiesa locale dopo la scomparsa di Padre Piroli. Non solo nella sua Firenze che lo saluterà con una Messa in Duomo celebrata dal Cardinal Betori, ma anche nella nostra Empoli, Don Corso è destinato ad entrare nella galleria dei sacerdoti che hanno lasciato il segno, figure alle quali dobbiamo tutti qualcosa per quanto hanno fatto per il progresso morale e civile, per l'eredità che lasciano, per l'esempio che sono stati.
Nella solitudine che, purtroppo, accompagna le morti per Covid, ha avuto il dono di chiudere la sua esistenza terrena munito dei conforti religiosi grazie alla presenza nella sua stessa stanza di Don Vincenzo Russo, anche lui sacerdote dell'Opera ed anche lui impegnato nella battaglia contro il virus. Si dice che per un cristiano il caso non esista, ci piace quindi pensare che Dio, nel momento di chiamarlo nella Sua casa, abbia avuto nei suoi confronti un'attenzione particolare mettendogli accanto un suo fratello legato a lui dal grande impegno nel sociale a fianco degli 'ultimi'. Empoli ha invece avuto il dono di averlo avuto a lungo pastore in una delle sue più importanti e numerose parrocchie. I frutti si toccano ancora con mano. Grazie di tutto Don Corso
Marco Mainardi
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