
Nei giorni scorsi – come riportato dalla stampa locale – sono stati presentati i nuovi ambulatori della Misericordia di Empoli che sorgeranno all’interno del rinnovato punto vendita Coop.fi di via Susini, con apertura prevista per la primavera 2026. Parliamo di un centro polispecialistico con diagnostica, ambulatori e servizi di prossimità, accessibili tramite tariffe calmierate e ulteriori agevolazioni per i soci Coop. Un progetto che, inevitabilmente, sta generando molto dibattito.
Come Fratelli d’Italia Empoli riteniamo necessario esprimere una posizione chiara, capace di tenere insieme la naturale riconoscenza verso la Misericordia – storica realtà del volontariato empolese, radicata nel nostro tessuto sociale e da sempre vicina ai più fragili – e la doverosa attenzione politica per ciò che questa iniziativa comporta in termini di modello di sanità pubblica e privata. Lo facciamo soprattutto in una Regione, la Toscana, dove il sistema sanitario governato da trent’anni dal centrosinistra mostra da tempo criticità evidenti: liste d’attesa interminabili, servizi territoriali indeboliti, cittadini sempre più costretti a rivolgersi al privato per ottenere prestazioni essenziali.
È innegabile che nuovi ambulatori moderni, ben attrezzati, collocati in un’area densamente popolata e con un’attenzione dichiarata alle fasce economicamente più deboli possano rappresentare un’opportunità concreta per il territorio. Quando una famiglia riesce a fare una visita o un accertamento senza attendere mesi, è un bene per tutti. In questo senso, l’idea di “sanità di prossimità” risponde all’esigenza dei cittadini e si inserisce anche in una visione nazionale che il governo Meloni ha reso prioritaria: avvicinare i servizi, puntare sulla prevenzione, garantire accesso più rapido e omogeneo alle cure.
Ma proprio perché parliamo di tutela della salute, non possiamo fermarci alla superficie. Quando la sanità entra dentro un supermercato, si aprono interrogativi legittimi. Non si tratta di polemica, bensì di responsabilità pubblica: il principio di universalità delle cure, infatti, non può dipendere dalla tessera di un soggetto commerciale. Occorre sapere con chiarezza se le prestazioni saranno interamente private o se potranno essere erogate in convenzione con il Servizio sanitario regionale; se le tariffe agevolate saranno accessibili a tutti o riservate ai soci Coop; e se questo progetto contribuirà realmente a smaltire le liste d’attesa pubbliche o finirà per generare un doppio binario tra chi può permettersi di pagare e chi resta in coda.
Sono domande necessarie, soprattutto in un momento storico in cui il governo nazionale sta andando nella direzione opposta rispetto al declino della sanità regionale. Perché il governo Meloni ha scelto di rafforzare il Servizio sanitario nazionale come mai era accaduto prima: nel 2025 il Fondo sanitario nazionale ha raggiunto i 136,5 miliardi di euro, un livello record certificato anche dalla stampa nazionale; sono stati destinati 1,3 miliardi in più per investimenti ospedalieri tramite accordi di coesione con le Regioni; e per la prima volta è stato avviato un sistema nazionale di monitoraggio delle liste d’attesa, per garantire trasparenza, controlli e tempi certi. È un segnale politico forte: il pubblico deve essere il perno, non un attore residuale.
Dentro questa cornice, il privato sociale – come la Misericordia – può svolgere un ruolo prezioso, ma deve essere complementare a un pubblico efficiente, non il suo sostituto. E qui emerge il nodo toscano: se la presenza della Misericordia nei locali Coop viene percepita come una risposta necessaria a un sistema regionale che non funziona più, allora il problema non è il progetto in sé, ma il fallimento della programmazione sanitaria del PD.
In Toscana, la scelta di chiudere o ridimensionare presidi territoriali, l’accentramento amministrativo e la compressione del personale hanno prodotto disservizi che i cittadini vivono ogni giorno. Le liste d’attesa insostenibili, la rinuncia alle cure e il ricorso crescente al privato puro ne sono la prova. In questo contesto, gli ambulatori Misericordia–Coop rischiano di apparire come la stampella di un sistema pubblico che non riesce più a reggere il passo.
Il pubblico deve restare il pilastro, finanziato e organizzato in modo efficiente; il privato accreditato e il privato sociale possono e devono collaborare, ma all’interno di regole chiare, con parità di accesso e piena trasparenza su tariffe e convenzioni; il cittadino non deve sentirsi abbandonato dal sistema pubblico e costretto a rivolgersi al supermercato per ottenere, in tempi ragionevoli, visite e accertamenti che la Regione dovrebbe garantirgli.
In Toscana, la scelta di accentrare e razionalizzare, di chiudere o ridimensionare presidi territoriali, di comprimere il personale e la spesa sanitaria, ha prodotto negli anni liste d’attesa insostenibili in molte branche; sempre più cittadini che rinunciano a curarsi o sono costretti a rivolgersi al privato puro; una crescente distanza tra slogan sulla “eccellenza toscana” e la realtà quotidiana di chi vive sulla propria pelle disservizi, ritardi e mancate risposte.
Per questo, come Fratelli d’Italia Empoli guardiamo con rispetto alla volontà della Misericordia di investire sul territorio, ma allo stesso tempo ribadiamo che non può essere il supermercato a compensare le mancanze della Regione. Bene tutto ciò che avvicina i servizi ai cittadini; male se il motivo è che il pubblico – qui, in Toscana – non garantisce più ciò che dovrebbe per diritto costituzionale.
La risposta non può essere spostare la sanità dentro la Coop, ma ricostruire una sanità pubblica efficiente, moderna, vicina e universalistica. Una sanità dove le realtà del volontariato e del privato sociale siano alleate, non sostituti; e dove il cittadino non scelga dove curarsi in base a un volantino, ma in base al principio fondamentale che la salute è un diritto di tutti e un interesse della collettività.
Fratelli d'Italia Empoli
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