Città delle Pievi, pelli e cuoio nel Villaggio Globale

foto di archivio

Come abbiamo visto, verso la fine degli anni Novanta molte energie continuarono ad essere assorbite dai problemi ambientali. Tuttavia proseguivano le attività espositive, fra le quali a Tokyo,­ una manifestazione promossa dalla Regione Toscana. L’impresa conciaria accentuava la propria internazionalizzazione. Pelli e cuoio investivano nel “Villaggio Globale”; si apriva la strategia per il 2000. Contro la concorrenza della gomma e dei materiali sintetici, i prodotti di massa lanciati delle multinazionali, gli imprenditori puntarono sulla qualità. Si rifecero alla tradizione e l’ “antico” sposò il nuovo. Questa operazione fu sostenuta mediaticamente, ma soprattutto grazie alla qualità dei prodotti e il “Primato italiano per il cuoio”. In questo panorama di successi e realizzazioni, giunsero però cadute impressionanti.

Come si verificò in quegli anni una ripre­sa che oggi sembra decisa­mente vigorosa? “Dalla 1° Edizione di Firenze Moda Pelle nel marzo del 1999 ci furono già segnali incorag­gianti. Ma fu con la seconda Edizione nel marzo di que­st’anno 2000, come abbiamo visto, che avviene la svolta. In questo Settembre c’è stata un’esplosione: si concia tutto ciò che è pelle: squali, lucertole, camosci, serpenti, struzzi, rospi. Agli animali da sempre adoperati in pelletteria come tomaie si accostano altri riscoperti al fine di raggiungere risultati estetici inconsueti e sorpren­denti. E’una girandola di in­ventive la cui parola d’ordi­ne pare essere l’estetica ba­rocca della meraviglia e del­lo stupore." (1)

Questo felice momento trovò conferma nell’ultima LineaPelle del 9 di Novem­bre a Bologna anche se la “fe­sta” fu insidiata, come affermò Giovanni Tempesti, presidente della CuoioDepur Spa, da un aumento dei prez­zi delle materie prime. Au­mento generato dal superdollaro e dalla penuria di pelli grezze francesi a causa, dell’epidemia della Mucca Pazza.

Concia/moda/tradizione

oncerFinalmente si aprirono ampie schiarite. Furono anni in cui esplose il binomio concia/moda e imperava il New Décor. Dall’abbigliamento agli accessori, tutto era pelle, si continuò a conciare di tutto. Agli animali da sempre adoperati in pelletteria come per le tomaie si accostavano altri riscoperti al fine di raggiungere risultati estetici inconsueti e sorprendenti. La pelle si presentava opaca, laccata, verniciata, lucida, a tinta unita o ad arlecchino. I colori erano intensi, nordici, vegetali, brinati, boreali, ramati, bruniti e beigiati. La creatività era esaltata dai materiali usati e si facevano superfici erose, incise, ondulate, invecchiate, siliconate. Era una girandola di inventive. Si fondevano arte povera e lusso, romanticismo e “vintage”.

Il 3° Millennio si aprì con importanti novità e realizzazioni sul piano economico, ambientale e tecnologico. Guardando al sistema produttivo nel suo insieme, un riconoscimento importante per il Distretto industriale venne dall’essere stato preso a  modello dalla Regione Toscana per il “Congresso mondiale dell’OCSE sui sistemi produttivi locali” che si svolse a Parigi dal 23 al 25 gennaio 2001. (1)

Sulla pluridecennale e complessa problematica ambientale, Giovanni Tempesti, presidente della Cuoio-Depur, poteva annunciare buone e concrete prospettive di soluzione per lo smaltimento alternativo, con l’inserimento nell’elenco dei fertilizzanti, di un composto derivato dai fanghi. Prospettive che si concretizzarono nel 2002 con un progressivo conferimento di “pellicino integrato” fino a raggiungere nel 2006 la totalità dei fanghi per l’utilizzo come fertilizzanti in agricoltura.(2)

Intanto alla guida del Consorzio Conciatori di Ponte a Egola, ad Alfredo Ghizzani successe Attilio Gronchi che operò diplomaticamente un avvicinamento con l’Unione Industriale Conciaria nell’interesse dell’intero comparto. Importante fu la nascita del “Po.Te.Co”, Polo Tecnologico Conciario, società consortile a responsabilità limitata, senza scopo di lucro, formata dall’Assoconciatori di Santa Croce sull’Arno, il Consorzio Conciatori di Ponte a Egola, la provincia di Pisa e i comuni di San Miniato, Santa Croce, Castelfranco di Sotto, Fucecchio e Montopoli, con la presidenza dell’assessore alle attività produttive della provincia. Tale società, come fu pattuito, s’inquadrava “nel disegno di una ristrutturazione più organica nell’ ambito della formazione e della ricerca, fortemente voluto dagli imprenditori conciari con il supporto delle amministrazioni locali.”. (2)

Riguardo al prodotto pelle e cuoio, una spinta notevole all’affermazione sui mercati venne da un accentuato recupero della lavorazione condotta nello stile e nella sostanza delle origini. Ci si rivolse al passato, ai profumi, ai colori, alla natura e all’arte della concia, per attingere risorse e nuovi impulsi. Fu siglato un patto fra natura e cultura industriale.  In questo spirito la pelle e il cuoio conciati al vegetale diedero una sferzata di creatività a tutto il settore. Come allora affermò il giovane Simone Remi succeduto a Giovanni Tempesti alla guida del Consorzio Vera Pelle Conciata al Vegetale, “l’impegno fu quello di mantenere stretti i contatti con la tradizione”. Tutto questo andava però veicolato e promosso nel mondo contemporaneo, nel villaggio globale. Un "villaggio" che apriva grandi spazi ma che comportava anche molti rischi, come l'invasione di prodotti esteri ottenuti in alcuni casi senza riguardo alle regole della compatibilità ambientale  e con sfruttamento di manodopera minorile.

La qualificazione e certificazione dei prodotti diventava una necessità etica e di sopravvivenza per tutto il settore. Di qui lo stretto legame con gli stilisti e la necessità di corsi di formazione. Le affermazioni di iniziative come “Natural Sensations” a New York e a Tokio, confermarono la validità di una simile filosofia: coniugare l’antico al moderno, il Rinascimento all’arte della moda del XXI° secolo, in una nuova alleanza fra produzione e natura.(3)

Il 2003 si aprì con un titolo giornalistico emblematico: “La pelle cresce nonostante la crisi”. In effetti il comparto – cuoio soprattutto – subì modesti ridimensionamenti e un lieve calo di unità produttive e di personale. La pelle, soprattutto per il lavoro svolto nell'ultimo decennio dal Consorzio Vera elle Italiana Conciata al Vegetale, ha fatto da traino fortissimo poiché questa pelle lavorata con sistemi naturali, tradizionali, è piaciuta e continua a piacere alle grandi case della moda.

In occasione di Lineapelle a Bologna nel 2007, dopo due stagioni di sole: 2005/2006, i numeri tornarono negativi: calo di oltre il 4% sia per produzione e per fatturato; problemi per il deprezzamento della moneta americana nei confronti dell'euro e per la concorrenza del cuoio messicano. La moda, la grande moda, quella delle griffe, restò fedelmente legata alla concia vegetale e fu e resta un punto fermo per la pelle toscana.

Nel 2009, fra i tanti eventi, fu molto apprezzata la mostra fotografica "Hand Made in Italy" realizzata da Oliviero Toscani e promossa dal Consorzio Vera Pelle Italiana Conciata al Vegetale. Fu un ulteriore passo per la promozione della conceria toscana che occupava circa 16 mila persone. Tuttavia la situazione restava pesante a causa del drastico cale dei consumi a causa della crisi dell'economia mondiale.

Affacciati sul secondo decennio degli anni 2000, si respirava, a Lineapelle Bologna del 2011, un "ottimismo razionalmente argomentato" espresso dall' allora presidente del Consorzio Conciatori Attilio Gronchi.  Questo ottimismo si è poi fortunatamente concretizzato fino ai nostri giorni: giorni di inquietudini, di incertezze politiche e sociali, fra euforie e depressioni come è sempre stato nella concia. Non si tratta di un ottimismo di maniera, ma basato si fatti e concrete iniziative.

 

A questo punto di questa narrazione, proprio perché si tratta di un lavoro storicamente basato, ma non estraneo alla contemporaneità, crediamo sia opportuno un resoconto sintetico del nostro Distretto industriale secondo gli ultimi dati disponibili. (4)

Una prima riflessione che emerge è quella per cui il "Comprensorio della pelle e del cuoio del territorio pisano ha saputo leggere il cambiamento dettato dalla globalizzazione." In vent'anni l'export è passato dal 30 a oltre il 70% dei ricavi, saliti nel 2011 a quoto 1,5 miliardi. Un feeling particolare è stato quello con Pechino. I punti di forza del Distretto sono ad oggi: l'occupazione favorita da corsi di formazione e riqualificazione e un buon clima sindacale; l' export che ha permesso e permette di tenere fronte ad una crisi economica che altrove travolge molte realtà consolidate; la capacità di comporre in sinergie risorse e know how che hanno permesso di affrontare ricerca e formazione e il ciclo della depurazione delle acque. Non ultime le capacità comunicative e promozionali operate dalle attività consortili. Valga un esempio per tutti: lo scorso 15 novembre Il  Consorzio Vera Pelle Italiana Conciata al Vegetale presentò all'Istituto Italiano di Cultura di Tokyo, Questione di Pelle: una giornata interamente dedicata alla pelle conciata al vegetale in Toscana. Nella giornata dell' Exhibition Hall, i partecipanti poterono ammirare la scenografica installazione curata dal famoso fotografo italiano Oliviero Toscani: un labirinto di pelli conciate al vegetale, rappresentative delle nuove collezioni autunno-inverno 2013/2014.

Come abbiamo visto, molta acqua è passata sotto i ponti di Egola e dell’Arno. Non sempre è stata un’acqua bona. Dai luoghi oscuri della concia, saturnini è stato detto, siamo giunti alla vittoria della luce: concerie come specchi, rispetto crescente per l'ambiente. Da un'economia mezzadrile ad un artigianato tecnologico e naturistico ad alto valore aggiunto. Siamo passati dalla fase pionieristica della concia fatta in casa e strettamente individuale, a forme di associazionismo e solidarietà integrate. Si sono realizzate razionalizzazioni produttive e soluzioni ambientali all'avanguardia. La produzione è uscita da un mercato chiuso nei confini nazionali, europei e americani, ed è approdata in Cina e in India, paesi di una potenzialità di acquisto in sicura crescita. Non tutto è stato facile e privo di contraddizioni e di scontri sociali e di concorrenze agguerrite, ma tutto questo ha permesso di tenere testa ad una globalizzazione anche selvaggia grazie al triangolo: concia/ moda/ tradizione.

Ci fermiamo qui consapevoli di avere esplorato, crediamo in modo sufficiente, certe memorie, certe fasi di vicende umane e un ciclo economico che hanno posto le basi per un ricupero dell’autentico e del naturale. Natural Sensation appunto. Colori e profumi di una terra, di una tradizione, di una storia.

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