Fuochi di San Giovanni a Corazzano con Sant'Eurosia

Una serata bellissima, piena di luci e di fuochi, di odore di aglio bruciato, la sera di San Giovanni a Corazzano, in un luogo che toglie il fiato, la pieve di San Giovanni a Quaranziana, con un santo dipinto sopra all’altare che è fratello gemello dell’Uomo Selvatico e che tanto racconta di queste campagne, magari non ancora completamente cristianizzate, e non troppo turbate da un parroco intelligente e colto come don Francesco Ricciarelli, nonché dai suoi predecessori, soprattutto il poeta don Luciano Marrucci.

Don Luciano e poi don Francesco hanno lasciato che certe credenze della campagne continuassero a sopravvivere, nutrendo una spiritualità nonostante tutto sana e vitale. Lasciando dunque che si bruciassero le stoppie come nell’antichità, in feste vagamente pagane e che – bellissimi – i bambini arrivassero con lunghe lance di canna, decorate d’aglio e le bruciassero nella brace ancora accesa.

Ma anche – e questo ci interessa qui – si dedichino ad una santa strana, come Eurosia, che protegge le campagne, che comanda il tempo, che salva dal demonio, e che soprattutto non c’entra niente con queste zone, essendo stata semplicemente importata dalla Spagna a fine 800.

Don Ricciarelli ha voluto scoprire tutto questo, in un libro, anche stavolta tra l’erudito e il popolare, intitolato “Da Jaca a Corazzano. Il culto di Sant’Eurosia, patrona della campagne” (La conchiglia di Santiago, San Miniato 2015), e ha mantenuto il culto della santa e le belle cerimonie che gli erano arrivate dai sacerdoti prima di lui.

Adesso ha scritto addirittura un musical, dedicato alla storia di questa giovane di Jaca, a nord della Spagna, sui Pirenei, e ne ha affidato la realizzazione musicale a Mario Costanzi, che oltre al curriculum musicale di tutto rispetto è, anche lui, un sacerdote.

Don Costanzi è nato a Genova e da lì si è portato dietro una tradizione musicale di tutto rispetto, con tanti cantautori che hanno reso musicale la vita di una città spesso estrema com’è Genova. Una città che resta carica di storia e di fascino, nonostante possa in qualcuno suscitare altre sensazioni, per il suo odore, la sua umidità, la sua decadenza. Fatti questi in gran parte risolti, anche quando si esca dalle strade principali e si entri negli antichi carruggi o nelle creuze (si ricordi il capolavoro di De

André, la sua Creuza de ma’), stradine, vere e proprie mulattiere, che si intrecciano per chilometri nel cuore della città, ma che possono essere semplicemente ignorate, nascoste dalle strade principali.

Ebbene don Mario è questo, ha una faccia ben visibile e facilmente attraversabile, un’altra più celata e almeno altrettanto affascinante, quella che gli ha permesso di comporre questi cinque bellissimi brani musicali, eseguiti con grande professionalità da lui stesso, insieme a due giovani straordinari, cioè Benedetta Bruno (Sant’Eurosia) e Francesco Gronchi (il fidanzato, Fortunato, di nome almeno, perché con le sante non si scherza!), che hanno emozionato il folto pubblico presente. Un pubblico che si era assiepato di fianco alla splendida struttura della chiesa, così come facevano gli antichi pellegrini della via Francigena, al fresco delle belle sere d’estate, con uno stupendo pino e un filare di cipressi così semplici, ma anche altrettanto imponenti, da far pensare di essere in uno dei luoghi più belli al mondo.

I testi di don Ricciarelli, così magicamente messi in musica, hanno fatto il resto: adesso aspettiamo lo spettacolo vero, il cd e il libro con le parole. Già così un lavoro di grande valore.

Una serata magnifica, proprio per la sua mancanza di formalità, con il sapore dei dolci fatti in casa da tutte le famiglie del paese. Dolci che conservano ancora un gusto antico, che non può che far bene alla nostra civiltà troppo alla deriva.

Fonte: La conchiglia di Santiago



Tutte le notizie di San Miniato

<< Indietro

torna a inizio pagina