L'addio di Pelé al calcio, in una città decadente

Il 1° ottobre 1977, "O'Rey" calcò per l'ultima volta il rettangolo di gioco con i New York Cosmos, mentre la "Grande mela" era sull'orlo del collasso


Gli appassionati di cinema con i capelli bianchi ricordano senz'altro un celebre terzetto di film degli anni '70. Nel 1973, Al Pacino interpretò Frank Serpico, nell'opera omonima di Sydney Lumet che racconta la battaglia del poliziotto italo-americano contro la corruzione dilagante nel dipartimento di polizia di New York. L'anno seguente, Charles Bronson fu il newyorkese che si sostituisce alle forze dell'ordine e stermina i malviventi in "Il giustiziere della notte". Infine, nel 1979, "I guerrieri della notte" narrò le vicende delle violente gang giovanili che tenevano sotto scacco la "Grande mela".

Pelé con Andy Warhol, che gli fece un ritratto

Pelé con Andy Warhol, che gli fece un ritratto

L'escursione fra la rappresentazione filmica e la realtà della metropoli statunitense era meno pronunciata di quanto la notoria tendenza alla drammatizzazione delle pellicole hollywodiane potrebbe far pensare. Alla metà degli anni '70 del secolo scorso, New York non godeva di una grande reputazione e si dibatteva in stridenti contraddizioni: era un luogo vivace e culturalmente effervescente, inaspettatamente a buon mercato e polo d'attrazione per giovani di talento che vi si trasferivano a frotte incuranti degli alti tassi di disoccupazione. La criminalità pareva dominare la vita cittadina: gli omicidi erano passati da 681 nel 1965 a 1.690 nel 1975; i furti di auto e le aggressioni erano più che raddoppiati, gli stupri e le effrazioni erano tre volte tanto, le rapine erano decuplicate. Central Park era diventato un luogo da evitare e Times Square era popolata di magnaccia e prostitute. La metropolitana era teatro di delinquenze quotidiane, vandalismi e continui guasti che lasciavano a piedi i viaggiatori.
Il senso di abbandono e di pericolo era acuito da un corpo di polizia marcio e inaffidabile e da una crisi fiscale che aveva svuotato le casse dell'amministrazione municipale, cui la Casa Bianca non aveva intenzione di porre rimedio. La situazione era talmente disperante che il sindacato di polizia cominciò a distribuire ai turisti che arrivavano a New York una guida di sopravvivenza.

Una delle pagine del volantino, sinistramente intitolato "Welcome to Fear City"

Una delle pagine del volantino, sinistramente intitolato "Welcome to Fear City"

In questo scenario semi-apocalittico, contro ogni previsione e pur per un breve periodo, il calcio prosperò. Negli Stati Uniti, il gioco più bello mondo era ancora uno sport per "froci comunisti", secondo la sprezzante definizione del veterano del Daily News Dick Young, ma i New York Cosmos compirono il miracolo di far innamorare del soccer legioni di neofiti. Ci riuscirono con un squadra multinazionale e un massiccio investimento in denaro, che attirò nel misconosciuto campionato a stelle e strisce uno stuolo di attempate stelle europee e sudamericane, prima fra tutte quella più luminosa, quella che rispondeva al nome di Edson Arantes do Nascimento, assai più noto col soprannome di Pelé. "O'Rey", che pur si era ritirato l'anno precedente, all'aeroporto "La Guardia" ricevette probabilmente uno dei volantini che invitavano i forestieri a stare alla larga da New York, ma i due milioni di dollari del contratto (oltre il doppio di quanto guadagnava il più pagato fuoriclasse dei New York Yankees) lo convinsero a restare. Giocò per due anni ancora e proprio negli Stati Uniti disputò l'ultima partita il 1° ottobre 1977.
Una schiera di campioni si allineò per salutare l'addio al calcio del più grande giocatore di ogni tempo. C'erano Hilderaldo Bellini, il capitano della Seleçao vincitrice della Coppa Rimet nel 1958 e nel 1962; Bobby Moore, capitano dell'Inghilterra che vinse il Mondiale nel 1966; e i compagni Carlos Alberto e Franz Beckenbauer, che capitanarono le nazionali campioni del mondo nel 1970 e 1974, e infine Giorgio Chinaglia, l'ex attaccante laziale che aveva scelto il campionato d'oltreoceano mentre era ancora all'apice della carriera. Sulle tribune del Giants Stadium, si assieparono 75.000 spettatori, fra cui spiccavano Robert Redford e Diane Keaton, Mick Jagger e Barbra Streisand. Muhammad Ali scese sul terreno di gioco e portò i propri omaggi al brasiliano.

L'abbraccio con Muhammad Ali

L'abbraccio con Muhammad Ali

I Cosmos giocarono contro il Santos, l'unica altra squadra di club in cui avesse mai militato il campione carioca: Pelé disputò un tempo con i primi e un tempo con i secondi. Per consentire a entrambe le curve di ammirarlo in attacco, le formazioni non cambiarono campo all'intervallo. Gli ospiti passarono in vantaggio con Reynaldo e verso la metà del tempo un'acquazzone si abbatté sullo stadio, ma prima dell'intervallo Pelé pareggiò con un calcio di punizione dal limite: bagnati fradici, gli spettatori festeggiarono come avrebbero fatto al carnevale di Rio e in preda all'esaltazione salutarono con un boato l'arrivo di Dondinho, il padre del loro idolo, che si tolse la già iconica maglia n. 10 e la donò al genitore. Nella ripresa, con la casacca del Santos, non segnò altre reti e furono i padroni di casa a prevalere, grazie al gol decisivo di Ramon Mifflin.

Insieme a Chinaglia e Beckenbauer, con indosso la maglia disegnata da Ralph Lauren

Insieme a Chinaglia e Beckenbauer, con indosso la maglia disegnata da Ralph Lauren

Al fischio finale, Pelé consegnò la casacca del Santos a Waldemar de Brito, l'uomo che l'aveva scoperto quando era ancora un ragazzino che giocava a piedi scalzi per le vie della sua città natale. Con una bandiera americana e una brasiliana, Pelé fu sollevato sulle spalle dai portieri del Cosmos Shep Messing ed Erol Yasin, che lo presentarono ai tifosi adoranti per l'ultimo giro d'onore: sulle note del "Valzer delle candele", si concesse all'abbraccio della folla mentre la pioggia continuava a cadere, come se anche gli dei del calcio non potessero fare a meno di piangere.
Fu l'apice del movimento calcistico statunitense, alla fine dell'estate in cui il serial killer David Richard Berkowitz aveva portato New York all'isteria e il famoso blackout del 13 luglio aveva consegnato la metropoli alle scorribande e alle razzie dei poveri e dei malviventi.

I saccheggi durante il blackout del 1977

I saccheggi durante il blackout del 1977

In pochi anni, le fortune della squadra e della città si invertirono. New York riemerse dalle tenebre e i Cosmos colarono a picco. I soldi cominciarono a scarseggiare, i campioni carismatici se ne andarono e il campionato perse il suo fascino. Nel 1985, i bianco-verdi disputarono l'ultima partita di fronte a un paio di migliaia di nostalgici fan.


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