Santa Barbara - Valinardi 2008: la vite al centro di tutto

In ogni vino c’è sempre un pezzo d’anima del produttore, del vignaiolo. Sembra una frase fatta, letta e sentita mille volte, eppure spesso è vera. L’Empolese-Valdelsa, come gran parte della Toscana e dell’Italia, è una galassia di piccole realtà agricole che, nonostante mezzi a volte limitati e mercati non sempre ricettivi, grazie alla tenacia e alla sconfinata passione dei loro proprietari danno vita a prodotti unici e qualitativamente eccellenti. Ne abbiamo già viste tante nei miei articoli precedenti, e ne vediamo una anche oggi.

L’Azienda Agricola Santa Barbara, con i suoi 10 ettari di vigneti distesi ai piedi dell’abitato di Vinci, è il frutto del lavoro e della dedizione di Giancarlo Bernardi, che dal 1972, anno in cui acquista i primi terreni, cura e gestisce in prima persona il lavoro in cantina e, soprattutto, in vigna. Bernardi comprende da subito che le fondamenta della qualità risiedono nella terra e nella pianta; è curioso, ha smania di imparare e migliorarsi, si affida al consiglio dei tecnici che, per quegli anni di passaggio da un’agricoltura di sussistenza all’agricoltura di mercato con colture specializzate, erano considerati quasi alla stregua di alchimisti o stregoni. Tutto quello che apprende lo mette in pratica, filare per filare, vite per vite, e ci sono ancora oggi a testimoniarlo vigneti di oltre 50 anni, produttivi e in ottimo stato di salute.

E’ da una di queste vigne che proviene l’uva con cui Bernardi, coadiuvato oggi nella gestione dell’azienda dalla nipote, produce il Valinardi IGT Toscana Rosso, il “Super Tuscan” di Santa Barbara che, assieme al Chianti Montalbano, rappresenta il manifesto della filosofia produttiva di Giancarlo Bernardi.

Valinardi è un Super Tuscan sui generis, senza varietà francesi nell’uvaggio, prodotto quasi esclusivamente con Sangiovese Grosso a cui si aggiunge una piccola percentuale di Colorino. La presenza del Sangiovese Grosso è un particolare che desta curiosità: si tratta infatti di un biotipo di Sangiovese che, nonostante sia alla base di vini come il Brunello di Montalcino e il Vino Nobile di Montepulciano, non ha mai riscosso grande successo in questa parte della Toscana, ma le basse rese e l’allevamento delle viti a capovolto impostati da Bernardi dopo anni di attente osservazioni e prove ne esaltano le qualità e permettono di sfruttarne al meglio il potenziale.

La raccolta delle uve è manuale ed avviene quando queste sono leggermente surmature per ottenere una maggiore concentrazione di zuccheri e componenti aromatiche e, allo stesso tempo, favorire la maturazione dei polifenoli e l’estraibilità del colore, caratteristiche fondamentali che consentono al vino di sostenere l’affinamento in legno e mantenersi nel tempo.

La vinificazione è tradizionale, in serbatoi di cemento, con lunga macerazione delle bucce, che restano in contatto col liquido fino ad un mese, a seconda dell’annata.
Alla svinatura seguono la fermentazione malolattica e un periodo di affinamento in barriques di rovere francese, in parte nuove, della durata di 14 mesi.

Quello tra il Sangiovese e la barrique è un rapporto spesso conflittuale, ma, quando è ben gestito e la qualità dell’uva lo permette, come in questo caso, dà origine a risultati di assoluto valore, senza scalfire le tipicità del vitigno o del territorio.

Terminato l’élevage in legno e compiuto l’assemblaggio finale, il vino va incontro alla seconda, importantissima fase dell’affinamento, quella in bottiglia. Qui il vino continua la sua evoluzione, acquisisce complessità, i tannini e l’acidità si levigano, le componenti aromatiche si colorano di innumerevoli sfumature.

La bottiglia che ho assaggiato insieme al signor Bernardi è un 2008 (l’annata attualmente in commercio), ma se non l’avessi letto sull’etichetta non l’avrei mai detto. Il colore è rubino intenso, vivace, tendente solo leggermente al granato, al naso si distingue per finezza e ricchezza dei profumi, che sono a primo impatto quelli di frutta matura; amarena, lampone e prugna in primis, impreziositi da una delicata nota di viola. Il profilo sensoriale si evolve quindi verso profumi di spezie dolci e macchia mediterranea, sostenuti da una tostatura ben integrata, non invadente; fanno poi la loro comparsa note di liquirizia, cacao, tabacco biondo.

Al palato dimostra maturità, è morbido e caldo, con una tessitura di tannini rotondi ed evoluti che riempie la bocca senza però appesantirla. L’acidità, seppur in parte domata, dona una piacevole freschezza che accompagna il sorso verso un finale lungo e pulito in cui prevalgono, nel retronaso, aromi terziari di tostatura, tabacco e spezie.

Concordo con Bernardi quando afferma che il vino lo fanno la vite e la terra, ma una grande parte di merito va riconosciuta anche al vignaiolo. La vigna vecchia fa il vino buono, è vero, ma servono una mano capace e un occhio esperto per far arrivare la vigna ad esser vecchia, sana, equilibrata e produttiva. Se nel Valinardi di Santa Barbara le viti vecchie di Sangiovese riescono ad esprimere tutto il loro grande potenziale, lo devono anche alla cura, alla passione, al lavoro, al rispetto che Giancarlo Bernardi ha dedicato loro giorno per giorno.

www.aziendaagricolasantabarbara.it

 

Matteo Corsini

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