
Era il 13 febbraio del 1945, da piazza del Popolo partirono 530 giovani per andare ad unirsi alle formazioni alleate impegnate sull’Appennino fra Emilia Romagna e Toscana. Fra questi c’era anche il ventunenne Rolando Fontanelli che proprio oggi, a 96 anni compiuti, ci ha lasciati. Era la memoria di quegli anni tragici ma allo stesso tempo bellissimi, una delle persone dalla cui viva voce si potevano ascoltare aneddoti e testimonianze di tempi che hanno segnato la storia d’Italia, portando a spazzare via un regime ed affermando i valori della democrazia dei quali godiamo ancora oggi.
Aveva appena 13 anni, Rolando, quando andò a lavorare alla bottega di Natale Vignozzi, un falegname, per racimolare qualche soldo e combattere così la fame e la miseria imperante per chi non voleva piegare la testa di fronte alle camicie nere e, di conseguenza, non trovava lavoro.
Fu grazie a quell’artigiano che infamava Mussolini appena poteva che quel seme germogliò dentro Rolando e, dopo l’8 settembre del 1943, divenne ‘fiore della libertà’. Difficile pensare cosa possa spingere un ragazzo così giovane ad andare volontariamente a fare la cosa peggiore che possa esserci, la guerra sul campo, ma di sicuro deve essere qualcosa di forte che hai dentro e che guida ogni tua azione al punto da mettere a repentaglio la tua stessa vita.
Il ‘magro’, così come fu subito soprannominato Rolando per motivi facilmente immaginabili, questo fuoco ce l‘aveva dentro ed è bruciato per tutta la sua lunga vita. Una vita vissuta da partigiano perché, quando in gioventù ti trovi a vivere una simile esperienza, non può che restarti addosso per sempre, con lo stesso orgoglio, quel 13 febbraio del ’45 così come oggi.
Lui la sua vita l’ha vissuta testimoniando, andando nelle scuole, scrivendo un libro, non mancando mai alle commemorazioni ufficiali e non negandosi mai a chi semplicemente gli chiedeva cosa furono quegli anni. Pur di raccontare si era adeguato anche al mondo nuovo, ai social nei quali era presente, alla tecnologia, tutto pur di dire a chi quei giorni non era nato cosa vuol dire vivere sotto un regime e quanto bella sia la democrazia.
Rendere indietro quanto lui e quelli come lui ci hanno donato non è possibile, ma verso queste persone un dovere morale ce l’abbiamo tutti: dire a loro ed a chi contribuì alla lotta di liberazione eternamente grazie e difendere la memoria e quei valori dei quali godiamo oggi. Ciao Rolando, è il saluto commosso di una città che non ti dimenticherà mai. E grazie di tutto.
Marco Mainardi
Tutte le notizie di GoBlog




