Il Giani 'pigliatutto' e il dilemma della sinistra: diversi dal PD, ma uniti contro Ceccardi. Che fare?

Tra le crepe e le fratture che hanno scosso la sinistra toscana negli ultimi anni, a creare una sorta di identità negativa era stato il progressivo convincimento che serviva costruire una strada alternativa al PD. Era un po' poco, ma era pur sempre un passo avanti. È bastata però l'alta marea di un centrodestra chiassoso per abbattere quel fragile castello di sabbia. E così se qualcuno, da Fattori al redivivo PCI, ha mantenuto le distanze, una parte della sinistra si è convinta che con il mare in tempesta era il momento di fare ritorno in un porto sicuro: quello del PD.

Il candidato Eugenio Giani ha raccolto intorno a sé una parte consistente del mondo del centrosinistra, ma più che un progetto politico il suo sembra una Santa Alleanza: il suo punto di forza è la paura del nemico comune, la Ceccardi. La coalizione è però tenuta insieme con la colla stick, usata impropriamente come cemento di una casa politica in cui molti si sentono al massimo affittuari.

Giani ha sfruttato le debolezze di un PD che soffre di cronica crisi di identità e si è autoproclamato leader mettendo il partito di fronte al fatto compiuto. Ha reso evidente l'incapacità del 'nuovo' PD di pescare un altro candidato valido in una dirigenza di partito che in Toscana sembra niente più che una succursale del renzismo. Gli applausi ricevuti all'unanimità nell'assemblea regionale del PD sono serviti a nascondere l'imbarazzo di un partito che stava guardando altrove, verso orizzonti zingarettiani rivelatisi un miraggio. Giani ha messo la quinta sulla via del 'centrismo' e poi ha invocato l'etica ella responsabilità.

Si è quindi proclamato unico baluardo a difesa della roccaforte rossa, ma con addosso un'armatura rosa: ha messo in chiaro di essere un moderato, un 'aggregatore', che guarda tanto a sinistra quanto al centrodestra, alfiere di un 'centrismo annacquato' che più che contrapporsi alla destra, si contrappone ai toni chiassosi e populistici del salvinismo. Negli ultimi anni destra e sinistra-PD hanno infatti condiviso alcune delle scelte strategiche per la Regione, dalle infrastrutture alla Sanità, e Giani non sembra voler deviare da quella strada; rivendica però una differenza che è più culturale che politica con Ceccardi e Salvini. Così a destra il PD strizza l'occhiolino a quei moderati a cui la svolta verde non piace, vi contrappone la responsabilità istituzionale e un serio progetto liberale contro il dilettantismo politico o i toni xenofobi e razzisti della Ceccardi; a sinistra invece mette in mostra i voti ereditati dal passato come stellette all'abito per convincere di essere l'unico argine al cdx, denuncia gli irriducibili e gli irresponsabili che non lo seguono, ma fa orecchie da mercante quando si tratta di ascoltarli. Eppure il candidato del PD per una parte della sinistra è quel  'menopeggio' politico che è pur sempre meglio del salvinismo. Il risultato è che un PD dato al 30% si proietta a sfiorare il 50%.

Ma Giani è finito per essere il direttore di una cacofonia politica che segue uno spartito di musica dodecafonica e con molti strumenti scordati, insomma un gran chiasso: all'interno della sua coalizione ci sono i renziani di Italia Viva e al tempo stesso chi vuole chiudere con il "renzismo", Articolo 1 lo appoggia ma tiene a precisare che "avrebbe preferito una coalizione più spostata su posizioni progressiste", Italia Viva lo appoggia, ma sempre più insofferente al PD minaccia di staccare la spina a suon di diktat sul programma, c'è un ampio fronte contro l'aeroporto e Giani che ha più volte ribadito si farà, infine posizioni diverse su Sanità, infrastrutture, welfare regionale, piano rifiuti e ancora altro. Come possa un mare così agitato stare in un bicchiere sono in molti a chiederselo.

Il candidato del PD dal canto suo si è preoccupato delle diatribe tra inquilini solo quando ha capito che la destra era più forte di quel che pensava e che qualche 'accomodamento' di coalizione andava fatto pro bono pacis. Da qui i passi indietro ad esempio sui rifiuti o qualche accoglienza verso le proposte da sinistra. Ma questo mero opportunismo non cancella che è 'merito' della Ceccardi se parte della sinistra è tornata nell'alveo del PD. Le elezioni toscane sono interpretate da alcuni come una vera e propria battaglia di civiltà con ricadute a livello nazionale: perdere la Toscana sarebbe una debacle per tutta la Sinistra, un passpartout che permetterebbe al salvinismo di radicarsi in tutta la penisola. Da qui la scelta di fare un passo indietro. Caso limite è quello di Sinistra Civica Ecologista, la lista che è espressione di Art1, 2020 a Sinistra e Comunità Civica Toscana, la lista che mentre sostiene Giani rivendica "posizioni diverse" su molti punti fondamentali del governo toscano, uno su tutti l'aeroporto. Ossimori di una coalizione che s'ha da fare.

La sinistra si è insomma spaccata anche su quanto essere 'diversi' dal PD. Tommaso Fattori, con Toscana a Sinistra, ha provato a dare seguito ad un progetto alternativo e opposto a quello di Giani, è riuscito addirittura nell'impresa di ripresentarsi dopo 5 anni con lo stesso nome e in continuità con il progetto precedente, un unicum nel panorama degli ultimi anni. Ha ottenuto il sostegno di Potere al Popolo, Rifondazione Comunista e Sinistra Italiana. Ma erano troppo grandi gli incubi che agitavano una parte della sinistra toscana che, quindi, ha fatto quel che sa fare meglio: si è divisa.

Proprio Sinistra Italiana ha vissuto la più clamorosa scissione interna: il direttivo regionale ha espresso sostegno a Fattori, ma un gruppo di 'dissidenti' ha preso le distanze e ha espresso il sostegno alla lista SCE. È il caso più eclatante di un contraccolpo che ha riguardato molte realtà a livello regionale e locale e che ha coinvolto moltissimi militanti di area, tra reciproche accuse di 'tradimento ideologico' (chi ha sostenuto Giani), o di irresponsabilità (chi non sostiene Giani lasciando via libera al cdx). Solo per fare un esempio nel nostro Empolese Valdelsa, il progetto civico di sinistra Fabrica Comune si è letteralmente divisa tra chi sostiene Giani e chi Fattori, con militati confluiti chi in Toscana a Sinistra chi in Sinistra Civica Ecologista.

Che si tratti di una scelta strategica emerge esplicitamente dalla nota dei 'dissidenti' di Sinistra Italiana: "Per la prima volta nella storia repubblicana - si legge -  ‘questa’ destra, non è scontato che perda in Toscana; quindi non possiamo sottrarci alla battaglia politica". Sembra quindi che la sinistra abbia recuperato dagli scaffali Lenin quando scrisse che un vero comunista deve capire quando c'è bisogno di fare un passo indietro, che parafrasando Montanelli significa: "turiamoci il naso e votiamo Giani!". È opinabile se sia giusti o meno trasformare Ceccardi in un Moloch politico, ma serve l'onestà intellettuale per dire agli elettori che a muovere parte della sinistra intorno a Giani non è una rivalutazione del Partito Democratico, né un passo a sinistra di Giani sulla via di Damasco, ma una strategia difensiva e poco altro.

Nella lettera dei 'dissidenti' di Sinistra Italiana si dà non a caso due priorità: "contribuire a fermare questa destra pericolosa che nella nostra regione ha già preso molte città" e "spostare a sinistra la coalizione". La prima è appunto un arroccamento politico, una scelta di strategia per evitare il male maggiore. La seconda è niente più che una scommessa politica che passa solo dal peso che avrà la lista SCE nell'elezione di Giani:  il futuro presidente dovrà tenere in equilibrio una coalizione con anime in disaccordo su quasi tutto, e a fare da ago della bilancia sarà il numero di consiglieri eletti e di voti presi, nel solco del più tradizionale centrismo. In caso di successo elettorale SCE avrà realmente spostato a sinistra la Giunta regionale, costringendo Giani o a far cadere il suo governo o a scendere a patti, nell'altro però Sinistra Civica Ecologista sarà una lista 'usa e getta', insomma lo zuccherino 'rosso' per rendere mangiabile il piatto amaro a quell'elettorato di sinistra che il PD lo vota a fatica. In questa declinazione matematica della politica a contare sono i numeri: dai sondaggi Italia Viva sarà il partito che peserà di più nell'elezione di Giani, quindi a sinistra la domanda da farsi è Cui prodest?

Insomma quello delle Regionali 2020 è il solito canovaccio della sinistra alle prese con i suoi demoni. La verità è che la sinistra fluttua sperduta in un universo politico in cui non trova più stelle a cui girare intorno: bravissima a dire cosa non vuole (la destra) e cosa ormai non è di sinistra (il PD), è altrettanto incapace di pensare un progetto politico e soprattutto culturale di ampio respiro per rilanciarsi. Finisce così per dover fare una scelta di campo, tra l'ideologia e la responsabilità, un labirinto di vicoli ciechi dove spesso si perde la strada di casa.

 

Giovanni Mennillo

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