Alluvione Firenze 1966, Roberto Giorgetti racconta la "straordinaria solidarietà" di quei giorni

alluvione firenze 1966
Alluvione a Firenze del '66

Cinquantacinque anni dopo un cittadino di Firenze, Roberto Giorgetti, ricorda quei giorni: "Sono tanti i personaggi rimasti nell'ombra perché non volevano apparire come eroi, ma che hanno lavorato per la Toscana colpita dall'alluvione"


Alluvione a Firenze del '66

Alla fine dell'ottobre 1966 iniziò a piovere, e non smise per giorni. Il maltempo incessante culminò nel novembre, precisamente il 4, con lo straripamento dell’Arno che sconvolse la Toscana.

Oggi ricorre il 55esimo anniversario dall’alluvione che colpì la provincia di Firenze e buona parte dei paesi dove scorre il fiume. Il centro, i quartieri del capoluogo ma anche i comuni circostanti fino a Empoli e Pontedera, furono sommersi da quello che di fatto è stato uno dei più gravi eventi alluvionali d’Italia. Fu di 35 persone il bilancio dei decessi, tra Firenze e altre parti della Toscana, tra cui Castelfiorentino, Empoli e Montelupo Fiorentino.

I giorni di pioggia battente finirono per peggiorare rapidamente dal pomeriggio del 3 novembre fino a far risvegliare Firenze e i comuni accanto all’Arno e i suoi affluenti, con l’acqua letteralmente alle finestre. In alcuni punti della città l’acqua arrivò a toccare i cinque metri. Furono giorni tragici, resi ancora più difficili dall’interruzione degli spostamenti e dalla mancanza di quella comunicazione veloce, a cui oggi siamo tanto abituati ma che allora era ancora lontana. Giorni di fuga dalle proprie abitazioni, di raduni tra famiglie e vicini per darsi una mano a vicenda, ma furono anche giorni di grande solidarietà. A dirlo, e a raccontarci quei momenti che restano impressi nei ricordi è Roberto Giorgetti.

Durante l’alluvione Giorgetti era un giovane di 22 anni, cittadino di Firenze, che ha vissuto l'emergenza come molti altri cittadini, tutelando la propria famiglia e dando una mano al proprio quartiere. Giorgetti nel febbraio dello stesso anno fu congedato dal servizio militare, svolto nei vigili del fuoco. Carriera che è ritornata nella sua vita poco dopo la furia dell’Arno. Rientrò nel Corpo Nazionale alla fine del novembre 1966 fino alla pensione, 39 anni dopo nel comando di Firenze. Oggi a 77 anni ricorda l’alluvione.

"All’epoca abitavo in una strada vicino a via Bronzino, nei pressi del Ponte alla Vittoria. Come tanti altri fui sorpreso quella mattina" racconta Giorgetti, precisando che il 4 novembre, festa delle forze armate e dell’unità nazionale, era un giorno festivo e probabilmente come ritenuto da molti, questo aiutò a contenere la catastrofe.

"Mia mamma chiamò me e mio fratello, urlando che fuori era pieno d’acqua". Da quel momento Roberto, come tanti fiorentini, uscì a fare provviste e a mettere in salvo i propri cari tra i centimetri d’acqua che scorrevano per le strade.

Presa la fidanzata e la cognata, tutti si riunirono nella casa di famiglia che si trovava al secondo piano, organizzando quello che Roberto descrive oggi come un accampamento, "anche con i vicini poiché senza la tecnologia di oggi, i contatti erano difficili".

L’alluvione continuò col suo passo distruttivo a marcare in maniera indelebile Firenze. "Il 6 mattina io e mio fratello andammo a piedi in centro – dove entrambi lavoravano – e capimmo il disastro, ci accorgemmo dello sfacelo tra i negozi e le case, sepolte dal fango, vedemmo la disperazione delle persone".

Furono momenti duri, che durarono circa una ventina di giorni dove ognuno a casa e al lavoro, cercò di salvare il salvabile, se era rimasto qualcosa. Gli spostamenti avvenivano tutti a piedi, "non c’erano mezzi pubblici – dice Giorgetti – anche la caserma dei vigili del fuoco in via della Farina fu alluvionata". I pompieri iniziarono a lavorare prima del 4 novembre, perché zone come Figline e Incisa erano già con l’acqua alta. E non tornarono a casa per giorni, perché erano bloccati e perché era un momento "di piena crisi, dovevano aiutare. Tuta, giubbotti e via, lavorarono con ciò che era rimasto".

Così come i vigili del fuoco, forze dell’ordine e volontariato si rimboccarono le maniche. Ma a rimanere nella storia sono i migliaia di volontari che arrivarono in Toscana da tutto il mondo e che per giorni non persero tempo a salvare opere d’arte, beni e persone.

Gli 'Angeli del fango', così furono chiamati, "arrivarono circa dopo il 10, anche da molto lontano. Questi ragazzi furono meravigliosi – ricorda Giorgetti – avevano il fango dalle orecchie alla punta dei piedi e salvarono tantissime cose che sarebbero andate perse. Firenze e le organizzazioni si mobilitarono per quei giorni e per dare da mangiare ai tanti volontari". Ma se una parte della città fu colta dalla distruzione, al di là della ferrovia, i segni dell’alluvione non ci furono.

Per questo, in zone come Campo di Marte, "i forni lavoravano incessantemente per mandare il pane nella Firenze disastrata. Questo è stato bello, la grande solidarietà che si è creata. Tanti personaggi, donne e uomini, che magari sono rimasti nell’ombra perché non gli interessava apparire come eroi, hanno lavorato per aiutare la Toscana colpita dall’alluvione non solo nei giorni caldi, dal 4 al 6 novembre, ma per tutta l’emergenza".

La generazione di Roberto, che ha vissuto sulla propria pelle i danni provocati dall’Arno, ricorda l’aiuto senza nulla in cambio, che tanti giovani e cittadini misero a disposizione per il prossimo. Scene di altruismo che rimangono impresse, anche a distanza di 55 anni. "Ricordo di aver visto in San Frediano una fraternità particolare – continua Giorgetti – c'erano persone che andavano nelle case con indosso solo le mutande, e portavano via gli anziani mettendoli in salvo all’asciutto".

L'alluvione del '66 come detto non interessò solo Firenze, ma buona parte della regione, il nord e il centro Italia. Centinaia di migliaia di metri cubi di fango misero in ginocchio quartieri e città, distruggendo infrastrutture, strade, rendendo difficili i soccorsi e provocando danni enormi al patrimonio artistico di biblioteche e musei, compresi gli Uffizi.

Amici Miei Atto II, la scena dell'alluvione da Piazzale Michelangelo

Oggi le persone che hanno vissuto quei giorni raccontano di una straordinaria catena di solidarietà, che si attivò per far fronte all’emergenza, e il fondamentale contributo del volontariato delle associazioni o quello spontaneo dei cittadini, poiché al tempo ancora non era stata costituita la protezione civile. Negli anni le cronache giornalistiche e le foto dell’alluvione hanno fatto il giro del mondo e il disastro causato da quell'incredibile maltempo è stato raccontato anche dal cinema e dalla musica. Rievocazioni affrontate anche in chiave ironica, tipica della vena toscana, come nella malinconica scena di Amici Miei atto secondo, dove i cinque amici dall’alto del Piazzale Michelangelo osservano la Firenze inondata, con le riprese dell’epoca: "Questa alluvione ci ha alluvionati anche dentro".

Margherita Cecchin



Tutte le notizie di Firenze

<< Indietro

torna a inizio pagina