Baragli: "Piccole aziende agricole strangolate dal caro energia"

"Vi scrivo per lanciare un appello al salvataggio dei piccoli agricoltori toscani, un pezzo del mondo non solo produttivo e occupazionale ma anche culturale e sociale della nostra regione.

La pandemia ha cambiato in profondità le nostre vite e ancora oggi, nonostante la massiccia campagna vaccinale, rischia di portare ulteriori disagi a tante famiglie e imprese. E’ vero che in questo momento l’attenzione collettiva è spostata su altre emergenze, a cominciare giustamente dall’esigenza di bloccare il più possibile la diffusione della nuova variante Omicron e i suoi potenziali effetti negativi, diretti e indiretti, sulla salute delle persone.

Tuttavia una porzione di questa attenzione almeno da parte delle istituzioni pubbliche dovrebbe essere riservata anche al nostro mondo che rischia (e non sto esagerando) l’estinzione. Mi riferisco a quel patrimonio di piccole aziende agricole, spesso a conduzione familiare, che in questi mesi hanno tenacemente resistito cercando di rimanere produttive nonostante tutto. Oggi queste nostre aziende, che mi onoro di rappresentare oltre a farne parte, non sanno se fra qualche settimana potranno continuare a lavorare e a esistere.

L’aumento dei costi fissi, reso insostenibile a causa dei rincari energetici e delle loro conseguenze dirette e indirette (pensiamo solo all’aumento dei costi dei trasporti e delle materie prime), abbinato alla pratica dei prezzi al massimo ribasso praticato dalla Grande Distribuzione sui prodotti agricoli e agroalimentari, hanno creato un vero e proprio effetto tagliola. Le nostre produzioni costano sempre di più, ma ci vengono pagate sempre meno in relazione ai costi fissi da sopportare: una morsa in cui il piccolo agricoltore, quello che ha puntato tutto non sulla quantità ma sulla qualità del prodotto, viene schiacciato.

Fin qui molti di noi hanno tirato avanti usando i risparmi o aprendo nuove linee di credito con le banche, nella speranza che dopo l’emergenza Covid sarebbe arrivata una ripresa più lunga e più equa in grado di garantire anche alle aziende agricole di piccole dimensioni quei margini indispensabili per tenersi in equilibrio. Tutto questo però non è successo e quindi oggi molti di noi non solo devono far fronte anche a situazioni finanziarie più precarie.

Le conseguenze sul piano economico, occupazionale e sociale di questa situazione sono facilmente immaginabili. Sono invece meno percepibili le conseguenze sia culturali che ambientali nel medio periodo. Ogni azienda agricola che chiude infatti non vuol dire solo una famiglia in più senza reddito, ma anche un pezzo della nostra Toscana che viene abbandonato.

Una parte della nostra tradizione culturale centenaria che viene cancellata e con essa un presidio in meno in difesa dell’equilibrio ambientale e idrogeologico. L’abbandono di un territorio produce incuria, la quale a sua volta aumenta il rischio che fenomeni metereologici particolarmente impattanti possano produrre danni irreparabili.

Sono fatti e storie note che abbiamo, purtroppo, già visto accadere anche nel recente passato. Dove viene meno la cura del territorio, del bosco, del corso d’acqua, della collina, è più facile che non vi siano freni a quegli eventi atmosferici che sono sempre più violenti, improvvisi e concentrati a causa dei cambiamenti climatici. Abbandonare oggi al proprio destino i piccoli agricoltori significa rinunciare a difendere un pezzo di Toscana".

Ritano Baragli, presidente della Cantina Sociale Colli Fiorentini



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