In Ucraina per documentare la guerra: il racconto da Kiev del santacrocese Alfredo Bosco

Alfredo Bosco all'inaugurazione della sua mostra a Villa Pacchiani, ottobre 2021 (foto Giulia Deidda da Facebook)

Giovane fotoreporter cresciuto a Santa Croce sull'Arno, Bosco aveva già fotografato il Donbass: "Vedo una crisi umanitaria. Gli ucraini sono orgogliosi"


Alfredo Bosco è un fotoreporter classe 1987 cresciuto a Santa Croce sull'Arno. Da sempre si occupa di problematiche sociali e crisi geopolitiche. Con la sua mostra 'Aree di crisi' ha fatto conoscere, tra le altre cose, la situazione nel Donbass fin dal 2014. Dopo aver viaggiato in gran parte del mondo - Messico o Haiti, giusto per citarne due -, è tornato in Ucraina. Stavolta si trova a Kiev ed è lì per documentare ciò che sta avvenendo dopo l'attacco della Russia. A gonews.it Alfredo Bosco ha parlato di cosa sta avvenendo in queste ore nella capitale e non solo.

Com'è la situazione adesso?
Si è fatta più tesa. Il meeting di ieri Russia-Ucraina non è andato a buon fine. Pare stia avanzando una colonna russa nei pressi della capitale e sia a venti chilometri, a quanto stanno dicendo in queste ore.

Come si vive a Kiev?
Il lockdown è severissimo. Il coprifuoco dura dalle 20 alle 8. Vige la legge marziale e dunque si può sparare a chiunque sia sospetto e esca in quelle ore. L'85% circa della popolazione ha lasciato la capitale. La stazione dei treni è stata presa d'assalto, la gente sta andando verso Lviv [Leopoli in italiano, ndr] per raggiungere il confine polacco. I treni sono stati messi gratuitamente a disposizione di tutti.

Molti ucraini hanno deciso di rimanere pur avendo la possibilità di andarsene, confermi?
Gli ucraini stanno tirando fuori l'orgoglio, è vero. Tanti decidono di rimanere o aggregandosi alle milizie o portando aiuti.

Come hanno vissuto l'attacco?
Come una vera e propria invasione da parte della Russia. Come ho detto, quella ucraina è una cultura molto orgogliosa. La città di Kiev inoltre si sta organizzando con una milizia di volontari

Cosa ti ha colpito in queste tue prime ore a Kiev?
Vedo una grossa crisi umanitaria, un esempio è dato dalle folle nelle stazioni. Un altro viene dagli ospedali, dove le donne e i bambini sono costretti a rimanere negli scantinati.

Già in passato ti sei occupato del Donbass e lo hai mostrato in 'Aree di crisi'. 
Come tanti colleghi avevamo capito che la questione ucraina era molto più importante di quanto si pensava a occidente. Non era un conflitto in un paese sperduto, già nel 2014 si avevano segnali di grave incomunicabilità tra Russia e Ucraina. In realtà è una vera guerra alle nostre porte e non si sa quanto potrebbe durare.

Quanto resterai in Ucraina?
Non posso pianificare a lungo termine, non so quanto rimarrò. Per fare un esempio, un collega è stato in Donbass un mese fa credendo di rimanere circa una settimana, ma è ancora là perché gli sviluppi di cronaca lo hanno portato a restare.

Hai un piano di lavoro?
Anche in questo caso non posso fare piani. Oggi sono a Kiev, nei prossimi giorni chissà, magari Mariupol o Odessa. Documento quel che succede.

Hai paura?
Non mi faccio rapire molto dalle emozioni. Logico che un po' di preoccupazione si percepisce, ma sto ben attento a non fare mai il passo più lungo della gamba.

 

[Ringraziamo Alfredo Bosco per la disponibilità e per aver ritagliato una fetta del suo tempo a Kiev per concederci l'intervista, questo è il suo sito per vedere alcuni suoi lavori]

G.L.



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