Gli oggetti rinvenuti da un team dell’Università di Pisa che ha analizzato quantità e meccanismi di accumulo dei rifiuti marini nel Mediterraneo prendendo come caso studio Marina di Pietrasanta
Confezioni di farmaci scaduti trent’anni fa e ben più nuove mascherine chirurgiche e FFP2 lascito della pandemia da Covid-19. Sono questi alcuni degli oggetti rinvenuti da un team dell’Università di Pisa che ha analizzato quantità e meccanismi di accumulo dei rifiuti marini nel Mediterraneo prendendo come caso studio Marina di Pietrasanta, nota località balenare toscana della Versilia. I risultati della ricerca finanziata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca sono stati appena pubblicati sulla rivista “Science of the Total Environment”.
Il team di biologi marini e biologi igienisti ha stimato che dal 2020 al 2021 lungo i 4,7 km di spiaggia di Marina di Pietrasanta si siano depositati circa 367mila oggetti, al 90 per cento costituiti da plastica, e che il costo per rimuoverli sia stato di circa 27.600 euro al chilometro l’anno. Inoltre, come appurato dallo studio la maggioranza di rifiuti (in media 710 oggetti ogni 100 metri) si spiaggia con le mareggiate invernali e autunnali e anche la tipologia varia a seconda delle stagioni con alcuni oggetti, ad esempio pezzi di polistirolo e scarpe, più abbondanti in autunno mentre altri, come i sacchetti di plastica, in primavera ed estate.
“I risultati del nostro studio forniscono indicazioni per gestire in modo più efficace la pulizia delle coste, e suggeriscono ad esempio la possibilità di intervenire anche in inverno quando l’accumulo è maggiore - spiega la professoressa Elena Balestri dell’Università di Pisa fra le autrici della pubblicazione.
“Ma c’è anche da sottolineare che i rifiuti marini spiaggiati non dipendono interamente da quanto prodotto ed eventualmente mal gestito in loco ma piuttosto dall’interazione tra correnti litoranee e attività antropiche collegate a fiumi e porti – continua Balestri - la gestione dei rifiuti ed i relativi costi di rimozione e pulizia non possono quindi essere interamente delegati ai singoli comuni costieri, ma devono essere affrontati almeno a scala regionale coinvolgendo enti pubblici e privati e anche associazioni di volontari”.
Insieme a Elena Balestri hanno partecipato alla ricerca Annalaura Carducci come responsabile, Virginia Menicagli, Davide De Battisti, Ferruccio Maltagliati e Alberto Castelli, Marco Verani, Ileana Federigi e Claudio Lardicci.
Fonte: Università di Pisa - Ufficio stampa
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