Dal cuoio all'Empolese, viaggio nelle opere dell'architetto Lanfranco Benvenuti

Lanfranco Benvenuti

Cronaca di Andrea Mancini


Lanfranco Benvenuti

Nella zona è stato senza dubbio l’architetto più importante del secondo 900, realizzando edifici che a distanza di oltre cinquant’anni reggono ancora al tempo, dando prova di una forza mai banale, che si impone allo sguardo e che continua ad essere abitata con grande soddisfazione. Esiste a San Miniato l’Associazione Architettura e Territorio Lanfranco Benvenuti, costituita dal Comune di San Miniato e da un gruppo di promotori, con l’intento di ricordare il nome e di valorizzare l’opera dell’architetto Lanfranco Benvenuti, promuovendo e diffondendo la cultura architettonica, urbanistica, del paesaggio e dell’ambiente tramite il confronto ed il coordinamento tra istanze culturali, soggetti professionali, enti culturali e territoriali. Di recente (febbraio 2022) è stato eletto un nuovo consiglio direttivo, con il compito, tra l’altro, di discutere un piano strutturale intercomunale tra San Miniato e Fucecchio. Il presidente dell’Associazione è l’architetto Ilaria Borgioli.

Breve - perché era nato a San Miniato nel 1937 e morì nel 1989 - ma intensissima, l’esperienza umana dell’architetto Lanfranco Benvenuti, nella quale il punto di riferimento privilegiato, in cui seppe trovare una maggiore consonanza, fu uno straordinario architetto americano, che non sembra aver dato vita a nessuna scuola. Stiamo parlando di Louis Kahn, nel quale la spiritualità del progetto sembra prevalere su qualsiasi altra motivazione, diventando dunque assolutamente anti moderno, e magari proprio per questo restando un modello per tanti architetti, come ad esempio lo svizzero Mario Botta, e appunto il nostro Benvenuti, il cui progetto per il parcheggio della Valle di Cencione, o le tombe realizzate nel cimitero urbano, replicano in modo chiarissimo le strutture architettoniche dei castelli e dei bastioni, ma soprattutto ricordano senza dubbio le strutture in cui Louis Kahn tentava di compiere lo stesso gesto, di legare l’architettura contemporanea al paesaggio, con segni che erano anche del passato. Ci sono in Benvenuti alcune strutture "salvate" dalla rimozione e valorizzate all’interno di un percorso che potrebbe aver fatto scuola, come la piazza di San Zeno a Pisa. Il suo lavoro certo anticipa soluzioni di recupero che poi sarebbero diventate la norma, ad esempio nei restauri appunto di San Zeno o del Parco Corsini a Fucecchio, del Teatro del Popolo a Castelfiorentino, o nella struttura intorno al Cinema Cristallo (oggi trasformato in centro commerciale) di Empoli o in molte opere di riqualificazione di edifici preesistenti, realizzati per alcuni Istituti di credito, prima fra tutte la Cassa di Risparmio di San Miniato (anch’essa diventata Crédit Agricole, ma comunque ferma nelle sue architetture, come quella di Poggibonsi progettata appunto da Benvenuti).

Se si osserva il paesaggio intorno a San Miniato, possiamo scoprire il lavoro di questo grande architetto, la sua poesia è già tutta qui, in strutture che lui non ha progettato, ma che certo lo hanno ispirato: nei cipressi, negli olivi, nelle querce, che si possono reperire nel contesto e nelle forme in cui si sono sviluppate, proprio su indicazione del progettista, per i numerosi edifici ideati da Benvenuti. Stiamo pensando ai suggestivi edifici presenti a Poggio di Cecio a San Miniato, ma anche ad altre strutture progettate addirittura prima della laurea, come il pantalonificio Vires a La Scala o la casa Falaschi a San Miniato Basso, e poi una serie di straordinarie abitazioni a Santa Croce sull’Arno (via Pascoli), Fucecchio (zona di chiesa della Vergine), Vinci (zona di Sant’Ansano), Empoli (via Bartolini). Questo naturalmente per limitarsi ad un territorio di riferimento, perché sue progettazioni sono anche in altre regioni e persino all’estero.

Cassa di Risparmio di San Miniato (oggi Crédit Agricole)

Qualche anno fa, proprio su sollecitazione dell’Associazione Benvenuti, allora presieduta da Sandro Saccuti, ho realizzato un documentario sulla vicenda espressiva del grande architetto, proiettato a Palazzo Grifoni di San Miniato, ad un convegno promosso tra l’altro dagli architetti pisani. Nel film si sottolineavano tra l’altro le sue origini, la provenienza da una famiglia abbastanza modesta, da cui era nato anche il famoso canonico Benvenuti, parroco della Nunziatina, chiesa e oratorio ben noti ai sanminiatesi, anche sede, per anni, della squadra di pallacanestro, l’Etrusca Basket. Fu in quel luogo che Benvenuti diede le sue prime prove: credo infatti che sua sia la progettazione delle case immediatamente prospicienti alla Nunziatina, oltre naturalmente al rinnovamento della struttura esterna della chiesa, che ospitava appunto campo e canestri.

Il mio film, che si intitolava con il nome dell’architetto e le date di nascita e morte, fu alla fine girato senza un vero finanziamento, ma restò di notevole complessità, a partire da un esempio di partenza prestigioso, quello di Nathaniel Kahn il figlio di Louis Kahn, che aveva diretto My architect. Un uomo. Le sue opere. I suoi segreti (pubblicato nella serie Feltrinelli Real Cinema nel 2005), un bellissimo documentario vincitore dell’Oscar nel 2004, che rappresenta il viaggio di un figlio illegittimo verso l’universo padre, attraverso i rapporti umani, in giro per il mondo, lasciando la macchina da presa libera di seguire il senso del vento, più che quello della costruzione.

Proprio in questo senso abbiamo seguito Lanfranco Benvenuti, nel suo viaggio intorno a San Miniato, ispirati dalla poesia dei luoghi, dalla loro architettura naturale. Purtroppo – per motivi soprattutto economici - non siamo potuti arrivare da altre parti, in altre regioni d’Italia, ma anche all’estero. Non ci sono praticamente immagini relative ad esempio alla Libia, alla quale Benvenuti dedicò molti anni di lavoro a inizio carriera, fino al traumatico arrivo di Gheddafi, che lo costrinse a fuggire, abbandonando casa, studio, macchine e altri materiali. Di questo interessante periodo è restata, presente anche nel film, un’interessante intervista con l’architetto Rafanelli, che in quegli anni era in Libia con Benvenuti. Rafanelli ci ha confessato di non sapere più niente delle loro realizzazioni, delle quali esistono soltanto dei progetti, disegni, forse qualche immagine fotografica. Sarebbe insomma straordinario tornare nelle città interessate al lavoro dei due giovani architetti, senza la certezza di trovarne traccia, in ogni caso dando uno spessore poetico a quelle che adesso sono solo intuizioni.

Certo il lavoro di Benvenuti non è fermo, ed è questo il segno della sua vitalità, gli edifici si modificano, migliorano nelle loro strutture, che scivolano secondo le linee delle colline dove sono costruiti, o per altri versi, realizzando forme futuribili in luoghi invece pianeggianti. Fra tutti questi importanti edifici, ci piace però segnalare un piccolo elemento, una sedia, ancora in produzione, sebbene in numeri assai limitati e a costi da collezionismo, che si chiama Vescovina, ad essa si ispira il simbolo dell’Associazione Lanfranco Benvenuti. Una forma di forte contemporaneità, che però nasce dalle sedie dei vescovi o comunque di alte eminenze, così come il lavoro progettazione del loro inventore, vicino ad una architettura di forte attualità, sebbene prenda spunto dalle forme del passato, da forme naturali.

"Quell’olivo – dice una didascalia immaginata per il documentario, una specie di lettera di Lanfranco alla figlia - magari l’avevi già immaginato, sono proprio io. Lo so, in molti ti dicono che io non ci sono più. Quando ti ho sorriso, quando mi hai sorriso per l’ultima volta eri quasi una bambina… Ma quell’olivo sono io, ben piantato nella nostra meravigliosa terra toscana, a crescere e a contorcersi, nei secoli a venire. Almeno spero! Su questa terra che ancora conserva il disegno di quelli che oggi si chiamerebbero grandi urbanisti, ma che allora erano soltanto degli uomini – i miei nonni e bisnonni, i miei zii, tra altro il mio zio prete, grande animatore dei giovani sanminiatesi, lì nella sua parrocchia della Nunziatina. Quell’olivo, appunto, sono proprio io, osservami bene, a volte mi muovo, anche quando non c’è vento".

Fonte: La conchiglia di Santiago



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