All’Orcio d’Oro di San Miniato la mostra di Gianfranco Tognarelli

Quarto anno di attività per l’Orcio d’Oro, nato nell’autunno del 2020, con l’attraversamento del periodo della pandemia, con bellissime mostre all’aperto, negli spazi della piazza del Seminario, nei loggiati di san Domenico, con una serie di esposizioni fotografiche sulla porta della galleria e da altre parti.

A San Miniato (via Augusto Conti 48 – tel. 3335925005) dal 18 febbraio alle ore 17,30 (fino al 4 marzo, dal mercoledì al sabato, ore 18-19 e 30) si apre all’Orcio d’Oro la mostra di Gianfranco Tognarelli: Passaggi Orfici.

L’artista, nato a Pontedera nel 1949, è stato tra l’altro allievo di un grande pittore sanminiatese, Anton Luigi Gajoni, autore degli affreschi in moltissime chiese del territorio, e anche a San Miniato e dintorni, tra l’altro la lunetta sulla porta di San Domenico, ma anche il Crocifisso che saluta i visitatori davanti al Convento dei Cappuccini. Tognarelli ha scritto la sua tesi d’Accademia proprio su Gajoni, ma soprattutto ha mediato da lui un cromatismo molto accentuato, che Gajoni portò in Italia come eredità degli anni parigini.

La pittura di Tognarelli, che viene da un realismo abbastanza accentuato, ha perso nel tempo i contorni delle cose, diventando meno riconoscibile, anche se resta il gusto per la forma e il colore che entra in rapporto con essa, con risultati di notevole fascino che - lo dice Andrea Mancini, curatore della mostra - “possono richiamare tanti grandi dell’arte italiana e non solo, ma che confermano una forte originalità dell’artista, che potremo ammirare in mostra, anche nell’interessante attività di incisore, soprattutto a partire dalla prestigiosa esposizione che ha tenuto nel tempio fiorentino dell’acquaforte, la Galleria fiorentina del Bisonte, dove hanno inciso grandi artisti, come Picasso o Henry Moore, Guttuso o Zancanaro”.

“Quando uno decide di essere pittore, si dovrebbe tagliare a lingua”, dice Tognarelli parafrasando Matisse. “Dipingere è cercare e talvolta trovare sintonia tra noi, il nostro lavoro e la realtà che ci circonda” e ancora “I miei sono lavori nei quali si evocano sensazioni, non sono descrizioni”. Insomma, al di là dei tentativi di raccontarsi e di spiegarsi, leggiamo in questo pittore la felicità e a volte il dramma di una ricerca di spessore, che tenta di rappresentare il mondo e il suo colore con la pittura o sulla lastra. Troviamo così, basta scrostare una patina a volte leggerissima, quadri che rappresentano la guerra, o altri momenti altrettanto drammatici, ma anche opere ispirate alla musica e a quanto di bello essa contiene, la gioia il piacere, altre situazioni in cui l’uomo è talvolta in pace con se stesso, si lascia vincere dalla forza del colore, in un salotto privato o in uno spazio pubblico.

Fonte: Ufficio Stampa



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