Piano cave, Cgil e Legambiente contro la variante: "Scelta incomprensibile"

Rossano Rossi (segretario generale Cgil Toscana): "La Regione modifichi il provvedimento"

La variante di aggiornamento al piano cave deliberata dalla Giunta regionale che consente ai Comuni di aumentare il tetto all’escavazione è una scelta incomprensibile.

È infatti una scelta che contrasta con quanto la CGIL Toscana sta sostenendo da tempo, ossia la necessità di creare un nuovo equilibrio tra ambiente e lavoro, attraverso il controllo dell’escavazione e il potenziamento della filiera locale.

La Regione, ha consentito di aumentare fino al 5% il quantitativo complessivo di materiale estraibile da qui al 2038, e lo fa nel momento in cui, sui nostri territori, stiamo provando a regolamentare in maniera più stringente tutto il settore, in particolare per quanto riguarda il versante apuo-versiliese.

Ci domandiamo, quindi, quale sia davvero il motivo e l’urgenza di fare approvare una modifica di questa natura, con un simile impatto. Se infatti, come apprendiamo dalla stampa, il problema è legato solo ad alcune piccole cave (i Gessi Pisani, gli inerti del Valdarno, i calcari di turrite secca a Molazzana in Garfagnana e gli inerti di Poggibonsi) per quale motivo approvare una norma che incide su tutto il settore, potenzialmente in ogni territorio e su tutte le tipologie di materiale escavato, marmo compreso?

Sappiamo bene che, con l'avvento tecnologico, nelle cave di marmo delle Apuane i ritmi di produzione e di escavazione sono sensibilmente aumentati e questo determinare un significativo impatto dal punto di vista paesaggistico e ambientale.

Continuiamo a ribadire che per noi è fondamentale investire sulla creazione di una filiera degna di questo nome, capace di creare buona occupazione anche al piano, iniziando così a completare davvero il ciclo produttivo sul territorio. La CGIL è convinta che la ricerca costante di un equilibrio tra ambiente, sicurezza e lavoro debba essere l’obiettivo di tutti.

Chiediamo, pertanto alla Regione Toscana di modificare il provvedimento.

Il netto no di Legambiente: "Scelta incomprensibile"

Nel 2020 la Regione Toscana è arrivata a stabilire nel Piano Regionale Cave (PRC) degli obiettivi di produzione sostenibile per un arco di 20 anni, dando meritoriamente un tetto all’escavazione; oggi, contrariamente a quanto stabilito dal Piano, la Giunta Regionale ha inopinatamente deciso di approvare una variante del PRC per consentire alle cave di incrementare la produzione di marmo e pietre del 5% fino al 2038.

“Si tratta di una resa alle pressioni delle imprese e di un atto di abdicazione della Regione rispetto alla sua potestà di pianificare e programmare in modo sostenibile le attività estrattive in Toscana,” dichiara Fausto Ferruzza, presidente Legambiente Toscana. “Abbiamo preso atto che diverse cave hanno superato il limite fissato dal Piano Regionale Cave e molte altre lo stanno raggiungendo e per la Giunta Regionale l’unica soluzione possibile sembra quella di alzare il limite delle quantità escavabili. Siamo veramente all’assurdo: le aziende che non hanno saputo programmare l’attività estrattiva in modo da rispettare il limite fissato dalla normativa regionale, scaglionando nel tempo i quantitativi da escavare, invece di essere sanzionate, vengono premiate, rendendo lecito ciò che lecito prima non era.”

Mentre le associazioni del territorio chiedono di “ridefinire i contingenti escavabili” sulle Alpi Apuane in base alla sostenibilità dei suoi ecosistemi e alla capacità di lavorazione della filiera locale dei prodotti lapidei e non alle potenzialità derivanti dalla domanda dell’industria edilizia e delle esportazioni estere, le decisioni prese dalla Giunta Regionale vanno in direzione opposta, persino per le cave situate in area Parco.

Legambiente Toscana chiama alla mobilitazione il mondo ambientalista e la cittadinanza per evitare questo ulteriore attacco all’inestimabile patrimonio di bellezza, paesaggio e biodiversità rappresentato dalle Alpi Apuane. La richiesta che Legambiente rivolge alla Regione è quella di tornare indietro e bloccare questa variante, approvata senza avere consultato le parti sociali. Una scelta che Legambiente ritiene incomprensibile e che favorisce solo alcuni interessi aziendali, ponendo di fatto le premesse per una dérégulation del comparto estrattivo.



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