Birra artigianale in Toscana, osservatorio del Dagri UniFi: "Valorizzare legame prodotto-territorio"

Approfondire alcune tra le principali problematiche tecniche agronomiche, di scelta varietale e di mercato che accompagnano la realizzazione di un orzo ideale per la produzione di malto, il tutto con particolare riferimento al contesto toscano, in un momento in cui anche l'attenzione dei pubblici decisori è attestata dalla recente Proposta di Legge n. 248 - Disposizioni in materia di promozione e valorizzazione della filiera agroalimentare brassicola regionale. È quanto emerge dalla Giornata di Studio “L’orzo da birra, indicazioni ed esperienze per la coltivazione in centro Italia” che si è appena conclusa presso la Tenuta di Cesa, l’azienda agricola a Marciano della Chiana (AR) di Terre Regionali Toscane che da oltre 20 anni si occupa del collaudo e trasferimento dell’innovazione e della ricerca applicata in campo agricolo-fostestale.

La proposta di legge è destinata a quelle imprese agricole interessate a produrre materie prime per alimentare una filiera locale che, rilevano i dati 2023 dell'Osservatorio nazionale sulle Birre Artigianali (ObiArt) del Dipartimento di Agraria dell'Università di Firenze, attualmente conta in Toscana un centinaio di birrifici artigianali - rispetto alle oltre 1300 imprese a livello nazionale - dei quali circa un terzo agricoli (+ 285% in Italia rispetto al 2015). Maturata la consapevolezza di essere divenuto competitivo, il settore artigianale toscano è pronto ad accrescere le specificità distintive della birra artigianale attraverso la valorizzazione del legame prodotto-territorio, e dunque attivando filiere locali che esaltino l'eccellenza qualitativa e la maggiore sostenibilità che contraddistingue un prodotto delle propria terra.

"I vantaggi dello sviluppo di una filiera locale sono tanto nel bicchiere - spiega il prof. Silvio Menghini responsabile di ObiArt - quanto sul fronte della crescita di nuovi beni e servizi, di opportunità sul mercato più remunerative per il settore cerealicolo ormai in crisi da anni, oltre che di uno sviluppo più deciso di un movimento turistico brassicolo in Toscana, esattamente come è già accaduto per altre eccellenze dell'agroalimentare nostrane".

"La coltivazione dell’orzo da birra richiede tecniche di fertilizzazione mirate volte a soddisfare le specifiche qualitative delle produzioni finali, la capacità di mitigare l’effetto della variabilità meteo-climatica sulla coltivazione e in ultimo ad aumentare l’efficienza d’uso degli input in accordo con la sostenibilità ambientale della coltivazione" dice Marco Mancini del Dagri. "Partendo da studi condotti sulla concimazione in ambienti toscani si sono messi in evidenza gli aspetti salienti per la corretta esecuzione della fertilizzazione azotata e fosfatica dell’orzo da birra".

La birra artigianale, un patrimonio culturale e gastronomico per la cui tutela e valorizzazione lavora da anni Unionbirrai, l’associazione nazionale che riunisce produttori, distributori, publican e consumatori e per la quale è intervenuto Francesco Mancini, responsabile Unionbirrai Toscana. "L’Italia brassicola importa i due terzi del fabbisogno complessivo di malto", dice Mancini. "Unionbirrai ha quindi interesse per la crescita delle produzioni locali di orzo da birra in un mercato che presta sempre più attenzione alle materie prime nazionali di qualità. Dobbiamo affinare la produzione dei diversi malti necessari per la produzione delle tante varietà che rendono speciale la birra artigianale nostrana, ma serve sostenere la creazione della filiera locale e gli investimenti con norme regionali di indirizzo e che mettano a disposizione risorse e mezzi. L’auspicio è che la Toscana possa presto emulare regioni come la Lombardia e l’Emilia-Romagna, approvando la proposta di legge depositata in Consiglio. Uno strumento che darebbe una accelerazione alle virtuose esperienze toscane di coltivazione".

Fonte: Ufficio stampa



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