
Tra letture del vocabolario, taglia e cuci di frasi, annotazioni grammaticali e disquisizioni tra il filologico e il giuridico, si è discusso del 'parere' del Ministero: il no all'accorpamento scelta politica o tecnica?
Tra letture del vocabolario, taglia e cuci di frasi, annotazioni grammaticali e disquisizioni tra il filologico e il giuridico, la discussione sul referendum comunale sulla Multiutility di ieri in consiglio comunale è sembrata una questione di virgole e di parole. Sfumata tra le polemiche dell'ultimo consiglio comunale-fiume la finestra temporale disponibile per accorpare il referendum comunale con le prossime elezioni regionali del 12 ottobre, la vecchia mozione è stata occasione per indicare una strada verso la modifica del regolamento sugli istituti di partecipazione e la data del referendum.
La mozione originaria è stata infatti 'emendata' e scorporporata della sua originaria ratio, l'accorpamento, per impegnare consiglio e Giunta a lavorare verso l'indizione del referendum: la maggioranza, con una propria proposta emendata e poi approvata ha infatti disposto "agli uffici competenti di predisporre il regolamento e la convocazione della I Commissione, e di elaborar ela proposta da portare in consiglio comunale. Al sindaco di indire il referendum sull'abrogazione della delibera 93/2022 (quelal sulla quotazione in borsa, ndr) in una data nella finestra temporale prevista", tenendo conto della impossibilità di accorpare il referendum alle elezioni regionali e quindi anch edi un eventuale ballottaggio. Gli Uffici "stanno lavorando alla stesura del regolamento degli istituti di partecipazione che sarà portato nella I Commissione e poi in Consiglio comunale", ha detto la capogruppo PD Viola Rovai.
"Finalmente si arriva alla discussione, senza accorpamento resta, infatti, la necessità di unificare Statuto e Regolamrento", spiega Leonardo Masi di BE, il quale ricorda i "dati discordanti", tra l'uno e l'altro, a partire ad esempio dal numero di firme necessario per autenticare il procedimento, che hanno uno scarto di 500 voti, tra 3000 dello Statuto e 3500 del Regolamento, o appunto sul "quando si può fare, dato che il Regolamento non prevede, per noi a torto, l'accorpamento con Regionali"
Si tratta di passo avanti sulla via del referendum, arrivato dopo oltre 30 minuti di 'pausa' e di dialogo tra i gruppi di maggioranza e opposizione non registrato dai microfoni, "forse una delle poche volte che abbiamo tentato tra maggioranza e opposizione di trovare un equilibrio per riuscire a condividere questa mozione, attraverso un dialogo fuori microfono pacato e di confronto", ha riconosciuto la consigliera di BE Sabrina Ciolli; "prendiamo atto della scelta di impegnarsi su questi punto anche senza accorpamento", dice Andrea Poggianti del Centrodestra per Empoli.
Ma non è oro tutto ciò che luccica, infatti la discussione, andata avanti per circa due ore, accanto alla comune presa di posizione sulla necessità di unificare i due documenti, si è spostata su una disputa sui termini. Non si tratta di una lezione di Grammatica, ma di politica.
Nell'emendamento del PD, infatti, si ricordava il "parere negativo" del Ministero che avrebbe reso impossibile l'accorpamento, una scelta presentata fin da subito dalla Giunta come insindacabile e di tipo tecnico, ma che per le opposizioni è stata invece politica.
"Dire che si tratta di un 'parere negativo' è un falso in atto pubblico, - afferma Poggianti - che sarebbe anche passibile di ricorso al Prefetto. Mettere in bocca al Ministero che si tratta di un 'parere negativo' è un falso falso: nel parere c'è scritto in modo testuale la 'non opportunità'. Non c'è alcun divieto, nemmeno se ci fosse scritto 'non si può fare'".
Poggianti invita a "non fare inciampi che potrebbero avere anche conseguenze giuridiche", che si tratta "di un parere non voncolante", e propone al consiglio un "emendamento conciliativo" modificando il termine con "parere non vincolante" o anche solo "parere". Ciolli ammonisce, "qualcuno dovrà prendersi la responsabilità di scrivere su una mozione cose che differiscono dagli atti ufficiali" e legge, vocabolario alla mano, il lemma 'negativo' in aula, Poggianti, dopo un appunto grammaticale, "una virgola prima di un verbo non ci va", invita a "portare tutti insieme a casa nell'interesse dei cittadini questa proposta di buon senso senza tiri per la giacchetta di un gruppo su un altro". Si vota emendamento per emendamento, persino la presidente del consiglio mostra difficoltà di fronte al taglia e cuci generale.
Il PD chiede cinque minuti di pausa, torna in aula, ma la proposta è rigettata: "Parere negativo non significa 'vincolante', né 'vietato', anzi la dicitura 'non vincolante' sarebbe anche più negativo". L'emendamento conciliativo non passa, resta il 'parere negativo'. È evidente che i 'pareri' discordanti nascono dalla diversa causa del mancato accorpamento: per le opposizioni una scelta politica, per la maggioranza una scelta obbligata dal punto di vista tecnico-normativo. Da quanto filtra non è escluso che la disputa sui termini sia sottoposta direttamente al Prefetto.
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