Verso un nuovo piano sanitario nazionale, Monni: "Obiettivo integrazione con il sociale"

Monia Monni, assessora Regione Toscana (foto gonews.it)

Il nuovo piano sanitario nazionale? Che sia “sempre più integrato: un’integrazione vera tra sanitario e socio-sanitario” premette e ribadisce l’assessora al diritto alla salute e alle politiche sociali della Toscana Monia Monni al Forum Risk Management di Arezzo: di fatto prima vera uscita pubblica dopo la nomina e l’assegnazione delle deleghe in giunta pochi giorni fa.

Monni ha partecipato ad una tavola rotonda assieme ad altri assessori e rappresentanti di Regioni: dall’Emilia Romagna, dal Piemonte, dalla Calabria e dalla Basilicata, dalla Puglia e dalla Sicilia. Presenti anche tecnici del Ministero.

L’integrazione tra sanità e sociale è un obiettivo che la Toscana persegue da tempo: con questa legislatura ha anche riunito, non casualmente, le deleghe in uno stesso referente politico“ spiega Monni. Ma non è una questione non solo di forma. “Integrare politiche sanitarie e politiche sociali ci aiuta a prendere in cura le persone in maniera più compiuta. E questo deve essere il nostro obiettivo”. Come? “Leggendo o provando a leggere una società in movimento, perché altrimenti rischiamo di rincorrere i bisogni delle persone, che invece vanno prevenuti”.

Una società, l’hanno sottolineata molti nel corso del seminario, “che invecchia e dove a volte non si invecchia sempre bene cosicché le famiglie devono farsi carico di anziani non più autosufficienti”. Una società anche dove altri fattori condizionano la salute delle persone: dalla marginalità alla perdita di lavoro. Una società dove aumentano i malati cronici e dove nessuna persona deve sentirsi periferia. “Tutto si tiene e va tenuto assieme – ribadisce Monni -: per questo l’integrazione è un metodo di lavoro e un approccio da cui non possiamo prescindere”. Valorizzando anche chi lavora in sanità, non gira attorno al tema l’assessora, perché “dobbiamo tornare ad avere anche più cura di chi dei nostri cittadini si prende cura”.

“Le case di comunità – conclude l’assessora – saranno un grande luogo dove praticare questa integrazione e fare comunità. Con le case di comunità riusciremo ad evitare che le persone rimbalzino da uno sportello ad un altro, creando percorsi dove nessuno si sente abbandonato. Ne apriremo a breve settanta: una sfida che potremo portare avanti con l’alleanza e l’aiuto dei medici di medicina generale e del terzo settore”.

Sintetizzare due ore abbondanti di tavola rotonda non è semplice. Che un nuovo piano sanitario nazionale sia necessario è evidente: manca dal 2006, sostituito dai piani di salute che poi, con la pandemia da Covid, sono venuti anche loro meno. Crescono i bisogni, crescono i costi e servono scelte: a volte anche impopolari, convengono un po’ tutti gli assessori intervenuti, magari con ricette e sensibilità a volte diverse.

Il servizio sanitario nazionale italiano rimane, tra i paesi industrializzati dell’Occidente, il più efficiente e con le migliori performance. Ma c’è chi non ha paura a sottolineare come la sanità oggi sia comunque un malato cronico ma dove vanno distinte le necessità cliniche dai fabbisogni immaginari: una situazione che si governo con l’appropriatezza prescrittiva. C’è chi ricorda come il servizio sanitario pubblico italiano si fonda su equità e universalismo e che, per difendere i capisaldi di questo sistema, sia anzitutto necessario un nuovo patto istituzione e un nuovo patto di Paese.

C’è chi non nasconde la problematicità di pazienti che si spostano da una regione all’altra per curarsi e chi ammonisce a non demonizzare gli algoritmi di intelligenza artificiali, di supporto all’intelligenza umana. Si parla anche di prevenzione e di salute mentale, piaga che si è acuita dopo la pandemia (anche tra i giovani), di telemedicina e di innovazione, della nuova assistenza territoriali e di tetti sulla spesa del personale da rimuovere. Si parla chiaramente anche delle liste di attesa.

L’Italia di oggi non è più quella degli anni Novanta o dei primi anni Duemila, sono tutti d’accordo. Ben venga dunque, è la conclusione, il nuovo piano sanitario nazionale: per difendere anzitutto il diritto alla cura e il il sistema sanitario. Che ha bisogno di attenzioni e correttivi, ma rimane una grande bene comune.

Fonte: Regione Toscana - Ufficio stampa

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