Con Daria Guidetti un po' di Empoli nel più grande radiotelescopio del mondo

Daria Guidetti
Daria Guidetti

Trasformare la passione in lavoro è da sempre il sogno di chiunque, ma Daria Guidetti ha fatto le cose davvero in grande. Basti dire che, nel giro di pochi anni, è passata dal telescopio regalato da babbo e mamma a lavorare per lo Square Kilometre Array, un progetto internazionale di profilo scientifico e ingegneristico che ha come obiettivo la costruzione della più grande rete di radiotelescopi al mondo e che raggruppa alcune tra le più brillanti menti del pianeta. Fra queste menti, appunto, c’è anche l’empolese Daria, divenuta per motivi professionali bolognese di adozione, ma ancora molto legata alle sue origini ed alla nostra città.

È una passione che ho sin da piccola quella per le stelle – spiega Daria Guidetti – inziata all’asilo e proseguita con un piccolo telescopio alle elementari e poi, grazie agli studi che ho fatto all’Università di Firenze, Bologna e successivamente in Germania, sono diventata astrofisica e ho conseguito un dottorato di ricerca. La divulgazione della scienza è diventata sempre più importante e ad un certo punto ho deciso di conseguire un Master in Giornalismo e Comunicazione della scienza.

L'intervista a Daria Guidetti

Le prime osservazioni?
Oltre che al mio piccolo telescopio con cui guardavo i pianeti e le stelle dal mio terrazzo a Empoli, sono entrata a 17 anni nel Gruppo Astrofili di Montelupo Fiorentino, del quale faccio parte tuttora. Da due anni faccio parte anche del Nuovo Gruppo Astrofili di Arezzo.

Altri aneddoti empolesi di infanzia?
Ricordo che una volta, in occasione di una festa dell’Unità, c’era un gruppo di appasionati dell’astronomia come me che avevano piazzato un telescopio e proiettavano delle diapositive. Avevo circa 9 anni e, visto che quelle immagini le conoscevo tutte, mi coinvolsero nonostante fossi ancora piccola.

Gli studi dove?
Ho studiato Fisica a Firenze, e poi a Bologna dove mi sono laureata in Astrofisica specializzandomi in Radioastronomia. Poi sono andata in Germania dove ho vissuto due anni al prestigioso ed importante Osservatorio Europeo ESO avendo vinto un dottorato di ricerca con una tesi con la quale poi sono stata premiata con il premio nazionale ‘Ferraro’. Poi sono tornata a Bologna per lavorare all’Istituto Nazionale di Astrofisica e dove ho messo su famiglia. Ho un bambino di 8 anni, Lorenzo, che prende il nome da Lorenzo il Magnifico per ricordare le mie origini. Infine tre anni fa ho discusso anche una terza tesi, come ho anticipato sul giornalismo e comunicazione della scienza, all’Università di Ferrara.

Il tuo lavoro ti ha portato spesso a giro per il mondo?
Sì, ho lavorato soprattutto con i radiotelescopi americani del New Mexico, Il Very Large Array, quelli, per capirci, del film di Jodie Foster ‘Contact’. Il lavoro di un ricercatore porta a viaggiare molto per fare osservazioni ma soprattutto per poter partecipare ai congressi internazionali dove presentare il proprio lavoro.

E sono arrivati anche premi importanti
Oltre al premio nazionale Ferraro per l’attività di ricerca, nel 2019 ho ricevuto il premio nazionale per la divulgazione scientifica “Paola De Paoli – Camillo Marchetti” dell’Ugis, unione giornalisti italiani scientifici. A consegnarmelo è stato il giornalista del Corriere della Sera Giovanni Caprara, una cosa che mi ha fatto molto piacere

Anche perché al tuo ruolo di divulgatrice scientifica hai sempre tenuto molto
Sì, ho sempre dato molta importanza alla divulgazione della scienza e mi piace svolgera tramite tanti mezzi: tengo lezioni nelle scuole e conferenze pubbliche su tutto il territorio nazionale, oltre a collaborare con alcune riviste e ad aver scritto recentemente il mio primo libro. Il libro è sui Campi Magnetici nell’Universo, con introduzione di Piero Angela e curato dalla Normale di Pisa. Ricordo che l’edicola Duilio mi disse che aveva venduto tante copie del Corriere perché c’era il mio libro in allegato. Ho sempre creduto e credo che la divulgazione della scienza sia fondamentale: aiuta le persone a fare scelte più consapevoli e oggi, ai tempi di virus, vaccini e cambiamenti climatici ce n’è particolarmente bisogno. L’importante è che la scienza sia resa accattivante e divertente, non noiosa.

Hai esperienze anche in tv?
Sì, ho partecipato a varie trasmissioni televisive, ma ho anche scritto e condotto un programma TV tutto mio. L’esperienza più peculiare è stata la partecipazione nel 2016 a Quelli che il Calcio come inviata per l’Empoli al Castellani, in cui ho commentato le partite dell’Empoli dando anche pillole di astronomia. Il mio programma TV è andato in onda nel 2018 sulla rete nazionale Reteconomy del digitale terrestre per la divulgazione dell’astronomia dal titolo “Destinazione Spazio” e poi aggiornato con il nome “Cosmo”, tuttora disponibile in rete per vederlo in streaming. È stata una bella esperienza, quanto inaspettata.

Su cosa stai lavorando attualmente?
A tanti progetti. In particolare sue due grossi progetti internazionali

Possiamo saperli?
Uno è lo Ska, Square Kilometre Array, un progetto internazionale il cui obiettivo è costruire il più grande radiotelescopio del mondo in due location diverse, Australia e Sudafrica: si parla di oltre 130.000 antenne! Quando sarà ultimato rivoluzionerà la nostra conoscenza dell’Universo e delle leggi fondamentali della fisica. Ska conterà centinaia di migliaia di radiotelescopi che permetteranno agli astronomi di monitorare il cielo con dettagli senza precedenti, migliaia di volte più velocemente rispetto ad altri telescopi già esistenti. Io sto lavorando anche alla comunicazione di questo progetto e rappresento l’Italia

L’altro?
L’altro riguarda il problema dei detriti spaziali e in particolare la rete europea di sorveglianza spaziale SST, di cui l’Italia fa parte dal 2015. Il problema dell’inquinamento spaziale è grave ed urgente: ci sono quasi 9 mila tonnellate di oggetti spaziali in cielo ed uno dei nostri radiotelescopi qui in provincia di Bologna è stato scelto dalla Commissione Europea proprio per monitorarli e vedere cosa avviene in orbita. Collaboriamo insieme all’Agenzia Spaziale Italiana e al Ministero della Difesa. Capita che gli oggetti spaziali rientrino a terra in modo incontrollato come accaduto per la stazione spaziale cinese Tiangong-1 nel 2018 o per un altro razzo cinese che è finito nell’oceano lo scorso maggio. Tutte cose che siamo riusciti a seguire con le nostre osservazioni. Siamo molto soddisfatti.

Hai un sogno nella tua professione?
Sono curiosa di vedere le risposte che arriveranno dal radiotelescopio Ska, una prospettiva che mi affascina molto. Non vedo l’ora che vengano “accese” le sue 130.000 antenne!

Il tuo lavoro è così lontano dalla vita di ognuno di noi?
No, tutt’altro. Il cielo affascina da sempre tutti, ma le scienze che lo studiano hanno ricadute molto pratiche. A esempio i cellulari che ognuno di noi usa o le reti wifi si basano sulle onde radio e sono prodotti della ricerca dei radioastronomi. Il pc che usiamo ogni giorno nasce proprio grazie alle missioni spaziali. Prima erano degli armadi enormi, per poterli inviare lassù, in orbita, c’è stato bisogno di tanto lavoro e di sviluppo di tecnologia che riducessero le loro dimensioni, fino ad arrivare oggi ai portatili, ai tablet che conosciamo tutti. Sono poi tantissime le ricadute tecnologiche della radioastronomia nella medicina, per esempio la TAC.

Anche lo Ska avrà ricadute tangibili?
Sì. Ska è talmente spinto nelle sue prestazioni che permetterà di sviluppare tecnologie di avanguardia ad uso e consumo di tutti noi, con forti ricadute a livello civile ed industriale. Certo ci vorranno degli anni. Nell’immediato, grazie proprio a questo progetto, l’Africa sarà interamente cablata e ci sarà così la rete per ospedali, università e semplici cittadini.

Riesci ad avere anche tempo libero?
Certo, o almeno ci provo. Dedicare tempo a se stessi e ai propri affetti è importante. Sono un’astronomica romantica, do molta importanza all’amore e ai sentimenti in generale. Mi ispirano. Sono anche mamma di un bambino di 8 anni, un bolognese doc ma lo porto anche a Empoli dalla mia famiglia. In questo periodo d’emergenza Covid, con le scuole chiuse e i numerosi viaggi che faccio per lavoro totalmente bloccati, ho potuto dedicare più tempo agli affetti. Prima, avevo sempre una valigia pronta a disposizione, raramente dormivo più di tre-quattro notti di fila a casa! È stato un periodo davvero intenso, lavorare da casa e dedicarsi a tutto il resto, ma anche bello soprattutto per la condivisione di momenti che non avremmo vissuto in una situazione di normalità. Devo dire che i viaggi non mi sono mancati.

Che legame hai con Empoli?
Ho la famiglia a Empoli e quindi, quando posso, vengo volentieri. Anche se la mia professione mi ha portato altrove, sono sempre molto legata alla mia città e a tutta la Toscana in generale. Ho viaggiato molto, ma i posti più belli sono qua. Siamo la culla della bellezza e della cultura.

Marco Mainardi

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