
La scuola G. Gonnelli di Gambassi-Montaione ha già dato, avendo da tempo già accorpato i due istituti dei singoli comuni. Inoltre è certificato che ha un numero adeguato di utenti, che rientra pienamente nei parametri previsti. Un ulteriore accorpamento con un altro istituto sarebbe quindi palesemente una ingiustizia intollerabile, avendo in provincia di Firenze, nella città capoluogo, altre istituzioni scolastiche che non sono accorpate e che hanno utenti in numero inferiore ai 600.
Sui quotidiani locali in questi giorni si ripetono, come l’anno scorso, quando era in gioco il Liceo Galileo, articoli imbarazzanti che promuovono il liceo Michelangelo di Firenze come un “monumento storico” che va rispettato a prescindere. È ovviamente un pretesto per riconoscere l’intoccabilità dell’istituto. Il pretesto della “dignità storica”, che l’anno scorso sembrava diventare il criterio più importante per la Sindaca Funaro e per i consiglieri della Citta Metropolitana, è semplicemente una manipolazione inammissibile.
Non è che in periferia della provincia, a Gambassi e Montaione manchi la storicità (abbiamo radici antiche quanto i cittadini del capoluogo), e la qualità (concittadini hanno studiato nelle nostre scuole e sono diventati deputati al Parlamento, professori universitari, ricercatori di fama mondiale, sportivi di eccellenza…).
Dopo l'Unità d'Italia nel 1861, la Legge Casati, del 1859, fu estesa a tutto il nuovo Regno, segnando di fatto la nascita della scuola nazionale italiana, in particolare del biennio gratuito per tutti della scuola elementare. Ricordo bene i racconti di mio nonno, Guido Baragli, classe 1901, che dal podere del babbo, nei Casciani, a tre km dal capoluogo, veniva tutti i giorni a Gambassi a scuola per imparare a “leggere, scrivere e fare di conto”. Mi ricordo del suo affetto rimasto immutato dopo decenni per la maestra e per i suoi compagni di classe.
Mi ricordo anche che il comune allora era solo quello di Montaione e che la scuola, segno del destino, era già naturalmente “accorpata” fra i due paesi (perché gli insegnanti allora li pagava l’amministrazione comunale). La storicità di un circostanza, come l'inizio dell’attività di una scuola, è quindi oggetto di interpretazioni e può essere considerata "opinabile" e ovviamente inopportuna a rappresentare il criterio principe per escludere da accorpamenti con altri istituti. Inopportuna e imbarazzante per chi la dovrà accettare votandola in Consiglio della CMF perché:
- Dipende dalla definizione: Cosa intendiamo esattamente per "scuola storica"? L'istituzione di un Ministero, l'obbligatorietà, la gratuità, o la statalizzazione completa?
- È influenzata dalla prospettiva: Uno storico che analizza la legislazione darà enfasi alla Legge Casati. Uno storico sociale potrebbe dire che la vera "storicità" della scuola pubblica si realizzò solo quando l'obbligo divenne effettivamente applicato su larga scala (tardo '800/inizio '900), con un tasso di alfabetizzazione significativamente più alto.
In sintesi, la data del 1859 (Legge Casati) rappresenta la pietra miliare legislativa per l'Italia unita, l'atto formale che ha posto le basi per un'istruzione nazionale a carico dello Stato, ma l'effettiva realizzazione della "scuola pubblica" è stata una conquista graduale che ha coinvolto in EGUAL misura tutte le comunità, sia cittadine che periferiche. Certo, la storia dell'istruzione include assolutamente anche le forme di insegnamento precedenti alla scuola pubblica moderna, comprese l'istruzione privata e religiosa del Medioevo. Ma voglio sperare che le istituzioni moderne, compreso il Consiglio della Città Metropolitana di Firenze, quando parliamo di storicità si rivolga alla scuola pubblica. Che si riferisca specificamente a un sistema finanziato, organizzato e gestito principalmente dallo Stato, con l'obiettivo di fornire un'istruzione di base obbligatoria a tutti i cittadini (come la Legge Casati).
Tutto ciò che era istruzione prima era una roba tutt'altro che universale e si basava su modelli diversi, prevalentemente classisti, a beneficio dei nobili e dei ricchi, discriminatori e quindi improntati a escludere, differenziare, scartare.
Ecco perché il criterio della storicità sarebbe ancora una volta solo un pretesto e porterebbe ad una ingiustizia. Certo, sacrificare in maniera ingiusta due piccole comunità può sembrare “conveniente” rispetto all’opinione pubblica della città di Firenze, ma quando le istituzioni, che dovrebbero garantire il rispetto delle leggi e la protezione dei diritti di tutti, sono coinvolte in pratiche ingiuste, si genera sfiducia e disillusione nei confronti del sistema democratico, e questo vale come atteggiamento, come scelta, come metodo che connoterà i protagonisti: sarà evidente a tutti la forzatura compiuta, e ciò non può che portare a un indebolimento della partecipazione civica e a un sentimento di impotenza tra i cittadini, tra tutti i cittadini, compresi i fiorentini, i quali percepiranno che l’arroganza del potere si è fatta sistema.
Sergio Marzocchi, sindaco di Gambassi Terme
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