Pennac a Empoli è polemica, Poggianti (Centrodestra) e M5S: "Appoggiò Cesare Battisti". Raccolta firme per dire no

L'arresto del terrorista dei PAC - Proletari Armati per il Comunismo - Cesare Battisti ha fatto sentire i suoi echi anche a Empoli: a poche ore dall'arresto, infatti, è nata la polemica intorno all'evento che vedrà ospite il prossimo 11 aprile a Empoli, Daniel Pennac. Lo scrittore francese fu tra i firmatari, nel 2004, dell'Appello per la Liberazione dello scrittore cesare Battisti (lanciato dalla rivista online Carmilla) e autore di una lettera inviata al terrorista dei PAC.

Andrea Poggianti (consigliere comunale del Centrodestra per Empoli ed esponente di FdI) e il M5S di Empoli hanno criticato la scelta di invitare lo scrittore francese con due post (diversi) sulle rispettive pagine facebook.

"Il Sindaco Barnini è caduta dalla sedia dalla felicità per la notizia, a me cadono le braccia. Lo scrittore scriveva al terrorista rosso: “Coraggio dunque, sperando di vederla presto, libero.” O l’intellettuale si ricrede o come Centrodestra ci opporremo alla presenza in pompa magna e sotto il vessillo del Comune di Empoli di uno che difese il terrorista comunista che uccise 4 italiani innocenti", queste le parole di Poggianti.

Il M5S ha avviato anche una raccolta firme per impedire che Pennac venga ad Empoli: "Un assassino con un carico di due condanne all'ergastolo non può averle scontate con 37 anni di latitanza in paesi che lo hanno ospitano, protetto e gli hanno dato pure la cittadinanza. Non è per vendetta, ma sia fatta giustizia e quindi proprio per questo prendiamo le distanze da chiunque dimostri, con più o meno sollecitudine e/o coinvolgimento, l'intenzione di chiedere per lui riduzioni di pena, ne prenda le difese oppure ne dimostri comprensione o empatia.  Non è concepibile avere empatia per un assassino. La nostra è una presa di posizione che travalica le ideologie, è una posizione dettata dall'obiettività. All'amministrazione comunale comunichiamo che questi bei 'regali' di natale andrebbero restituiti al mittente e nemmeno estratti dalla loro bella carta. Anzi, proprio 'scartati'. I bei regali son altra cosa. Per noi Battisti non è un perseguitato ma un terrorista. Non possiamo né vogliamo accogliere nella nostra città chi lo considera una vittima e che, quindi, lo vorrebbe libero. E' una vergognosa mancanza di rispetto per chi è morto per mano sua, uomini in divisa durante il compimento del proprio dovere, artigiani e commercianti, tutti padri di famiglia, persone uccise in nome del PAC (Proletari Armati per il Comunismo). Lui, sbeffeggiando con arroganza e senza mai dimostrare il minimo pentimento. Ci dissociamo dalle ideologie violente e da chi ostinatamente, in nome di una certa ideologia, le difende. Ci dissociamo da questa amministrazione che accoglie chi difende un criminale", questo il contenuto del post.

Su Pennac Empoli 'divisa': la posizione dello scrittore

È doveroso a questo punto riportare il testo della lettera di Daniel Pennac (in calce all'articolo) e analizzare motivazioni sottintese all'appoggio a Cesare Battisti: in un'intervista a Repubblica lo scrittore espresse chiaramente che quella presa di posizione fu "al cento per cento francese, è legata al (pessimo, ndr) clima giudiziario del mio paese" e che in lui "non c' è nessuna volontà di far lezioni agli italiani". L'obiettivo era prima di tutto contestare il dietrofront del suo Governo sulla 'Dottrina Mitterrand' (quella che permetteva di dare asilo qualora la condanna "non fosse conforme all'idea di giustizia francese") e del conseguente ritiro della protezione di Battisti in Francia.

Il problema che Pennac intendeva sollevare era quindi quello dell'amnistia che "è diventata qualcosa di necessario alla concezione repubblicana della pace sociale". Lo scrittore delinea quindi i contorni di una teoria basata sulla necessità dell'amnistia, posteriore alla giustizia, ma che deve far parte dell'ossatura di uno Stato: nel caso specifico ci sembra chiaro che l'interesse dello scrittore francese non fosse certamente quella di difendere un assassino o un progetto eversivo di sinistra, ma prendere atto della complessità di un contesto storico e cercare di comprendere le ragioni sovra-personali di un gesto (come ad esempio la convinzione, seppur folle, nella lotta proletaria) per poter definitivamente disfarsi di ogni tensione nella società. Il 'perdono', quindi, non è da intendersi come una giustificazione, ma è il punto di partenza per la "pace sociale": "E come far capire a coloro che ci governano, che agendo in tal modo essi creano il clima di disperazione che ha spinto alla lotta armata l’adolescente che lei era negli anni `70?", si chiede infatti Pennac nella lettera.

"L'amnistia è il contrario dell'amnesia - precisa ancora lo scrittore nell'intervista a Repubblica- . Si tratta di chiudere una porta per permettere agli storici di capire un periodo in maniera meno passionale".

Quanto questa 'teoria' possa lambire il confine dell'impunità e giustificare l'amnistia per un uomo ritenuto dalla magistratura responsabile di omicidio e condannato all'ergastolo per fatti avvenuti 30 anni fa, è una questione su cui ognuno può frasi la sua opinione, ma ci sembra eccessivo e fuorviante ritenere che l'intento dello scrittore francese fosse quello di giustificare un omicidio o un progetto politico eversivo.

La lettera di Pennac a Battisti

"Caro Cesare Battisti, non la conosco, non l’ho mai letta e certamente non l’avrei seguita nella sua giovanile partecipazione alla lotta armata. Questo mi lascia tanto più libero di dirle la vergogna che provo per ciò che il mio governo le sta facendo e che, attraverso di lei, minaccia, probabilmente altri rifugiati italiani. Il 10 luglio 1880, nove anni appena dopo la Comune di Parigi (insurrezione che fece più di 30.000 morti!), i condannati vennero graziati e amnistiati. Siamo nel 2004, i fatti che le vengono imputati (i più gravi dei quali non sono stati provati), risalgono a quasi trent’anni fa, e lei è di nuovo gettato in prigione, tradito dal paese (che le aveva garantito asilo), e consegnato a quello che le rifiuta il perdono. Come spiegare alle giovani generazioni una tale regressione del costume politico? E come far capire a coloro che ci governano, che agendo in tal modo essi creano il clima di disperazione che ha spinto alla lotta armata l’adolescente che lei era negli anni `70? Certo, i ministri passano e il sostegno che molti le stanno dimostrando durerà più a lungo dei nostri rispettivi governi; ma è una magra consolazione, se pensiamo a quale società può nascere da comportamenti in cui si può tradire la parola data da un capo di stato, e in cui la giustizia si apparenta alla vendetta – se non viene addirittura imbavagliata. Naturalmente, spero con tutto il cuore di sbagliarmi e che il mio governo, sensibile agli argomenti che gli sono stati presentati, resterà fedele alla garanzia di protezione che le è stata data. Coraggio dunque, sperando di vederla presto, libero."

Fonte: A cura di Giovanni Mennillo



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