
“Questa è l’ultima occasione della X Legislatura per celebrare insieme il Giorno della Memoria, quando 75 anni fa le truppe della coalizione entrarono nel campo di concentramento di Auschwitz, aprendo all’attenzione mondiale lo scellerato Olocausto che ha portato alla morte di 6milioni e mezzo di persone, il momento più basso della civiltà umana”. Così ha esordito il presidente dell’Assemblea toscana, Eugenio Giani, aprendo la seduta solenne a palazzo del Pegaso, alla presenza di autorità, associazioni, cittadini e testimoni “della drammaticità e assurdità cui può arrivare la mente umana”.
Il presidente ha continuato il proprio intervento ringraziando la Regione Toscana per l’impegno a tenere alto il ricordo, ora attraverso il Treno della Memoria, ora attraverso meeting e incontri che coinvolgono soprattutto le giovani generazioni. “Ragazzi e ragazze che rimanevano attoniti di fronte alle testimonianze e ai ricordi dei sopravvissuti, immersi nei luoghi dell’orrore e delle atrocità, come ho potuto leggere nei loro occhi nel 2017, quando ho partecipato, insieme a loro, al Treno della Memoria”. Da qui l’impegno, forte e solenne, rivolto a tutti: “far sì che, al di là della retorica, nei giovani (che avranno sempre più difficoltà a trovare testimoni) cresca e resti sempre vivo il senso della memoria, perché il nostro futuro ha bisogno di soggetti attivi, per allontanare le discriminazioni e lavorare per la pace”.
Sulla stessa lunghezza d’onda la vicepresidente della Giunta regionale, Monica Barni, che si è soffermata sull’”importanza fondamentale della pratica della memoria, che anche oggi rappresenta una sfida da vincere”. E dopo aver ringraziato le università, per aver collaborato insieme alla Regione a una ricerca che ricostruisce il quadro di ciò che sta avvenendo in Toscana, la vicepresidente ha affermato: “Il razzismo si presenta diversamente rispetto al passato, ma è oggi un fenomeno che ha un potenziale enorme di diffusione, nella cassa di risonanza dei social network e nelle piaghe e nelle pieghe di un disagio, che è tornato ad affollare i cieli d’Europa”.
“Per combattere le forme di indifferenza e di pregiudizio verso l’alterità occorre un grande impegno di informazione e sensibilizzazione, da parte della scuola e dell’intera società – ha sottolineato – perché come le leggi razziali non furono un incidente di percorso, oggi dobbiamo prendere sul serio tutte quelle parole che possono essere ricondotte alla sfera del razzismo e della xenofobia”. “A tutti noi il compito di incidere nel presente per costruire relazioni di pace – ha concluso – attivarsi per politiche della memoria capaci di sottrarre la memoria al gioco politico”.
Il ricordo di Luigi Dei e Tatiana Bucci
“Dovremo sempre più affrontare il problema di parlare della Memoria senza più testimoni diretti dei fatti e perciò ho provato, attraverso due dei suoi racconti, a far parlare ancora oggi, ad anni di distanza dalla sua morte, Primo Levi”. Ha introdotto così Luigi Dei, Magnifico rettore dell’Università di Firenze, il suo intervento alla seduta solenne del Consiglio regionale per il “Giorno della Memoria”. Il contributo di Dei, intitolato “Cerio e Carbonio: Primo Levi fra chimica, letteratura e memoria”, ha raccontato, attraverso le parole dello scrittore che fu internato ad Auschwitz dal febbraio 1944 al 27 gennaio 1945, la lotta disperata e disperante con la fame. In “Cerio”, ha detto Dei, Levi, che dal novembre ‘44 in quanto chimico lavora nel laboratorio della fabbrica Buna, narra i suoi tentativi di trasformare in cibo la paraffina delle candele, in glucosio la cellulosa, in grassi la glicerina e il cerio (anzi il ferro cerio) in accendini da vendere per procurarsi delle razioni di pane. Al termine di quei due mesi di tentativi, arriva la liberazione da parte dell’esercito russo, ma “il suo compagno Alberto che lo aveva aiutato con il cerio – ha ricordato Dei, - trasferito durante un’epidemia di scarlattina, non tornò mai più. Levi a questo proposito, scrisse in “Carbonio” una frase, che è tra le più dure della letteratura e che meglio descrive cosa fu la Shoah: ‘…e di lui non resta traccia’”. Per questo, ha concluso Dei, “noi dobbiamo contribuire a tramandare la Memoria, perché non si perda traccia di quanto accadde”.
La seduta solenne si è poi conclusa con il saluto testimonianza di Tatiana Bucci, che fu internata a Birkenau all’età di sei anni. “Primo Levi – ha detto – dice che il primo dei problemi era la fame. Per me non era il primo ricordo, ma a mia madre, una notte, fu sottratto da sotto la testa un sacchetto dove conservava un piccolo brillante e le due fette di pane della razione quotidiana. Quando si accorse del furto, pianse. Non per il brillante, ma per le due fette di pane”. Tatiana Bucci ha poi ricordato quanto accaduto al cugino Sergio, che ad Amburgo restò vittima degli esperimenti dei medici che ruotavano attorno al dottor Mengele. “Ho scoperto questa storia negli anni Ottanta e questo si deve a quanto fece un giornalista tedesco fin dagli anni Cinquanta, per far sapere quanto era accaduto”. Grazie a quel medico, ha spiegato la Bucci, “ho imparato a distinguere tra tedeschi e nazisti”. E poi ha aggiunto: “I tedeschi, grazie soprattutto alla Merkel, hanno fatto i conti con il loro passato. Noi italiani no. Noi diciamo che fu colpa dei tedeschi, ma anche noi abbiamo fatto le leggi razziali e realizzato campi di concentramento. Dobbiamo fare i conti con il passato anche noi”.
Il presidente del Consiglio regionale, Eugenio Giani, nel ringraziare gli ospiti per il loro “prezioso contributo”, ha consegnato a Luigi Dei una statuetta con il simbolo che adottò Cosimo I de’ Medici, il granduca cui si deve la nascita della Toscana moderna: la tartaruga, rappresentazione della prudenza, e la vela, rappresentazione del guardare avanti. A Tatiana Bucci, invece, ha consegnato una medaglia con il Pegaso, simbolo della Regione Toscana che fu adottato dal Comitato di Liberazione nel 1944.
Fonte: Consiglio regionale della Toscana - Ufficio Stampa
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