Multiutility, Comitato risponde al sindaco: "Si cerca finanziamenti ai servizi sociali, ma si crea nuova tassa"

"Non siamo contro l'aggregazione, ma contro la quotazione in borsa. Si parla per slogan, ripetuti ossessivamente, ma non si porta mai un dato a sostegno di quel che si dice". All'indomani dell'intervista di gonews.it nella quale il sindaco di Empoli Brenda Barnini ribadisce la necessità di portare avanti il progetto della Multiutility, il comitato referendario 'Trasparenza per Empoli' mette i puntini e le virgole alle dichiarazioni del primo cittadino, e chiede un confronto per discutere, dati alla mano, della nuova multiservizi.

La questione Multiutility, su cui ora pende anche un referendum comunale, slitterà probabilmente al 2025, messa nel congelatore dalla politica in attesa del rinnovo di gran parte dei consigli comunali coinvolti e forse anche delle Regionali 2025. La temperatura del dibattito, però, resta alta. Il Comitato accusa la politica di "giocare a spostare la discussione su questioni che non esistono": "Dalle dichiarazioni del sindaco di Empoli, ma anche di altri amministratori - si spiega dal comitato -  si evince la poca conoscenza dell'argomento. Si prospetta la perdita delle quote di Empoli, ma ci sono molte altre possibilità. Che i sindaci portino solo una di queste, la più estrema e improbabile, la dice lunga. Fare previsioni ora senza sapere cosa sarà davvero la Multitutility significa fare un indovinello. Valuteremo al momento debito il modo migliore per garantire i servizi". 

Il comitato contesta soprattutto la mancanza di dati a sostegno dell'operazione: "Si parla di investimenti, ma nessuno ha mai visto un piano industriale, non si sa quanto si spenderà, ma si è già deciso che per fare quello che va fatto si deve vendere metà della proprietà di nostri beni e garantire utili a chi li acquisterà".

Al centro c'è proprio la quotazione in borsa che per il comitato significherebbe rendere la nuova multiservizi obbligata a produrre utili per gli investitori con contraccolpi in termini di 'costi sociali': "Se guardiamo alle altre esperienze di multiservizi gli investimenti sono fatti in grandissima parte con il ricorso a prestito bancario, non con i fondi privati. Bastava andare a vedere i bilanci delle grandi Multiutility. La divisione degli utili non può favorire la collettività.  Non servono investimenti privati, ma accorpamenti solidi e stabilità societaria per ottenere i prestiti. La normativa ARERA prevede per legge che gli investimenti siano obbligatoriamente pagati dagli utenti in bolletta. Dai dati che abbiamo è emerso che su una società pubblica un investimento di 800 milioni il debito sarebbe ripagato in 25 anni per un importo di 1,1 miliardi, mentre su una società che deve garantire per legge i dividendi il costo salirebbe a 2 miliardi. Questo costo, per legge, ricadrebbe sui cittadini".

Dietro questo sistema ci sarebbe secondo il comitato un progressivo spostamento delle fonti di finanziamento dei servizi pubblici erogati direttamente dai comuni da una tassazione progressiva, che tiene conto delle differenze di reddito, ad una sorta di flat tax che andrebbe a svantaggio dei cittadini in difficoltà: "Il punto non è realizzare investimenti o garantire la migliore gestione dei servizi. I sindaci ci girano introno, ma il loro obiettivo è quotare in borsa i servizi pubblici per ottenere la loro parte di dividendi e sopperire alle carenze di fondi per i servizi sociali, ma lo si fa applicando di fatto una tassa ulteriore e non progressiva ai cittadini. Con i dividendi della quotazione in borsa si vanno a finanziare quei  servizi, come mense o scuola, che di norma dovrebbero essere finanziate con la tassazione normale, che per costituzione è progressiva. Finanziare questi servizi con il ricavato dei dividendi di una società che è finalizzata a produrre utili, e rimettere in bolletta il costo dell'operazione, significa applicare una nuova tassa".

La questione, quindi, oltre che economica diventa politica. Per il comitato infatti l'obiettivo del progetto è "cercare strumenti per rimpiazzare il sistema sociale di sostegno, si sta dicendo alle persone che le amministrazioni non possono più garantire i servizi sociali". Per il comitato "le persone non arrivano a fine mese, altro che fondi di pensione integrativi. Si sta offrendo i servizi pubblici alla speculazione, si sta parlando di dare soldi a chi li ha e li investe e toglierli indirettamente a chi non li ha. Il problema della diminuzione dei fondi nazionali e regionali per i servizi pubblici esiste, ma non si può pensare di finanziare quei servizi in questo modo. Le famiglie sono in difficoltà e si applica una tassa trasversale, ciò è vergognoso, ed è assurdo che  ciò venga da amministratori di sinistra". 

L'appello del comitato, con o senza referendum, è quello di discutere con i sindaci che invece "si sarebbero sottratti sempre dal confronto", tranne il sindaco di Vinci: "Abbiamo chiesto più volte di parlare, ma i sindaci si sottraggono, solo il sindaco di Vinci ci ha concesso questo spazio. Facciamo appello agli amministratori per incontrarci e discutere insieme soluzioni alternative basandoci sui dati da noi raccolti"

A cura di Giovanni Mennillo



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