
Lunedì 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, presso la sala Buonumore del Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze, il Prefetto di Firenze, Francesca Ferrandino, ha consegnato alla presenza delle principali autorità cittadine, militari e civili, le medaglie d’onore concesse dal Presidente della Repubblica ai cittadini italiani, militari e civili, deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra e ai familiari dei deceduti.
Per Luigi Lapucci, ha ritirato la medaglia il nipote Vieri Lascialfari che ha effettuato le ricerche storiche; cerimoniere della Polizia Municipale del Circondario dell'Empolese Valdelsa e stretto collaboratore del Cardinale Albanese Ernest Simoni fin da quando si è trasferito presso Arcidiocesi di Firenze e presente come ogni anno su invito della Prefettura alla cerimonia organizzata al Conservatorio Cherubini. Il religioso è conosciuto in tutto il mondo, definito da Papa Francesco "Martire Vivente" per i suoi 28 anni di ingiusta prigionia inflitti lo scorso secolo negli anni della dittatura Albanese rammentato dal Prefetto nel discorso ufficiale.
"Veramente grande emozione - ha affermato Lascialfari - ritirare dalla Signora Prefetto la Medaglia d'Onore gentilmente concessa dal Presidente della Repubblica che ringraziamo con tutto il cuore, alla presenza delle autorità cittadine e del Sindaco di Scarperia San Piero Federico Ignesti. Veramente impensabile questa storica giornata, ancor più pensandola 80 anni fa che nel giorno del quale viene ricordato le atroci sofferenze di mio nonno che purtroppo non ho mai conosciuto poiché alla mia nascita era già volato in cielo. Chi poteva immaginare fosse presente oggi il cardinale Simoni unico Porporato originario di Albania e testimone vivente di quegli anni di sofferenza, Paese delle Aquile dove mio nonno dal suo amato Mugello era stato inviato come soldato e dove iniziò il lungo calvario di sofferenza."
"Il babbo non amava parlare della guerra - ricorda Francesca la figlia, madre di Vieri - anche durante le serate a veglia al caminetto quasi mai parlava di quei giorni terribili, solo a pensarci ci soffriva. Durante la lunga malattia che lo portò alla morte nel luglio del 1977 in quelle nottate insonni ricordava le sofferenze della guerra e nei campi di prigionia. Rammentava quei momenti anche a Don Tommaso Pizzilli storico Proposto di Scarperia, che veniva negli ultimi giorni di vita a pomeriggi interi a portargli il conforto della fede. Spesso mio padre mi diceva e si stupiva per come era riuscito a superare la guerra sopravvivendo a quelle barbarie. Aveva intuito che la battaglia contro la malattia che lo aveva colpito non l'avrebbe superata."
I resti mortali di Luigi riposano nel piccolo cimitero di San Gavino.
LUIGI LAPUCCI
Nato Scarperia (Lontaneta) il 4 luglio 1914, venne chiamato alle armi dal Regio Esercito Italiano fu inviato in Albania. Dopo l'armistizio dell'8 settembre del 1943, 600.000 soldati italiani rifiutarono di combattere nelle file dell'esercito tedesco. Tra questi anche il giovane venticinquenne Luigi Lapucci, cittadino di Scarperia che scelse di non consegnarsi all'esercito tedesco per combattere con i soldati del terzo Reich.
La sera dell'8 settembre da Berlino arrivò l'ordine ai soldati tedeschi di disarmare immediatamente i soldati italiani, con la successiva cattura e internamento, oltre al sequestro di mezzi militari, munizioni e depositi di viveri. I soldati vennero definiti dalla Germania Nazista prima "prigionieri di guerra" e poi "internati militari italiani".
In un primo momento Luigi fu deportato in un campo di lavoro coatto in Albania, dove le persone internate producevano mattoni e dove subivano vessazioni tremende, crudeli punizioni personali e collettive benché vietate dal regolamento. Venivano inasprite le condizioni di lavoro per far soffrire ancor più i detenuti e veniva fortemente ridotto il vitto che talvolta cedeva al suo futuro cognato anch'esso imprigionato con lui. Ai militari era stata lasciata solamente la divisa dell'Esercito con la quale erano stati tratti prigionieri a fine estate. Abbigliamento che contro il freddo dei Balcani poteva offrire poca protezione, viste le dure temperature invernali, poiché
Dopo i duri lavori forzati fu poi con un viaggio estenuante deportato nei campi di concentramento in Germania.
Tornò a Scarperia nel settembre del 1945 a guerra ormai finita. Arrivato in paese in tarda serata, pesava meno di 40 chili e trascinava le gambe che lo portarono a stento fino a via San Martino dove andò a suonare alla casa di suo fratello Paolo. Purtroppo non vi trovò nessuno: il fratello era già morto durante la guerra di appendicite e la cognata con i due bambini era andata dai suoi familiari. Riuscì poi ad arrivare al podere che coltivava con i suoi familiari a Cerliano.
Tanti i postumi che erano rimasti a Luigi, piano piano nuovamente iniziò a lavorare il podere come mezzadro e si sposò con la moglie Isola originaria del Trebbio, che aveva conosciuto alla stazione di Santa Maria Novella a Firenze mentre attendeva il treno che l'avrebbe poi portato nei Balcani alla guerra. Luigi le a scrivere lettere a Isola dall'Albania e tornato dalla guerra andò poi a cercarla. La sposò e dal podere di Cerliano si spostarono poi a San Gavino al Cornocchio, dove con i suoi fratelli Angelo e Marsiglio (detto Lispo) fu mezzadro della Curia Fiorentina.
Dall'unione tra Luigi ed Isola sono nati quattro figli Maria, Paola, Francesca e Francesco.
Fonte: Ufficio Stampa
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